Messa del Crisma - il racconto della celebrazione

News del 28/03/2024 Torna all'elenco delle news

Morrone:

"in questo cammino sinodale che tutti ci vede insieme dietro di te Signore, concedi allora a noi tuoi ministri, di stare sempre più accanto a te, più intimi a te".

 

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La Messa del Crisma, presieduta in Cattedrale dall'arcivescovo Fortunato Morrone, ha aperto le celebrazioni del Triduo pasquale in Cattedrale. Erano presenti tutti i sacerdoti e i diaconi della diocesi, la comunità del Seminario arcivescovile Pio XI ed una folta rappresentanza di religiosi, religiose e fedeli laici.

Hanno concelebrato gli arcivescovi emeriti Vittorio Mondello e Giuseppe Fiorini Morosini, con la presenza anche di monsignor Salvatore Nunnari, arcivescovo emerito di Cosenza - Bisignano a cui Morrone ha rinnovato gli auguri per i suoi 25 anni di episcopato celebrati il 20 marzo.

Ha introdotto la celebrazione, il vicario generale dell'arcidiocesi di Reggio Calabria - Bova, monsignor Pasqualino Catanese. «Questa celebrazione rende visibile la comunione della Chiesa tra il vescovo, i presbiteri e il Popolo di Dio», ha detto Catanese, aggiungendo: «la preghiera di tutto il popolo esprime l'Amen a tutta questa realtà. Preghiamo dunque per l'arcivescovo Fortunato, segno di Cristo Maestro e Pastore».

Durante la concelebrazione eucaristica è stato consacrato il Crisma e gli altri sacri olei, preparati con l'olio prodotti dagli ulivi di una proprietà confiscata alla 'ndrangheta, oltre a quello di Capaci. Saranno utilizzati per amministrare i sacramenti durante l'anno liturgico.
 

OMELIA DELL'ARCIVESCOVO FORTUNATO MORRONE

Carissimi, in questo Giovedì Santo, celebrazione festosa degli oli santi, così speciale per noi presbiteri e vescovi, siamo tutti uniti per vivere l’abbondanza della Grazia che nell’unico Battesimo fa di noi un popolo di sacerdoti, re e profeti, unti di Spirito Santo, per essere membra vive del Corpo di Cristo, che è la Chiesa, sacramento d’unità e di pace salvifica in questo nostro mondo (cfr. LG 1.9), segnato da tanta sofferenza e ingiustizie, disgregato da continue guerre e disperso per i nostri e altrui delitti.

Nel comune ricordo del giorno della nostra unzione presbiterale e episcopale, ci stringiamo con fraterna amicizia a monsignor Nunnari, che mercoledì 20 marzo scorso ha celebrato i suoi 25 anni di episcopato. Gli rinnoviamo i nostri auguri. Il mio saluto fraterno a monsignor Mondello e monsignor Morosini, i nostri vescovi emeriti, grato per l’intenso lavoro apostolico svolto a suo tempo a vantaggio della nostra arcidiocesi, significativa porzione dell’unica vigna del Signore. “Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede” (Eb 13,7).

Ringrazio il Signore per i confratelli presbiteri che per motivi di salute non sono qui con noi per partecipare di persona alla nostra gioia: li salutiamo cordialmente sapendo che sono in comunione con noi. La mia gratitudine è rinnovata e di cuore a tutti voi carissimi fratelli e carissime sorelle, laici, religiosi e religiose, diaconi permanenti e seminaristi in cammino di discernimento per comprendere il desiderio di Dio per voi.

Nella visita pastorale, da poco avviata, sono stato sinceramente confermato dalla ricchezza dei doni della nostra Chiesa diocesana: questa luce di grazia illumini con speranza il nostro cammino ecclesiale. Perciò non lasciamoci scoraggiare dalle inevitabili difficoltà, fragilità, incomprensioni che abitano le nostre vite e le nostre relazioni, le nostre comunità. Forza, procediamo con fiducia.

L’olio del Crisma, misto a profumo, versato sulla nostra umanità, cari sorelle e fratelli, ci rimanda all’unzione messianica di Gesù e il suo Spirito su di noi “viene in aiuto della nostra debolezza” (Rm 8,26), perché abitando nei nostri cuori (cfr. 1Cor 3,16; 6,19) ci permette di compiere le stesse opere del Signore (cfr. Gal 5,22) anzi di realizzarne di più grandi (cfr. Gv 14,12) se confidiamo in Lui. Nell’unzione dello Spirito riversato nei nostri cuori (cfr. Rm 5,5) siamo stati abilitati dunque a compiere la medesima missione salvifica di Cristo redentore, fino agli estremi confini del mondo. Dobbiamo avere più consapevolezza di tanta grazia: il Signore si fida di noi.

Ecco, carissimi presbiteri, siamo incoraggiati ad accogliere con sempre più gioiosa responsabilità l’unico vero bene posto nelle mani di tutti i credenti, ma soprattutto nelle nostre, consacrate nel giorno dell’ordinazione perché nessuno ne sia privato. Parliamo del Vangelo come vero olio che consacra, olio che profuma, olio che risana le ferite e che illumina, olio perciò di letizia, di vita, invece dell’abito di morte (cfr Is 61). Quest’olio santo deve invadere la comune casa degli uomini e delle donne, di questo nostro tempo, di questo nostro territorio, specialmente, cari fratelli presbiteri, la casa di coloro che sono affidati alla nostra cura pastorale in nome del Pastore grande che tutti guida.

Il profumo del Crisma per noi ministri consacrati ci rimanda pertanto alla particolare missione che la Chiesa ci ha consegnato per mezzo della predicazione della Parola e l’amministrazione dei sacramenti: cioè la santificazione dei fratelli e delle sorelle credenti perché portino il buon profumo di Cristo nel quotidiano vivere degli uomini, impastato di gioia e di sofferenza, di speranza e di delusioni, di cammini e di sbandamenti, di momenti di pace e serenità e di orribili tempi di guerra e orrori, di miseria e di ostentata ricchezza e lusso, di mancanza di lavoro e di colpevole incapacità di noi calabresi a fare rete, a cooperare mettendo in campo, con generosa dedizione, le energie migliori per dare fin d’ora fiducia ai nostri giovani e speranza alla nostra gente, alle nostre famiglie, ai tanti migranti nel corpo e nello spirito che cercano casa e affetti, dignità.

Poco fa abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca il discorso programmatico di Gesù che certamente risuonando nel nostro cuore e riportandoci all’essenziale della nostra chiamata, l’abbiamo fatto nostro ancora una volta. Cari amici presbiteri, siamo qui oggi per essere rilanciati nel nostro “eccomi” al Signore senza chiedere nulla in cambio, se non la gioia di essere stati graziati dalla sua chiamata a lavorare nella Sua vigna, in qualsiasi luogo o tempo, pronti a seguirlo con maggior slancio, anche se, a volte con i nostri infantili e egoistici capricci, momenti di abbattimento e di delusione, di sconforto per le ricadute nelle nostre fragilità, fatichiamo a seguirlo. Lui ci dà tempo e spazio per stare al suo passo perché comunque si fida di noi: “non voi avete scelto me, io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15,16). Ti basta questa grazia?

Perciò, in questo giorno così particolare per ciascuno di noi, vi esprimo la mia speciale gratitudine per il vostro sì al Signore, che mediante la Sua Chiesa vi ha chiamati e vi ha costituiti «come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio» (1 Pt 4,10) e a nutrire il santo popolo di Dio, soprattutto con la vostra testimonianza di fede e di amore conformandovi per primi al Signore (cfr. dal prefazio di oggi).

Ebbene, questa sera ci piegheremo davanti ad alcuni dei nostri fedeli per lavare eucaristicamente i loro piedi, imitando il Maestro e Signore che capovolgendo l’ordine dei nostri valori religiosi e sociali si è spogliato, è rimasto col perizoma coperto dal grembiule dello schiavo ponendoci questa domanda: Capite quello che ho fatto per voi? Gesù non ci chiede una comprensione intellettuale, ma una conoscenza che a che fare con la sapienza, con il sapére, che coinvolge l’intera esistenza diventando essa stessa simbolo reale dell’atto compiuto. Fai questo se vuoi rendermi presenza viva, se vuoi continuare ad essere “mio” discepolo. L’atto sommamente libero di Gesù, il gesto regale del Signore ci affranca dai fantasmi di un Dio che vuole essere servito, che sacrifica il Suo Unigenito, mentre Gesù si è donato e che riproduciamo a volte nel nostro ministero: più che servire rischiamo di lasciarci servire o peggio di asservire. Il potere regale di Gesù posto nelle nostre mani potrebbe così pervertire la Croce del Signore. Si tratta del peccato che sta all’origine di ogni male che Gesù ha smascherato nell’ora della sua morte gloriosa, l’ora del giudizio su questo mondo mondano che ci portiamo dentro.

Gesù è venuto per liberarci dalla schiavitù del peccato: cioè pensare la nostra legittima identità come assoluta, autoreferenziale, autocentrata. Da qui scaturiscono tutti i conflitti che portano all’esclusione dell’altro/i, alla competizione, alla meritocrazia, alla logica del tutti contro tutti, alla cosiddetta autonomia differenziata… anche negli affetti più cari. Ma noi stiamo imparando da Gesù, Vita donata per amore, e lo sappiamo anche dalla nostra stessa esperienza, che la vita è fondata sull’accoglienza: non saremmo oggi qui se qualcuno non ci avesse accolto, fatto spazio in questa vita. E Gesù ci libera dall’identità esclusiva (non sai chi sono io..) immettendo nel mondo il profumo vitale della fraternità, quasi un riflesso nel tempo della sua “esperienza” relazionale col Padre nel reciproco e incondizionato dono dello Spirito d’Amore.

In realtà noi siamo qui oggi per riaffermare con sincerità di cuore che in unione eucaristica al Signore Gesù, la nostra vita è stata donata-versata per la causa del Regno di Dio, come olio che profuma di vita divinamente umana, per la liberazione di tutti i prigionieri del male (cfr. Lc 4). Nel testamento spirituale del priore padre Christian dei monaci trappisti del monastero di Tibhirine, sui monti dell'Atlante in Algeria uccisi nel 1996 per la fedeltà al Vangelo e solidali con un intero villaggio di musulmani sotto scacco dai terroristi, troviamo questo passaggio: «Se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo […] vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia, si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio» (dal testamento spirituale del Padre Christian de Chergé). Ma certo, siamo qui per questo, e siamo contenti di esserci Signore Gesù come servi premurosi del tuo popolo santo, non abbiamo altre aspirazioni.

Ecco in questo cammino sinodale che tutti ci vede insieme dietro di te Signore, concedi allora a noi tuoi ministri, di stare sempre più accanto a te, più intimi a te, perché i nostri credenti ci vedano, per tua grazia, un piccolo passo davanti a loro per incoraggiarli nel cammino con la nostra fragile ma sincera testimonianza di vita evangelica. Così hanno fatto tanti presbiteri che non hanno badato alla propria vita, ormai consegnata al Signore e votata al servizio del popolo di Dio, come il beato Pino Puglisi o don Diana, nel trentennale del suo assassinio, ma anche il nostro don Italo Calabrò, e tanti altri ancora che come piccole luci hanno illuminato il nostro cammino credente.

Aiutiamoci fraternamente nella stima reciproca a vivere con gioia e passione evangelica il nostro ministero, lasciandoci umilmente inverare dallo Spirito del Signore Gesù, il quale non ha esitato a consegnare la sua vita per noi, mentre affidiamo allo sguardo materno Maria, amica degli apostoli, i nostri desideri più veri.