G. M. Vita Consacrata: il racconto della Celebrazione in Cattedrale

News del 02/02/2023 Torna all'elenco delle news

Giornata Mondiale della Vita consacrata e Festa della Presentazione del Signore in Cattedrale: GUARDA le foto nella FOTOGALLERY del sito

 

OMELIA dell'arcivescovo Fortunato Morrone:

Carissime e carissimi,

risuona ancora oggi il tema natalizio della luce ben espressa nel rito introduttivo della liturgia: con le candele accese siamo andati incontro al Signore, vera luce di tutte le genti, colui che infiamma di speranza la nostra vita e consola i nostri cuori.

L’incontro del bimbo Gesù con Simeone e Anna rappresentanti dell’Antico che incontra il Nuovo, come compimento dell’attesa d’Israele, ci rivela che la nostra vicenda umana non è abbandonata a sé stessa poiché questa storia appartiene a Colui che si prende cura dei figli dell’uomo e non degli angeli: siamo oggetto della Sua custodia.

Non si tratta più di cercare Dio in qualche tempio perché è Lui nel suo Figlio Gesù a venirci incontro. Il nostro tempio è Lui e la nostra vita è il suo tempio: si tratta allora di riconoscerlo nel suo incessante venire per incontrarci, in ogni tempo, in ogni uomo. Pertanto «le cose più importanti del mondo non vanno cercate, vanno attese» (Simone Weil). Prima o poi, se la nostra è un’attesa fiduciosa, operosa e paziente, come quella di Simeone a Anna, anche i nostri occhi vedranno la Sua consolante salvezza.

In realtà se siamo qui è perché stiamo celebrando il giorno in cui abbiamo riconosciuto Gesù come Signore e l’abbiamo accolto nella nostra vita quale motivo e ragione luminosa della nostra esistenza. Non è lui che desiderava il nostro cuore o ci siamo sbagliati?

Oggi celebriamo la festa dell’incontro tra Lui e ciascuno di noi, la semplice confessione che il Suo venirci incontro, il Suo precederci, è stato per noi puramente Grazia. In fondo in tutti questi due ultimi millenni tanti uomini e donne lo hanno incontrato e hanno riconosciuto in lui il senso della loro vita, il fine dell’incessante e mai esausta ricerca di gioia.

Non vi sentite anche voi, cari fratelli e sorelle, religiosi e religiose, parte viva, oggi, di una innumerevole schiera di testimoni il cui unico motivo della vita consacrata nella Chiesa per il mondo è il Signore? Non avete votato totalmente a lui tutte le energie del vostro essere uomini e donne e, a causa di Lui e unicamente per il Suo vangelo, vi siete posti a servizio di tanti fratelli e sorelle, specialmente degli ultimi, con tutto il vostro cuore nel solco del carisma del vostro Istituto?

Ciascuno e ciascuna di voi potrebbe raccontare il momento cruciale dell’incontro con il Signore che ha “dato una svolta decisiva alla vostra vita” (cfr. Benedetto XVI). Fatene memoria grata come parte viva della grande famiglia di consacrati che nel corso dei secoli, incarnando il coraggio profetico della Chiesa, sono stati protagonisti di una storia di benedizione e promozione dell’umano vivere secondo lo spirito evangelico.

Come compagni di viaggio, tante religiose e tanti religiosi, hanno condiviso le storie di una moltitudine di fratelli e sorelle, indipendentemente dal loro credo, promuovendo cultura e saperi, aprendo nuove vie di solidarietà sociale ed economica soprattutto nei momenti di crisi epocali e di smarrimento generale, rilanciando la speranza, specialmente per coloro che vivevano situazioni di ogni genere di povertà.

Non vi sentite parte integrante, ma innovativa, di questa bella compagnia che incessantemente nella chiesa ha posto il Vangelo come criterio ultimo di ogni necessario rinnovamento a vantaggio di questo mondo amato da Dio? Voi che per grazia avete assunto radicalmente le Beatitudini del nostro unico Maestro come bussola per procedere in avanti ai fratelli nella Chiesa, non avvertite in questo difficile transito epocale il soffio gagliardo dello Spirito che in papa Francesco ci spinge tutti fuori dai nostri sicuri recinti sacri per vivere insieme a tutto il popolo santo di Dio l’avventura della missione evangelica?

Perciò, non siete oggi felici dell’essere stati scelti dal Signore per servirlo nella Sua Chiesa, segno e sacramento della Sua permanente presenza in questa nostra storia, qui nel territorio della nostra arcidiocesi?

Grazie carissime sorelle e carissimi fratelli per il vostro esserci e la vostra testimonianza profetica qui nella nostra Chiesa.

Certo, se il legame unico con il Signore e il Suo vangelo dovesse affievolirsi o venir meno come motivo fondante della vostra missione, allora la vostra personale opera, la vostra congregazione, il vostro istituto, rischia di trasformarsi in struttura autocentrata che tende a conservare sé stessa e declinarsi in prestazione filantropica o culturale. Forse è questo il motivo di fondo della cosiddetta crisi della vita religiosa che riflette la crisi generale di tutta la Chiesa quando si agita per le molte cose da fare, dimenticando l’unicum necessarium che sostanzia la differenza evangelica del cristianesimo: stare ai piedi del Signore in ascolto docile della Sua parola.

In realtà, in quanto voi siete avamposti nella missione della Chiesa, le sue spirituali antenne sensibili, le vostre crisi annunciano le nostre, ma le vostre intuizioni aprono a tutta la chiesa nuovi sentieri di evangelizzazione e di cammini ecclesiali.

«Chi tiene lo sguardo su Gesù impara a vivere per servire …voi siete chiamati a immettere nel mondo il suo stesso sguardo, lo sguardo della compassione, lo sguardo che va in cerca dei lontani; che non condanna, ma incoraggia, libera, consola»(papa Francesco, 2.2.2020).

Pertanto, carissimi e carissime, accogliendo i sentimenti della nostra gente e a nome delle nostre comunità esprimo riconoscenza, stima e fiducia del vostro lavoro apostolico che, senza logiche di interesse e di calcolo, si spende così generosamente nella nostra chiesa e nel nostro territorio, soprattutto in questa bella avventura del cammino sinodale che spero vi veda protagonisti.

Mantenete allora fisso lo sguardo su Gesù, «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,2), motivo ultimo della nostra gioia.

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Saluto di padre Gabriele Bentoglio, delegato arcivescovile per la vita consacrata

Eccellenza Reverendissima,

al termine di questa Santa Eucarestia desidero dirle un grazie di cuore, a nome mio personale e di tutte le consacrate e i consacrati che vivono e operano in questa chiesa locale: la sua vicinanza pastorale ci conforta e ci incoraggia.

In questa diocesi, come in tutto il mondo, mi sento di dire che la vita consacrata è un dono prezioso, quando donne e uomini consacrati sono come sentinelle che indicano agli uomini e alle donne del nostro tempo la presenza di Dio e incoraggiano la solidarietà fraterna. Questo lo fanno se riescono a tenere accesa la fiaccola della speranza e si danno da fare per vivere la preghiera e le opere della carità. 

Secondo il carisma dei nostri Istituti, siamo come i profeti della Bibbia: anche se fragili e a volte impauriti, facciamo in modo che il Vangelo di Gesù Cristo penetri nel quotidiano di ogni persona e siamo convinti che questo passa in modo particolare attraverso la testimonianza del nostro stile di vita. Siamo uomini e donne di frontiera, al confine tra il ciglio della strada e la porta del convento, protesi verso gli ultimi e legati con il vincolo della fraternità al nostro carisma di fondazione. 

Qualche anno fa, Papa Francesco ha detto che la vocazione alla vita religiosa, “come la stessa fede – cito –, è un tesoro che portiamo in vasi di creta; per questo dobbiamo custodirla, come si custodiscono le cose più preziose, affinché nessuno ci rubi questo tesoro, né esso perda con il passare del tempo la sua bellezza. Tale cura è compito anzitutto di ciascuno di noi, che siamo stati chiamati a seguire Cristo più da vicino con fede, speranza e carità, coltivate ogni giorno nella preghiera e rafforzate da una buona formazione teologica e spirituale, che difende dalle mode e dalla cultura dell’effimero e permette di camminare saldi nella fede”.

Declinando queste parole, aggiungo che anche noi consacrati corriamo il rischio di lasciarci andare ad una certa cultura del provvisorio e di quel relativismo pratico che ha reso tutto liquido, precario, facendoci dimenticare che l’identità di una vocazione si rafforza con la fedeltà. Anche tra noi religiosi si è diffuso il motto: “l’amore è eterno finché dura”. 

Per questo confidiamo nella sua vicinanza paterna, che ci sostiene e ci incoraggia.

Contiamo anche sulla sua presenza, forte e coraggiosa, che tenga alta la nostra voce quando le istituzioni non ci ascoltano, quando chi potrebbe intervenire fa finta di non sapere e di non vedere.

Per fare del bene e tendere la mano ai tantissimi disagiati della nostra diocesi, così come per far fronte alle ingiustizie e alle prevaricazioni che degradano il nostro territorio e ledono la dignità delle persone, noi ci impegniamo prima di tutto a recuperare spazi di silenzio e di ascolto: infatti, i ritmi frenetici della vita quotidiana e delle attività socio-pastorali rischiano di desertificare lo spirito. 

Poi, però, chiediamo il suo aiuto per essere ancora più incisivi in questa porzione del popolo di Dio. Ci aiuti a intensificare il nostro colloquio con Dio e a sentire, di conseguenza, il suo appello a curare le ferite di questa nostra società.

La festa odierna della Presentazione di Gesù al tempio è anche occasione per condividere con lei la gioia di alcuni anniversari di professione religiosa. Come Maria e Giuseppe hanno presentato Gesù al tempio, oggi io ho la gioia di presentarle Suor Rosa D’Agostino, che ricorda il 70° anniversario di professione religiosa:

Padre Tonino Taliano, Suor Maria Calabrò e Suor Angelina Marra il 60°;

festeggia il 50° anniversario Suor Lina Mazzei;

e ricorda il 25° anniversario di professione religiosa Suor Rosanna Perri.