22 dicembre 2019 - IV Domenica di Avvento: Il sogno di Giuseppe, il nostro sogno

News del 21/12/2019 Torna all'elenco delle news

Il vangelo di questa domenica ci racconta come fu generato Gesù e ci chiede di fissare il nostro sguardo su Giuseppe e di lasciarci guidare da lui, perché anche noi possiamo, sul suo esempio, sul suo modello, essere uomini e donne che generano Gesù nella propria vita e nella vita degli altri. Si, perché Matteo ci dice abbastanza chiaramente che qui è Giuseppe che genera Gesù e anche noi possiamo farlo nella misura in cui:

- accogliamo e viviamo, attraversiamo le nostre notti come ha fatto Giuseppe, le nostre paure, i nostri turbamenti, i nostri dubbi, le nostre domande. Accogliere la notte è il primo passo per uscirne, dandoci la possibilità di sognare. Una certezza ed alcune domande su questo nascevano dalla preghiera insieme di venerdì sera: la certezza è che c'è l'assoluta necessità di un sogno e da qui le domande: il mio sogno qual è? Il mio sogno dov'è? E dove sono i sogni delle nostre comunità?

- ci poniamo in ascolto, come Giuseppe di Dio che entra nella vita di chi domanda un aiuto per una scelta, una decisione. Dio entra, illumina, chiarifica chi si mette in ascolto.

Dio entra quando trova uno spazio di mitezza, di bontà, di misericordia, di perdono, perché Giuseppe è così. Ripeto qui alcune cose già dette ma che ritengo importanti, ascoltate durante un ritiro a Bose. Il brano che abbiamo ascoltato straripa di misericordia ed è la misericordia che nasce dal cuore di un uomo che è più abituato ad ascoltare che a parlare (nei vangeli infatti non dice una parola che sia una!), dal cuore di un uomo che ci insegna a non giudicare, che ci insegna a fidarci. È un giusto Giuseppe, ci dice il vangelo, un osservante della legge e fedele ai comandamenti dell'Antico Testamento. La sua giustizia però, è stretta parente della misericordia infatti è giusto, ma di una giustizia che non è solo obbedienza alla legge. Qui c'è un grande insegnamento che siamo chiamati a raccogliere come chiesa, come comunità: Giuseppe ci dice che la Legge va osservata, ma è sempre necessario unire la carità all'osservanza e all'obbedienza della legge. Obbedire la legge ed eseguirla senza la carità porta unicamente a ferire le persone. Non fa finta di niente Giuseppe, non è che per lui vada bene tutto, non è un sempliciotto come alcune volte viene descritto, né tantomeno un remissivo. È un uomo travagliato e quel travaglio lo porta a decidere di ripudiare Maria, ma di farlo con carità, senza, come si potrebbe tradurre letteralmente, metterla in evidenza. Vuole evitare la vergogna e l'offesa alla donna che ama. Giuseppe ci regala oggi squarci di luce e di bellezza, parole meravigliose in linea con quanto domenica scorsa ci dicevamo: l'amore cambia le cose, l'amore cambia la vita delle persone a cui vuoi bene. Giuseppe è un uomo ferito, ma non giudica; Giuseppe, ferito, si mostra umano. Giuseppe ci dice che arrivare ad essere divini è tutto sommato abbastanza semplice: è sufficiente essere umani, perdonando, usando misericordia, vivendo la carità.

Pensavo al fatto che a Giuseppe gli evangelisti non mettono in bocca neppure una parola e lo mettevo in relazione con quanto il papa ha scritto al termine dell'anno giubilare della Misericordia: la tentazione di fare la teoria della misericordia si supera nella misura in cui questa si fa vita quotidiana di partecipazione e di condivisione; mi sembra davvero bello ed importante questo: la misericordia non è questione di parole, non è questione di teoria ma di vivere in prima persona, sulla propria pelle la scelta dell'amore.

Torno, allora a Giuseppe che genera Gesù, sul come:

- la mitezza e la misericordia generano Gesù

- l'obbedienza genera Gesù

- la fiducia genera Gesù

- l'accoglienza genera Gesù

- l'ascolto genera Gesù

- il fare scelte secondo la giustizia ed il vangelo genera Gesù.

Che possa avverarsi questo anche nella nostra vita allora, che il lavoro di Dio e del suo Angelo possano essere possibili perché un tessuto di giustizia, di bontà, di misericordia ci abita!

Omelia di don Maurizio Prandi

 

 

Giuseppe "uomo giusto" e la grande attesa di Dio-tra-noi

Per chi davvero ha fede e vive di gioia, perché Dio si fa uno di noi, per stare con noi, questi giorni, che ci accostano al Natale, sono giorni di meravigliosa attesa: un'attesa piena di stupore, che si prova quando si riceve la notizia che una persona molto cara sta per arrivare. "Al solo pensare - mi diceva una mamma che attendeva il figlio a lungo lontano - è tanta la gioia che provo che mi sembra di morire di felicità''.

Ma è così la nostra attesa del Natale?

Tutti vogliamo fare Natale e, a volte, non badiamo a spese. Di fatto troppi usano il Natale di Gesù, che viene direttamente e divinamente a rivelare quanto Dio ci ami, fino a farsi uno di noi, figlio dell'uomo, come pretesto per celebrare un natale pagano.

Il primato delle cose, dell'abbondanza materiale - anche quando ci si lamenta dei rincari o della crisi - a volte con ostentazioni sfacciate, sprechi incalcolabili, frutto di ingiustizie sociali - le tante povertà anche vicinissime - la quasi dimenticanza della condivisione fraterna, in effetti sono una bestemmia al Natale di Gesù. Cerchiamo, carissimi, di evitare simili sbagli!

Tuffiamoci nella solenne liturgia del Santo Natale, che diventa "liturgia della carità" verso chi soffre, ed entreremo nel mistero della grande Gioia della grotta di Betlemme.

Proviamo, questi giorni che ci separano dal Natale, a viverli con Maria e Giuseppe.

Ricordiamo tutti l'episodio dell'Annunciazione. Maria, un'adolescente, viene visitata dall'Arcangelo Gabriele, che le espone il disegno del Padre: la riconciliazione con noi, Sue creature, che avevamo drammaticamente rifiutato la Sua amicizia, sola ragione della nostra creazione e vita. Dio non poteva e non vuole mai abbandonarci! Occorreva riportare l'uomo a quel "sì", mancato dai nostri primogenitori. Un "sì" preparato da quello di Abramo, che lascia tutto per seguire il suo Dio, di Isacco, pronto ad essere sacrificato, di Mosè, che affronta il faraone per salvare il popolo del suo Dio, di Giobbe nella prova della sofferenza, di tanti profeti nella persecuzione, per giungere al "sì" di una donna, preservata dal peccato originale, Maria di Nazareth: un "sì" da cui sarebbe dipesa la salvezza dell'umanità, la nostra salvezza!

Il Padre attende quel "sì" proprio nell'evento dell'Annunciazione, quando l'Arcangelo si fa portavoce del Suo disegno. E, sia pure dopo un giusto e umano turbamento davanti all'incredibile richiesta, quel "sì" è pronunciato: "Si compia in me la Sua Parola'. E il Verbo si fece carne", ossia in quel momento è iniziato, come nell'Eden, il cammino di Dio tra gli uomini, percorrendo la stessa via dell'uomo fino alla morte in croce. Ma, tante volte, non è facile, anche per noi, capire tanti fratelli e sorelle che, per fare spazio totale a Dio, fanno della loro vita un "sì" totale.

L'avventura di Gesù incomincia così con una profonda sofferenza della mamma, Maria, che non può né sa spiegare il mistero dell'Incarnazione del Figlio. Chi potrebbe mai credere che è nato dallo Spirito Santo? La ragione dell'uomo non sa e non può capire le imperscrutabili e spesso diverse vie di Dio! Dio, per venire tra di noi, non usa gli schemi normali e tanto meno quelli trionfalistici, che nella nostra superbia ci aspetteremmo...da un Dio! Difficile capire la sublimità del Mistero e dell'umiltà, che è la sola vera via che conosce l'Amore quando si dona.

Così, la Presenza di Dio, annunciata e germinata nel seno di Maria, in modo misterioso - come sono tutti i segni dell'amore di Dio - incontra subito l'incomprensione in Giuseppe. Scrive l'evangelista Matteo, nel Vangelo di oggi: "Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo. Sua Madre, Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe, suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto."

Giuseppe è comunque un uomo giusto, - così lo definisce il Vangelo. Pur nel tormento interiore ed intimo che vive, con un sentimento dominante di tradimento che lo soffoca, non usa la giustizia come condanna, ma come misericordia, come è la natura di Dio Padre. Amando profondamente Maria, si arrende, non discute sulle cause di quella gravidanza, e sceglie la via umanamente più misericordiosa: difende la dignità di Maria, rinunciando ad un pubblico rifiuto, - usanza di allora che sarebbe stato un condannare Maria al disprezzo di tutti - e la congeda ?in silenzio'. Qui è la grandezza umana di Giuseppe.

Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un Angelo del Signore che gli disse: ?Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù. Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati'. Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: ?Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio-con-noi'.

Dio non viola la nostra libertà, la rispetta, ma, di fronte alla sincerità ed onestà della nostra ricerca, nel travaglio del dubbio, che ci può soffocare, sa e vuole sempre illuminarci, se solo Gli lasciamo un varco, se lo invochiamo. È la via del discernimento spirituale, che ci consente di camminare alla Sua Presenza, nelle Sue vie. Ed in questo S. Giuseppe è maestro e modello: "Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa". (Mt. 1, 18-24)

E qui vi è la grandezza di Giuseppe, uomo di fede.

Fa davvero riflettere questa via che Dio sceglie per venire: via del Mistero e dell'umiltà, che è quella dell'amore che si dona, si abbandona con fiducia, nella docilità ed obbedienza alla Volontà del Padre, sapendo che solo Lui conosce sempre il nostro vero Bene e desidera ardentemente realizzarlo per noi, ma mai senza di noi. Una via che tante volte incontra la nostra incomprensione.

È questo l'Amore che cerchiamo, anche se poi tante volte non lo capiamo. Oggi chiediamo a Giuseppe e alla Vergine Maria, che ci guidino ad entrare nel grande Mistero del Dono del Padre, che è il Natale di Gesù, con un cuore docile e disponibile nell'umiltà, da giusti e credenti, come sono stati loro.

Omelia di mons. Antonio Riboldi

 

Caro Giuseppe, sei un capolavoro di persona

Accade l’impensabile: una donna incinta senza il concorso dell’uomo. Dopo duemila anni di cristianesimo siamo abituati a questa idea: il credente può nutrire al massimo delle perplessità sull’‘embrione’ Gesù; chi non crede la considera una fiaba, ma l’immagine è ben presente nella nostra cultura dalle radici cristiane. Il prodigio avvenne nell’anno di tempo che separava la stipulazione del patto matrimoniale tra le due famiglie dalla effettiva convivenza dei fidanzati.

Tempo di attesa e lavoro: tempo per Maria di attesa di colui che l’avrebbe resa sposa e madre; tempo per Giuseppe di duro lavoro per l’allestimento di una dimora, degno nido d’amore per la coppia e culla per i figli che sarebbero venuti. Invece l’attesa e il lavoro subiscono una imprevedibile sterzata verso l’alto; si tratterà d’ora in avanti di guardare il cielo, che farà piovere l’infinitamente grande nella piccolezza di una storia familiare che chiedeva solo di potersi dispiegare in gioia semplice e grata al Padre che tutto dona. Come gestiamo l’imponderabile? In genere si cerca nell’esperienza propria o altrui una situazione simile che possa illuminare il momento presente; stavolta non esistono termini di paragone, ma solo la possibilità di chiudersi o aprirsi al mistero, con la consapevolezza che niente sarà più come prima. Lo Spirito Santo è infatti vento che in questo caso spazza via tutte le certezze precedenti e porta con sé un seme che feconda il grembo verginale di Maria. L’attenzione di Matteo non è però rivolta a Maria, ma a Giuseppe e al travaglio della sua anima. «Stava considerando queste cose»: l’«uomo giusto» non è precipitoso, conosce bene le esigenze della Legge che chiede di sradicare il male, ma non smette di riconoscere il cuore onesto di Maria e il male di esporla al rischio di lapidazione. «Pensò di ripudiarla in segreto»: può arrivare fin lì, la giustizia umana animata dall’amore è in grado di giungere al maggior bene possibile, ma a quale prezzo! L’uomo di fede, che trova nel sacrificio di Abramo il suo modello, è disposto a sacrificare l’amore pur di non opporsi al progetto di Dio, che è il sommo bene e deve essere attuato ad ogni costo. E Giuseppe, che non antepone il proprio bene a quello di Maria, attraverso la dedizione totale ad una creatura umana mostra di dare priorità al piano del Signore. Questa è una lezione che ci inchioda, abituati come siamo a preoccuparci di noi stessi, anche quando diciamo di cercare la volontà di Dio: essa coincide col dono pieno della vita a qualcuno, in qualunque forma le circostanze lo richiedano, e di solito come mai te l’aspetteresti. Ma c’è un «mentre», ossia lo spazio del travaglio del cuore, in cui Colui che sembra assente sta già compiendo la sua promessa e invita l’uomo a guardare in maniera diversa la realtà. Il sogno è infatti un altro modo di guardare la vita. Esso avviene nel sonno, quando le facoltà umane non rispondono al controllo della propria coscienza ma si abbandonano ad una rivelazione che viene dall’alto. Giuseppe, come noi, è debole in quel momento, e solo tale stato è la risposta umana al Dio forte che vuole realizzare e spiegare il senso del suo disegno. A chi sarebbe bastato un semplice sogno? Avremmo sicuramente pensato che era il prodotto della nostra immaginazione che desiderava accogliere Maria pur non potendo farlo. E invece Giuseppe comprende subito che quel sogno è di Dio perché dice quello che serve per superare tutti i dubbi sopravvenuti. L’Altissimo ti conosce, Giuseppe, sa chi sei, sa della tua lotta. Sa che vorresti prenderla con te lo stesso E Lui ti dice di non aver paura di fare quello che l’amore chiede. Perché se è l’amore che ti spinge è più che probabile che sia la scelta giusta. E Giuseppe scopre che Dio non toglie nulla ma ‘aggiunge’, come suggerisce l’etimologia stessa del nome Giuseppe. E sarà proprio lo sposo di Maria a dare il nome al bambino, a inserirlo così nella sua stessa discendenza davidica, secondo la promessa contenuta nelle Scritture. Egli «salverà il suo popolo dai suoi peccati»: è Gesù, il Salvatore, il nome. Ciò che l’umanità aveva sempre cercato ma non era stata capace di darsi da sola, la remissione dei peccati, si compie in Cristo. È qui che Giuseppe si apre al dono di Dio, lui che aveva sempre sognato la redenzione di Israele. Adesso scopre che il sogno del Creatore e della creatura coincidono e scopre anche il suo preciso ruolo in questa storia di salvezza: sarà lui a insegnare al bambino ad essere uomo. Caro Giuseppe, sei un capolavoro di persona, maestro di fede e umiltà.

Omelia di don Tonino Sgrò tratta da www.reggiobova.it

 

LITURGIA E LITURGIA DELLA PAROLA DELLA IV DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A) 22 DICEMBRE 2019

TRATTO DA www.lachiesa.it