Un profeta straniero in patria

News del 04/07/2009 Torna all'elenco delle news

Gesù profeta straniero in patria

Molti ascoltandolo ri­manevano stupiti. La prima bella ca­ratteristica del Gesù storico: non lascia indifferente nes­sun ascoltatore, dove lui passa fiorisce lo stupore. E molte domande: Marco ne registra cinque – il numero classico degli interrogativi in serie di cui trabocca la Bib­bia –. Da dove gli vengono queste cose? Da dove que­sto amore straniero alla ter­ra, queste parole aliene che qui sono in esilio?

Il profeta è straniero in pa­tria perché le sue parole ven­gono da un mondo altro. Al­lora si apre il conflitto tra Na­zaret e questo 'altrove', tra il quotidiano e l’oltre. A Na­zaret tutto dice: hai qui il tuo clan, una madre, fratelli e so­relle; questo è il mondo, non ce n’è un altro. Hai un lavo­ro, la sinagoga e il Libro, questo basta a dare senso al­la vita. Cosa vai cercando con il cuore fra le nuvole?
E invece il giovane rabbi spiazzava figli e genitori, la­voratori e contabili: amate i vostri nemici; lascia i morti seppellire i loro morti, tu vie­ni e seguimi; felici i poveri, sono i principi del Regno; guardate i fiori del campo e non preoccupatevi; guai a voi farisei che imponete agli altri pesi che non toccate con un dito; se non divente­rete come bambini...

Come gli abitanti di Naza­ret, anche noi siamo una ge­nerazione che ha sprecato i suoi profeti, ha dissipato i suoi uomini di Dio. Come loro livelliamo tutto verso il basso: è solo un falegname, è il fratello di Ioses, lo cono­sco bene, conosco i suoi di­fetti uno per uno. Di un uo­mo cogliamo solo la linea d’ombra, e così ci precludiamo lo splendore di epi­fania del quotidiano, l’eter­no che si insinua nell’istan­te e nella creatura. Salviamo almeno lo stupore!

Il brano si chiude con la sor­presa di Gesù, la meraviglia dolente dell’amante respin­to che però continua ad a­mare, a inventare gesti, an­che minimi, per dire che di noi non è stanco. E lì non poteva compiere nessun prodigio, dice Marco; ma su­bito si corregge: Solo impo­se le mani a pochi malati e li guarì.

L’amore respinto con­tinua ad amare, il Dio rifiu­tato si fa ancora guarigione. L’amore non è stanco, è so­lo stupito; ma non nutre rancori.

Già lo aveva capito Ezechiele, profeta di profe­zie respinte: ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta è in mezzo a loro. Dio ha deciso di farsi compagnia del suo popolo, ha deciso di essere nel quo­tidiano di ciascuno, oggi co­me in esilio e un giorno, for­se già domani, come stupo­re, seme di fuoco in mezzo al cuore.  

Testo di padre Ermes Ronchi 

Dio manda i suoi profeti

La parola profeta significa uno che parla a nome di un altro, in questo caso a nome di Dio. La prima lettura ci parla di Ezechiele, inviato al popolo di Israele, “figli testardi e dal cuore indurito”, perché anche se è inascoltato e rifiutato, almeno “si sappia che c’è un profeta in Israele”. Dio non abbandona i suoi; è un Dio fedele e per questo presente.
Dio continua oggi a mandarci i suoi profeti, i suoi messaggeri. Occorre avere gli occhi aperti e il cuore disponibile per cogliere attraverso di loro quanto il Signore ci vuol dire.
Ti elenco quelli più comuni nei quali forse in questo tempo estivo puoi imbatterti:
?           Un incontro
?           Un’esperienza di gioia, di fatica, di dolore…
?           La lettura di un libro buono
?           Una confessione che trasforma
?           Una parola che ci colpisce e che sembra detta proprio per noi
?           La Parola di Dio (approfitta di questo tempo per leggerti 
                                        con calma un vangelo o un libro dell’AT)
?           La riscoperta di una persona amica
?           Il silenzio, la preghiera, la natura, la festa…
?           L’ascolto amoroso del tuo cuore, per scoprire la voce di Dio che ha da dirti qualcosa
Ti auguro di scoprire i profeti che viaggiano accanto a te e che ti parlano a nome di Dio.
L’ostacolo maggiore, ricordalo, è il peccato che si configura come incredulità, cioè durezza di cuore, superficialità che sterilizzano il messaggio e gli impediscono di essere fecondo e di portare vita.
 
Testo di don Gianni Ghiglione

 
Un profeta non e' disprezzato che nella sua patria

Il Vangelo di questa domenica ci riporta con Gesù a Nazareth. La sua fama si era diffusa ben oltre la ragione nativa e aveva raggiunto Gerusalemme. In molti erano accorsi ad ascoltarlo. Tutti i presenti, nonostante lo conoscessero bene, restarono stupiti delle sue parole. E si ponevano anche la domanda giusta, quella che dovrebbe aprire alla fede: "Donde gli vengono tali cose?". Se avessero ricordato le antiche parole rivolte a Mosè: "Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto" (Dt 18, 15), avrebbero accolto non solo le parole ma lo stesso Gesù come inviato di Dio. Purtroppo, gli abitanti di Nazareth si arrestarono davanti al carattere ordinario della sua presenza: non era così che essi immaginavano un inviato di Dio; pensavano che un profeta dovesse avere i tratti della straordinarietà e del prodigioso, o comunque quelli della forza e della potenza umana.

Gesù, invece, si presentava come un uomo normale. Del resto sapevano anche loro che era di condizioni modeste: "non è costui il carpentiere?", si dicevano l'un l'altro. La famiglia di Gesù era una famiglia normale, né ricca né indigente. Non sembrava godere di particolare stima da parte dei cittadini di Nazareth: "Non è il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?" continuavano a chiedersi gli ascoltatori nella sinagoga. Insomma, per i nazareni Gesù non aveva assolutamente nulla che potesse distinguerlo da loro. Gli riconoscevano certamente una notevole sapienza e una rilevante capacità taumaturgica, ma la vera questione era che essi non accettavano che egli parlasse con autorità sulla loro vita e sui loro comportamenti. Ecco perché la meraviglia si trasformò subito in scandalo. "Si scandalizzavano di lui", aggiunge l'evangelista. E quel che sembrava un trionfo divenne un totale fallimento.

Ma qual è lo scandalo? Gli abitanti di Nazareth, potremmo dire, erano orgogliosi di avere un concittadino famoso; era un vanto che Gesù passasse per un oratore travolgente, che facesse prodigi e che portasse lustro alla loro cittadina. Una cosa sola non riuscivano a sopportare: che un uomo come lui, che tutti conoscevano benissimo, potesse però avere autorità su di loro, ossia pretendere in nome di Dio un cambiamento della loro vita, del loro cuore, dei loro sentimenti. Tutto ciò non potevano accettarlo da uno di loro.

Eppure è questo lo scandalo dell'incarnazione: Dio agisce attraverso l'uomo, con tutta la pochezza e la debolezza della carne; Dio non si serve di gente fuori dal comune, ma di persone qualsiasi; non si presenta con prodigi o parole stravaganti, bensì con la semplice parola evangelica e con i gesti concreti della carità. Il Vangelo predicato e la carità vissuta sono i segni ordinari della straordinaria presenza di Dio nella storia. 

Testo di mons. Vincenzo Paglia (testo integrale)

Testo di mons. Francesco Lambiasi: Un Dio scandalosamente normale

Testo di
mons. Antonio Riboldi: Profeti disprezzati