Dio, quel Pane che si fa lievito in noi

News del 16/08/2009 Torna all'elenco delle news

In questo breve Vangelo di otto versetti, Gesù per otto volte ci parla di un Dio che si dona: «Prendete la mia carne e mangiate». Farsi pane è un bisogno incontenibile di Dio.
Qui emerge il genio del cristianesimo: non più un Dio che domanda agli uomini offerte, doni, sacrifici, ma un Dio che offre, sacrifica, dona, perde se stesso dentro le sue creature, come lievito dentro il pane, come pane dentro il corpo. «Mangiate e bevete di me»: mangiare e bere Cristo significa diventare luce da luce, Dio da Dio, della stessa sua sostanza. Per farlo occorre accogliere il segreto vitale di Gesù, assimilarne il nocciolo vivo e appassionato.
Gesù ha scelto il pane come simbolo dell’intera sua vita. Perché per arrivare ad essere pane c’è un lungo percorso da compiere, un lavoro tenace in cui si tolgono cortecce e gusci perché appaia il buono nascosto di ogni cuore: spiga dentro la paglia, chicco dentro la spiga, farina dentro il chicco. Il percorso del pane è quello di coloro che amano senza contare le fatiche. Semini il grano nella terra oscura, marcisce, dice il Vangelo, e nascono le foglioline. È bello a gennaio vedere le foglioline tremare mentre si alzano sopra la neve. Ma se ti fermi lì, hai vinto il nero della terra e il bianco della neve, ma non diventi pane. Per diventarlo devi andare su, salire, e a giugno la spiga gonfia si piega verso la terra, quasi a voler ritornare lì, a dire: «ho finito». Invece viene la mietitura, e se lo stelo dice «basta, ho già patito la violenza della falce!» non diventa pane. Poi viene la battitura, la macina, il fuoco, tutti passaggi duri per il chicco. A cosa serve alla fine tutto questo? Serve a saggiarci il cuore. Dio ci mette alla prova perché sa che dentro di noi c’è del buono, vuole soffiare via la pula perché appaia il chicco, togliere la crusca perché appaia la farina. Al buono di ciascuno Dio vuole arrivare.
Cristo si fa pane perché ognuno di noi prima di morire deve diventare pane per qualcuno, un pezzo di pane che sappia di buono per le persone che ama. E goccia di sangue, che è il simbolo di tutto quanto abbiamo di buono e di caldo e di vivo, che mettiamo a disposizione di chi amiamo e, ancor più, di chi ha bisogno di essere amato. Dio è pane incamminato verso la mia fame. Sapermi cercato, nonostante tutte le mie distrazioni, nonostante questa mia vita superficiale e le risposte che non do, sapere che io sono il desiderio di Dio è tutta la mia forza, tutta la mia pace. 

Testo di padre Ermes Ronchi

 

Il tema di questa domenica 16 agosto 2009, come della precedente, è ancora l'Eucarestia fonte e nutrimento della vita spirituale.
La liturgia di oggi si apre con un brano del libro dei proverbi centrato sul tema della sapienza come nutrimento dell'anima. Alla fine della prima parte del libro, un saggio del periodo post-esilico ha voluto collegare la sapienza umana con la Sapienza di Dio. Ha personificato questa Sapienza come una figura poetica, che parla ed invita ad un festino simbolico. Questo consiste nel nutrirsi di lei, mettendosi con disponibilità al suo ascolto.
Come il cibo e la bevanda premettono di vivere a coloro che se ne nutrono, così la sapienza divina fa vivere l'uomo: donandogli luce per comprendere il giusto cammino e forza per avanzare in esso.
A questa ultima notazione può collegarsi la seconda lettura, che ci propone la continuazione della lettera agli Efesini che stiamo leggendo ormai da 5 domeniche.
Paolo sottolinea la rottura tra l'universo che egli definisce "carnale" e l'universo spirituale. In quest'ultimo ogni esistenza diviene densa di gioia. Appartenere al mondo dello spirito allontanandosi dagli atteggianti tipici delle "carne" non è solo un atto di eroismo morale, ma è piuttosto la scelta della via della propria realizzazione. Ma ciò è possibile solo continuando a nutrirsi della vera sapienza spirituale che guida i nostri passi sulla via di Dio.
Il vangelo di questa domenica continua il discorso del vangelo di domenica scorsa sul Pane di Vita. Nella logica di fornire un midrash della frase programmatica: "diede loro un pane dal cielo da mangiare", Giovanni completa il discorso commentandone l'ultima parte. Questo pane è vero cibo e nutrimento: è proprio un pane da mangiare.
In questa sezione finale abbiamo un nuovo cambiamento nei termini: le parole che ritornano con insistenza sono "carne", "sangue", "mangiare", "bere". Basta ad esempio seguire la ripetizione costante di "mangiare" in tutto il nostro testo. Il significato del discorso è dunque in parte cambiato. Mentre nella sezione precedente Gesù nutriva, tramite la Parola sapiente, coloro che credevano, il verbo "credere" ora è totalmente sparito ed è sostituito da "mangiare".
Giovanni sta ora chiaramente parlando di nutrimento sacramentale, del pane e del vino di cui ci si nutre, del nutrimento eucaristico fornito dalla carne e dal sangue del Figlio dell'Uomo. Se la fede accoglie il dono di Gesù nell'ascolto e nella comprensione della sua Parola, l'esperienza del sacramento accoglie il dono di Gesù nel pane e nel vino dell'Eucarestia, momento pieno di sacro mistero che ci mette in comunicazione concreta,"fisica" con Dio.
Il v. 58 lega insieme tutto il discorso sul pane del cielo, riferendosi alla frase centrale del v. 31 proclamata nel vangelo di domenica scorsa: "Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno" .
Tutto il capitolo 6 di S. Giovanni, ha perciò lo scopo di esporre in modo ricco e multiforme il tema di Gesù-pane-di-vita ed ora possiamo contemplarne insieme tutto il messaggio. Gesù è prima di tutto il datore del pane di vita, è un nuovo Mosè. Egli è anche il pane di sapienza e rivelazione, che nutre tutti coloro che vanno a lui nella fede. Egli è, infine, la fonte eucaristica di vita eterna per tutti coloro che mangiano e bevono la carne e il sangue del Figlio dell'Uomo.
Giovanni è così riuscito, a riunire in un solo capitolo gli elementi essenziali dell'Eucaristia cristiana: la parola e il pane, la parola rivelatrice e il pane sacramentale.
Solo nella pienezza di un incontro che accoglie il Signore Gesù sotto le specie del "vangelo proclamato" e sotto quelle concrete e fisiche del pane e del vino consacrati, si compie in pienezza quel mistero di nuova alleanza con Dio che è la celebrazione eucaristica.

Testo di don Nazzareno Marconi

tratti da www.lachiesa.it