19 gennaio 2020 - II Domenica del T.O.: Gesù, l'Agnello immolato sulla croce per la nostra redenzione

News del 18/01/2020 Torna all'elenco delle news

Dopo la conclusione del tempo di Natale, liturgicamente ritorniamo alla normalità, nel senso che il tempo che da Natale ci separa dalla Pasqua, prevede queste settimane intermedie definite del tempo ordinario. Questa che celebriamo è la seconda domenica di questo tempo, in quanto la prima è considera quella del Battesimo di Gesù, che abbiamo celebrato domenica scorsa.

Ogni tempo liturgico è sempre un continuo appello alla conversione: l'avvento in preparazione al Natale, la Quaresima in preparazione alla Pasqua, il tempo ordinario in preparazione alle grandi solennità. Tutto, insomma, concorre, a fare nostro l'appello che Gesù rivolge sempre ad ognuno di noi, in ogni tempo e in ogni situazione: convertitevi perché il Regno di Dio è vicino.

Su questo tema si incentra la parola di Dio di questa domenica, soprattutto con il vangelo, che è continuazione con quello del Battesimo del Signore. Anche oggi ci mettiamo in ascolto di quanto dice il precursore, di cui ci riporta le espressioni precise l'evangelista Giovanni, nel brano che abbiamo appena ascoltato. Infatti ?Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!?

La missione di Cristo è illustrata con poche e precise parole da primo profeta del Nuovo Testamento. E lo stesso Giovanni Battista si rifà a quanto aveva in precedenza detto ai suoi discepoli, ed erano tanti, mettendo in risalto la figura e la missione di Cristo, rispetto anche alla sua pur lodevole persona e missione: ?Dopo di me -ripete Giovanni - viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me?. Quel prima e dopo, avverbi di tempo non indicano solo un prima e dopo temporalmente inteso, ma dicono la sostanza stessa della persona e della missione di Cristo, rispetto a Giovani. Basta fare riferimento al prologo del quarto vangelo in cui si dice che ?in principio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio ed il Verbo era Dio.

Quella parola prima di ogni altra parola, compresa quella del precursore o di ogni altro uomo di questo mondo, non è la parola vera e certa, quella definitiva e che salva. Cristo è l'unica parola definitiva, completa e certa di Dio nei confronti dell'umanità, bisognosa di salvezza.

Perciò il Battista, tiene a precisare circa la missione di Gesù e la sua attività di annunciatore: ?Io non lo conoscevo, e la mia missione è stata quella battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

Poi lo stesso precursore fa riferimento al momento del Battesimo di Gesù, in cui Dio rivela pienamente l'identità di Cristo e la sua missione nel mondo: «Ho contemplato -dice Giovanni Battista - lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. E' lui che battezza nello Spirito Santo. E' Lui il Figlio di Dio». Giovanni Battista non rivendica per se una identità, un ruolo ed una missione che non è propria, ma è esclusivamente del Figlio di Dio, indicato presente in mezzo a noi con parole toccanti e pienamente identificative del salvatore del mondo. In quel Ecce Agnus Dei c'è tutta la sintesi della storia della salvezza, a partire dalla schiavitù dell'Egitto e dal giorno della liberazione, la pasqua ebraica, che viene portata a compimento nella Pasqua di Cristo. (...)Si parte appunto da questo testo biblico per capire l'espressione detta da Giovanni Battista a Gesù, mentre veniva verso di lui. Infatti, quando venne l'ora di iniziare la sua missione, il Precursore si ritirò nel deserto di Giuda, sulle rive del Giordano, vivendo un regime di vita austera. Dio lo aveva rivestito di tutte quelle grazie che sarebbero state necessarie per essere degno precursore del Messia. Lo stesso Gesù poi avrebbe affermato: Fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui (Mt 11,11).

Il Battista è il testimone di Cristo che rivela il Padre, suo compito è principalmente quello di preparare il cuore del popolo ad accogliere l'annunzio del Regno di Dio tramite il Messia. Ecco perché Giovanni lancia i suoi appelli alla conversione e alla purificazione in attesa di avere l'infusione della grazia da parte di Dio. D'ora in poi il destino dell'uomo si misurerà sull'unico criterio che soltanto Gesù è il Salvatore inviato dal Padre.

Egli nuovo agnello sacrificale che si offre per noi in riscatto dell'umanità. Giovanni Battista aveva visto lontano, anzi aveva l'esatta percezione di chi era davvero il Cristo. Perciò con poche parole lo indica come l'agnello che toglie i peccati del mondo, al quale egli non è degno neppure di sciogliere i legacci dei suoi sandali.

E' proprio vero che chi più si umilia davanti a Dio, diventa grande davanti a Lui. A San Giovanni Battista affidiamo questo nostra umile preghiera che ho composto per questa domenica e che vi affido come orazione di questa santa giornata che per tutti possa essere un giorno speciale per riscoprire la centralità di Cristo nella nostra vita e indicare in Cristo la luce vera che illumina il cammino delle genti.

Sul tema della luce che porterà il messia si struttura il testo della prima lettura di oggi, tratto dal libro del profeta Isaìa, nel quale si legge ?«È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d'Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all'estremità della terra». Il messia che è luce ed portatore di salvezza su tutta la terra. Ciò che Cristo ha realizzato con la sua incarnazione, passione, morte e risurrezione. Sull'esempio di Cristo, l'Apostolo Paolo, nel brano della prima lettera ai Corìnzi ricorda ai cristiani di questa comunità il suo itinerario di fede e di apostolato. Egli ?chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio? deve essere di fatto questo messaggero di gioia, carità e pace, nella comunità cristiana di Corinto da lui costituita nella comunione di fede e di amore. Il suo ruolo di guida spirituale della stessa comunità lo esercita con il saluto, l'incoraggiamento e nella necessità anche nella correzione fraterna. Chi vive nella comunione ecclesiale, deve pur saper che tale comunione richiede un cammino di conversione permanente, dal quale nessuno può esimersi.

Facciamo nostra questa mia preghiera, composta per questa giornata e che affido alla vostra meditazione ed approfondimento interiore dal titolo ?Ecco l'Agnello di Dio?.

Signore, risuona tutti i giorni nella nostra mente e nel nostro cuore, nel momento della santa Comunione, ciò che disse di Te il Precursore, indicando nella Tua persona il Salvatore del mondo.

Ecco l'Agnello di Dio, ripetiamo ogni giorno, quando vediamo una persona che soffre e come Te vive l'esperienza del dolore, con la stessa passione e donazione con cui l'hai affrontato Tu, morendo sulla croce per noi.

Ecco l'Agnello di Dio, cantiamo in questo giorno di festa, celebrando la Pasqua settimanale, durante il quale sentiamo maggiormente la tua voce che ci chiama a metterci in cammino sulle stesse strade percorse da Te nella Palestina, entrando, accolto come il Messia, nella città Santa e celebrando in essa la tua Pasqua di morte e risurrezione, con la quale hai dato a noi la vita oltre la morte.

Gesù, Agnello immolato sulla croce per noi, che hai tolto i peccati del mondo, fa' che questo nostro tempo non viva più in quella condizione di violenza causa dell'uccisione di agnelli innocenti sull'altare del denaro, del successo, della carriera, dell'odio e delle guerre di ogni genere.

Tu l'Ecce Homo di ogni tempo, fa' che ogni uomo su questa terra, sia vero uomo che si immola per gli altri senza sacrificare gli altri sui vari altari della degenerazione umana. Amen.

Omelia di padre Antonio Rungi

 

Un agnello che porta la tenerezza divina

Giovanni vedendo Gesù venire... Poter avere, come lui, occhi di profeta e so che non è impossibile perché «vi è un pizzico di profeta nei recessi di ogni esistenza umana» (A.J. Heschel); vedere Gesù mentre viene, eternamente incamminato lungo il fiume dei giorni, carico di tutta la lontananza; mentre viene negli occhi dei fratelli uccisi come agnelli; mentre viene lungo il confine tra bene e male dove si gioca il tuo e, in te, il destino del mondo. Vederlo venire (come ci è stato concesso a Natale) pellegrino dell'eternità, nella polvere dei nostri sentieri, sparpagliato per tutta la terra, rabdomante d'amore dentro l'accampamento umano, da dove non se ne andrà mai più.

Ecco l'agnello, il piccolo del gregge, l'ultimo nato che ha ancora bisogno della madre e si affida al pastore, che vuole crescere con noi e in mezzo a noi. Non è il «leone di Giuda», che viene a sistemare i malvagi e i prepotenti, ma un piccolo Dio che non può e non vuole far paura a nessuno; che non si impone, ma si propone e domanda solo di essere accolto. Accolto come il racconto della tenerezza di Dio. Viene e porta la rivoluzione della tenerezza, porta un altro modo possibile di abitare la terra, vivendo una vita libera da inganno e da violenza. Amatevi, dirà, altrimenti vi distruggerete, è tutto qui il Vangelo.

Ecco l'agnello, inerme e più forte di tutti gli Erodi della terra. Una sfida a viso aperto alla violenza, alla sua logica, al disamore che è la radice di ogni peccato. Viene l'Agnello di Dio, e porta molto di più del perdono, porta se stesso: Dio nella carne, il cromosoma divino nel nostro Dna, il suo cuore dentro il nostro cuore, respiro dentro il respiro, per sempre. E toglie il peccato del mondo.

Il verbo è al declinato al presente: ecco Colui che instancabilmente, infallibilmente, giorno per giorno, continua a togliere, a raschiare via, adesso ancora, il male dell'uomo. E in che modo toglie il male? Con la minaccia e il castigo? No, ma con lo stesso metodo vitale, positivo con cui opera nella creazione.

Per vincere il buio della notte Dio incomincia a soffiare sulla luce del giorno; per vincere il gelo accende il suo sole; per vincere la steppa semina milioni di semi; per vincere la zizzania del campo si prende cura del buon grano; per demolire la menzogna Lui passa libero, disarmato, amorevole fra le creature. Il peccato è tolto: nel Vangelo il peccato è presente e tuttavia è assente. Gesù ne parla solo per dirci: è tolto, è perdonabile sempre! E come Lui, il discepolo non condanna, ma annuncia un Dio che dimentica se stesso dietro una pecora smarrita, un bambino, un'adultera. Che muore per loro e tutti li catturerà dentro la sua risurrezione.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

La Verità ha finalmente un volto

Cosa avrà provato Giovanni «vedendo Gesù venire verso di lui»? Un’intima gioia che sfocia in una solenne testimonianza sull’identità di Cristo, «agnello di Dio». E da dove il Battista avrà tratto tale immagine da applicare al cugino? Mosso dallo Spirito, Giovanni attinge alla Legge e ai Profeti, perché la Scrittura presenta l’agnello come figura di Cristo in almeno tre testi significativi.

Genesi 22 narra il sacrificio di Isacco che, secondo i rabbini, si offre spontaneamente ad Abramo, e così anticipa l’offerta di Gesù al Padre. Esodo 12 descrive l’agnello pasquale, il cui sangue salvò il popolo, e tale animale era usato anche per il sacrificio quotidiano di espiazione e di comunione al tempio. In particolare, Isaia 53, ripreso da Geremia, presenta il Servo di Yhwh come agnello muto condotto al macello che «portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli». Vedendo Gesù, Giovanni vede per rivelazione divina tutta la verità di Colui che era stato annunciato e di cui egli stesso era precursore; per il Battista è il momento del compimento, paragonabile a quello vissuto da Simeone al tempio e che appaga un’attesa carica di speranza ma non priva di difficoltà. La vita di fede si muove infatti tra attese e compimenti, e poi ancora possibili dubbi, come accade in prigione a Giovanni, che non comprende subito il messianismo di Cristo, troppo sbilanciato sulla misericordia anziché sul giudizio per gli empi. Tuttavia il Battista precisa che si tratta di «un uomo che è avanti a me, perché era prima di me», dichiarando in tal modo la distanza che esiste tra Gesù e lui, tra Dio e noi. Questa distanza sarebbe rimasta irriducibile se Egli non ci fosse venuto incontro, come quel giorno si presentò al cugino per farsi battezzare.

La seconda parte del racconto è incentrata proprio sull’esperienza del Giordano. Dapprima Giovanni afferma che la sua missione lungo le rive del fiume era volta a favorire la manifestazione del Messia a Israele e poi dà testimonianza della epifania divina. Anche le nostre opere acquistano valore se servono a manifestare l’agire di Dio. Ci si può chiedere cosa esprimiamo e cosa la gente vede in ciò che facciamo. L’immagine dell’immersione nelle acque ci aiuta a comprendere che soltanto ciò che è frutto della nostra immersione nella mentalità evangelica, ossia nella sensibilità di Cristo, diventa autentica epifania di Dio in noi. In altre parole, non si può parlare del Signore se non mostrando ciò che compie in noi, i frutti di conversione e di comunione che non devono essere ostentati ma offerti alla condivisione con i fratelli. La fede, se c’è, si vede, e ciò è vero nella misura in cui il testimone ha avuto occhi per vedere l’opera di Dio in sé e negli altri. Ora, al Battesimo Giovanni vede «discendere e rimanere lo Spirito» su Gesù. Quest’ultimo verbo merita una sosta nella riflessione, così come lo Spirito quel giorno sostò su Colui che unse per non allontanarsi più da Lui. A volte si ha come l’impressione che noi chiediamo allo Spirito di andarsene da noi, di fare ‘un altro volo’, per poi eventualmente ritornare, perché dobbiamo dar corso ad intendimenti che mal si conciliano con la sua presenza in noi. È inquietante la facilità con cui anche il credente sospende l’azione dello Spirito in sé trovando mille alibi, che in genere si poggiano sul diabolico interrogativo ‘che male c’è?’, terribile anestetico della coscienza. In realtà dovremmo ricordare che trasgredire consapevolmente un solo precetto dell’amore significa trasgredirli tutti. L’unico modo allora per rimanere nell’amore è la radicalità evangelica: se decido di vivere il vangelo senza concedermi sbavature, forse qualche caduta sarà inevitabile, ma si tratterà di incidenti di percorso facilmente superabili; una volta invece detto ‘no’ a Dio, è più probabile che il prossimo sia un no, perché un peccato solitamente è padre di altri peccati. Colui su cui si posa lo Spirito, «è lui che battezza nello Spirito Santo»; è il contatto con la persona di Gesù a garantire la presenza dello Spirito in noi, l’essere battezzati nella sua morte e risurrezione. Ecco delineata la vita del cristiano: un mistero pasquale vivente. La testimonianza di Giovanni è adesso completa, la Verità di cui aveva preparato la strada ha finalmente un volto. Ora non solo può preparare i cuori ad accogliere la verità, ma può indicare il Messia perché lo conosce, mentre prima «non lo conoscevo». Anche noi lo abbiamo conosciuto; Colui che si è rivelato ci doni di indicare a nostra volta l’agnello «che toglie il peccato del mondo».

Omelia di don Tonino Sgrò da www.reggiobova.it

 

LITURGIA E LITURGIA DELLA PAROLA DELLA II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A) 19 GENNAIO 2020

tratto da www.lachiesa.it