22 marzo 2020 - SECONDA LETTERA ai fedeli di don Demetrio Sarica, parroco della Cattedrale

News del 22/03/2020 Torna all'elenco delle news

Carissimi tutti, 

il perdurare della situazione che stiamo vivendo non ci consente ancora di poter celebrare l’Eucaristia in chiesa. Per questo motivo, scelgo di nuovo di raggiungervi con queste parole scritte, nella speranza che anche voi scegliate di leggerle, continuando a sperimentare in questa dimensione diversa l’essere in comunione tra noi.

La liturgia di questa domenica è tradizionalmente un invito alla gioia. “Rallegrati, Gerusalemme!”: eri nella tristezza ma adesso puoi saziarti dell’abbondanza della consolazione … Come risuonano apparentemente fuori luogo queste parole: la nostra attuale tristezza quasi ci impedisce di comprenderle! E ancora, la preghiera liturgica ci fa chiedere al Padre il dono di affrettarci con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina … mai come quest’anno la Pasqua ci sembra così lontana, irraggiungibile, forse impossibile!

Mettiamoci in ascolto, lasciamo che la Parola illumini i nostri pensieri e faccia nascere ancora dentro il nostro cuore una preghiera nuova!

“… l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore.”: il Signore ha scelto il più piccolo dei fratelli, Davide, dicendo a Samuele che la consacrazione regale era per lui. Questo “vedere il cuore” è proprio quello che ci serve oggi: vedere oltre questa sofferenza e questo dolore che ci circonda, scoprirne il senso. La condizione per poterlo fare è chiedere al Signore di insegnarci il suo sguardo: è Lui che vede il cuore, dobbiamo imparare da Lui, entrare in questa “confidenza”, occhi negli occhi, per venire di nuovo alla luce!

“… anche se vado per una valle oscura … non temo … tu sei con me”. É la luce della Sua presenza che ci permette di dire: “nulla mi manca” anche quando sembrano tantissime le cose che ci mancano. Tutto questo vale se riconosciamo che il Signore è il nostro pastore, e cioè, che è Lui la guida e noi dobbiamo lasciarci condurre, dobbiamo ascoltarlo e seguirlo.

San Paolo ci dice: “Cercate di capire ciò che è gradito al Signore”. La luce è indispensabile per discernere: le cose da “condannare” sono rivelate dalla luce. È necessario quindi passare dal buio alla luce, e questo passaggio nella nostra vita è già avvenuto col Battesimo. “Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà”: spesso è proprio un torpore che ci impedisce di usare gli occhi, è la scelta di dormire con una maschera sugli occhi anche quando è giorno, è il sapere di essere cristiani e scegliere di dimenticarlo, negando la nostra identità.

L’apertura degli occhi del cieco nato è accaduta anche a noi, è avvenuta nella nostra vita, è un dono alla nostra persona. Ma, come ci racconta il Vangelo, la gente ritiene conveniente dire: non è lui …  e anche noi affermiamo di noi: non sono io! … dicendo di vederci bene ma diventando farisaicamente di nuovo ciechi! 

E invece il Signore ci sorprende: continua ad offrirci il tempo e il modo di leggere la nostra vita in maniera diversa. Perché il cieco è cieco? Perché si manifestino le opere di Dio! Non cerchiamo anche noi il colpevole, non fermiamoci a considerare il come è stato possibile: chiediamoci invece se desideriamo davvero comprendere cosa sta facendo Dio, qual è la Sua opera oggi nella nostra vita. Oggi Gesù impasta della terra con la sua saliva ed “unge” - non li sporca - gli occhi del cieco che non avevano mai visto.

Oggi la saliva della bocca/parola di Gesù - si, proprio la saliva che in questo tempo di coronavirus ci fa tanta paura perché elemento di contagio! - si impasta con la polvere della nostra umanità per una nuova creazione … e il tempo, questo nostro tempo, si trasforma come non mai in tempo per fare Pasqua, di attraversare ancora il buio per giungere alla luce.

Comprendiamo, allora, come diventa di nuovo vera sulle nostre labbra la preghiera liturgica di questa domenica: per grazia di Dio possiamo realmente affrettarci con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua, che scopriamo non soltanto vicina ma anche presente nelle nostre famiglie e nella nostra vita.

Concludo questo lungo scritto salutandovi di vero cuore e dicendovi che, oltre ogni distanza, vi “vedo” tutti presenti nel Calice e vi invito a “vedermi” mentre per voi e con voi celebro la Santa Messa! Fate una carezza ai vostri cari, particolarmente ai vostri piccoli, che sono e devono essere sempre la gioia delle vostre famiglie.

Vi benedico e vi augurio una buona domenica!

don Demetrio

 

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