9 dicembre 2018 - II Domenica di Avvento: Se ascolto la Parola e la testimonio, Giovanni sono anch’io!

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Cosa vuol dire che «la parola di Dio venne su Giovanni»? Come il Battista si accorse di essere visitato da quella misteriosa presenza che egli cercava da sempre e con tutto se stesso? Non ci è dato sapere come Giovanni percepì il dono divino che si consegnò a lui, ma certamente fu una Parola che lo mise in movimento per «tutta la regione», e lo rese totalmente dedito al messaggio che da lì in avanti avrebbe comunicato. Questa comunione sempre crescente tra la Parola e il profeta si celebra mentre i potenti di quella terra mediorientale erano nel pieno esercizio della loro autorità.

Il dettagliato elenco di nomi di persona associati ad una regione, oltre a precisare il contesto storico e geografico in cui si svolge la predicazione del Battista, sembra quasi identificare ciascun potente con la porzione di terra che governa, l’uomo col suo possesso; Giovanni, al contrario, appare posseduto dalla Parola che annuncia. Ancora, mentre tali possessi mondani durano al massimo l’arco di una vita, la relazione tra il profeta e il suo messaggio viene da più lontano e si riverbera nel futuro. infatti il Battista cita Isaia, facendosi depositario di una storia passata che sta per giungere al compimento. È la storia dell’attesa del Signore, talmente viva nel cuore del profeta da sfociare in un grido: non basta annunciare che il Signore viene, occorre gridare, metterci passione, perché può parlare della buona novella solo chi ha l’animo infiammato per l’agognata novità che l’avvento del Signore porta. Non a caso Giovanni opera nel deserto, luogo in cui ci si appassiona alla vita in quanto corri costantemente il rischio di perderla; in cui impari a cercare Dio perché sei libero dall’impedimento dei beni; in cui puoi gridare la verità che porti dentro perché non hai più nessuno a cui mostrare le tue maschere. La via di Dio va preparata, cioè occorre ‘pararsi davanti’ ad essa, non sfuggire all’evidenza del cammino del Signore nella nostra storia. Ci sono percorsi che Egli ordinariamente traccia nella vita di ciascuno, l’amore e la sofferenza su tutti, lungo i quali si colloca già Lui e lì ci attende. Capiamo allora che preparare la via del Signore significa accettare il cammino attraverso il quale Egli si rivela nella nostra esistenza, non trascurare nulla di quanto la vita ci riserva, perché in tutto ciò che accade possiamo trovare un presentimento d’amore. Poi il profeta ci invita a rendere diritte le vie di Dio, non piegarle alle nostre comode esigenze o alle paure. Il Vangelo chiede di essere preso sul serio, altrimenti meglio non aderirvi. Anche Apocalisse considera inservibili i cristiani tiepidi, che amano se stessi più di quanto amino Dio e il prossimo o, pur coltivando un sincero amore per il Signore, non lo esprimono per la paura che prende il sopravvento su di loro. Il Battista chiede anche di colmare le voragini dei nostri vuoti: vuoto d’amore, di senso, di bellezza che caratterizza troppe esistenze. La più drammatica reazione a tale richiamo potrebbe essere: ‘non ce la faccio, troppo grande è la mia fatica di vivere’; eppure anche questa voragine può essere riempita se si abbatte il monte dell’orgoglio. Sì, perché tante depressioni possono nascondere un’irriducibile orgoglio che impedisce di chiedere aiuto, di misurarsi quotidianamente con la fatica di impegnarsi, di assumersi le proprie responsabilità nel cammino umano e spirituale. In Avvento è necessario più che mai non interrompere il dialogo personale con Dio, dare spazio ad un itinerario di fede che sia un cammino che parte dal punto in cui sei e ti porta ad una sincera conversione. È necessario per lo meno sognare la meta della propria fede, altrimenti non si comincia mai a credere davvero e a vivere di fede. Ed ecco che il profeta, nel nome del Signore, promette vie più accessibili perché «diritte» e «spianate». Che bello camminare lungo una strada dritta e piana; puoi concentrarti sul paesaggio e volare con i pensieri e non temere di inciampare. La paura di sbagliare, di fallire, è paradossalmente ciò che ci fa commettere più errori perché ci ripiega su di noi invece di metterci disarmati dinanzi alla meraviglia delle cose. Solo la certezza di vedere la salvezza di Dio è garanzia di un cammino sicuro, impreziosito dal fatto di sapere che «ogni carne», senza nessuno escluso, riceve un invito particolare alla festa del Regno. Neanche i potenti della storia fanno più paura in quanto la Parola, scesa su Giovanni, è arrivata fino a noi di profeta in profeta. Se ascolto la Parola e la testimonio, Giovanni sono anch’io! 

Omelia di don Tonino Sgrò tratta da www.reggiobova.it

 

I potenti alzano barriere, Dio le supera

Una pagina solenne, quasi maestosa dà avvio al racconto dell'attività pubblica di Gesù. Un lungo elenco di re e sacerdoti a tracciare la mappa del potere politico e religioso dell'epoca, e poi, improvvisamente, il dirottamento, la svolta. La Parola di Dio vola via dal tempio e dalle grandi capitali, dal sacerdozio e dalle stanze del potere, e raggiunge un giovane, figlio di sacerdoti e amico del deserto, del vento senza ostacoli, del silenzio vigile, dove ogni sussurro raggiunge il cuore. Giovanni, non ancora trent'anni, ha già imparato che le uniche parole vere sono quelle diventate carne e sangue. Che non si tirano fuori da una tasca, già pronte, ma dalle viscere, quelle che ti hanno fatto patire e gioire.

Ecco, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Non è l'annunciatore che porta l'annuncio, è l'annuncio che lo porta, lo incalza, lo sospinge: e percorreva tutta la regione del Giordano. La parola di Dio è sempre in volo in cerca di uomini e donne, semplici e veri, per creare inizi e processi nuovi. Raddrizzate, appianate, colmate... Quel giovane profeta un po' selvatico dipinge un paesaggio aspro e difficile, che ha i tratti duri e violenti della storia: ogni violenza, ogni esclusione e ingiustizia sono un burrone da colmare. Ma è anche la nostra geografia interiore: una mappa di ferite mai guarite, di abbandoni patiti o inflitti, le paure, le solitudini, il disamore... C'è del lavoro da fare, un lavoro enorme: spianare e colmare, per diventare semplici e diritti. E se non sarò mai una superstrada, non importa, sarò un piccolo sentiero nel sole.

Vangelo che conforta: - anche se i potenti del mondo alzano barriere, cortine di bugie, muri ai confini, Dio trova la strada per raggiungere proprio me e posarmi la mano sulla spalla, la parola nel grembo, niente lo ferma; - chi conta davvero nella storia? Chi risiede in una reggia? Erode sarà ricordato solo perché ha tentato di uccidere quel bambino; Pilato perché l'ha condannato. Conta davvero chi si lascia abitare dal sogno di Dio, dalla sua parola.

L'ultima riga del Vangelo è bellissima: ogni uomo vedrà la salvezza. Ogni uomo? Sì, esattamente questo. Dio vuole che tutti siano salvi, e non si fermerà davanti a burroni o montagne, neppure davanti alla tortuosità del mio passato o ai cocci della mia vita. Una delle frasi più impressionanti del Concilio Vaticano Secondo afferma: «Ogni uomo che fa esperienza dell'amore, viene in contatto con il Mistero di Cristo in un modo che noi non conosciamo» (Gaudium et spes 22). Cristo raggiunge ogni uomo, tutti gli uomini, e l'amore è la sua strada. E nulla vi è di genuinamente umano che non raggiunga a sua volta il cuore di Dio.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Deponiamo le nostre vesti di lutto e di buio e rivestiamoci di gioia e di luce

La seconda domenica di Avvento è dedicata alla figura di Giovanni Battista, il precursore di Gesù Cristo. Egli con parole semplici e incisive, riportate dal testo del Vangelo di Luca, ci invita a preparare la strada al Signore che viene. Di lui il testo del Vangelo ci dice esattamente chi era e lo colloca in un contesto storico e geografico preciso. 

A conferma che non si tratta di un personaggio inventato e creato per fare da controparte alla figura di Cristo, ma di un personaggio reale e ben conosciuto, al punto tale che ha i suoi discepoli e il suo seguito, essendo egli un maestro dello spirito, il vero ultimo profeta prima della venuta di Cristo. Le parole che ascoltiamo, oggi, nel brano dell'evangelista Luca ci aiutano a capire cosa significhi davvero preparare il nostro Natale, avendo come icona di riferimento il Precursore: ?Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati?. L'attività missionaria ed evangelizzatrice di Giovanni Battista sta nella sua itineranza, nel suo coraggio dell'annuncio e nel contenuto di quello che dice alla gente. Gira per tutta la regione del Giordano, dove lui predicava. E cosa dice alle persone a cui si rivolge? Dice semplicemente di convertirsi e di ricevere il battesimo che egli amministrava, come espressione della propria condizione di peccatori e quindi bisognosi di salvezza, che lui non poteva dare, ma alla quale preparava, in vista della venuta del Signore. E riportando il testo del Isaìa, egli diventa la voce che grida nel deserto ed invita a preparare la strada al Signore. Il che vuol dire che bisogna camminare in una certa direzione ed agire in un determinato modo: raddrizzate i sentieri, riempire i burroni, abbassare i monti e i colli, raddrizzare le vie storte, tortuose e difficoltose. In altri termini con immagini simboliche, Giovanni Battista, come l'antico profeta Isaia, ci suggerisce di riesaminare la nostra condotta di vita e buttare via tutto ciò che non va nel nostro comportamento.

La prima cosa da dismettere è la veste di lutto, come ci ricorda il profeta Baruc nella prima lettura di questa domenica. Una veste che non si addice a chi attende la venuta di una persona che può cambiare le sorti personali e sociali. 

L'attesa del Messia è vista come la soluzione ultima a tutti i problemi del popolo di Israele. Ecco perché i profeti che leggono in positivo questo arrivo, mettono il risalto ciò che sicuramente accadrà. Il testo biblico è un inno alla speranza e alla rinascita complessiva di Gerusalemme e di Israele. Dopo le tante sofferenze e i problemi di deportazione e di esilio, si guarda al ritorno non solo in patria, ma al ristabilimento del diritto e della giustizia, di una nuova vita più armoniosa e tranquilla che il Signore donerà al suo popolo, dopo l'esperienza della sofferenza. La seconda cosa da fare è recuperare i valori come la giustizia e una fiducia totale nel Dio che salva. La terza cosa da fare è quella di confidare pienamente in Dio che ristabilirà ogni cosa. D'altra parte, la venuta di Gesù sulla terra, il suo messaggio è un forte appello a tutti questi valori dimenticati ed abbandonati nel tempo, per andare dietro a falsi dei e a soluzioni di credibili e certe dei problemi di Israele. Cosa che viene espressa con estrema precisione e concetti dal Salmo 125 che è quello della speranza e del riscatto del popolo santo di Dio: ?Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia?. Sorriso e gioia sono le cose più importanti che un vero riscatto può dare la venuta del Signore. La convinzione poi che: «Il Signore ha fatto grandi cose per noi» ci riempie di gioia.Infatti. come in tutte le situazioni personali e sociali, dalla condizione della sofferenza, si passa a quella del sollievo. E allora chi ha seminato nelle lacrime, incomincerà a sperimentare la gioia. Chi non ha avuto niente, avrà molto e possederà i beni veri della vita.

Di questo è fortemente convinto l'apostolo Paolo, quando scrive ai Filippesi, di cui un passo della sua lettera oggi ascoltiamo come seconda lettura: ?Quando prego per tutti voi, lo faccio con gioia a motivo della vostra cooperazione per il Vangelo, dal primo giorno fino al presente?. L'apostolo è convinto che lo Spirito Santo che ha iniziato in noi l'opera della nostra santificazione, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù?. Preciso riferimento all'ultimo avvento di Cristo. Per questo motivo l'Apostolo prega che la carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, tra i cristiani di Filippi, perché possano distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio?. Possiamo dire che si tratta di un accompagnamento spirituale e formativo della comunità cristiana di Filippi, risultato particolarmente utile alla stessa.

E come sempre vogliamo chiudere questa nostra riflessione, riportandoci idealmente a spiritualmente alla celebrazione eucaristica di questa seconda domenica, il cui contenuti essenziali sono espressi dalla preghiera iniziale, la colletta, considerata la sintesi di quello che oggi chiediamo a Dio nella preghiera: ?O Dio grande nell'amore, che chiami gli umili alla luce gloriosa del tuo regno, raddrizza nei nostri cuori i tuoi sentieri, spiana le alture della superbia, e preparaci a celebrare con fede ardente la venuta del nostro salvatore, Gesù Cristo tuo Figlio?. Amen.

Omelia di padre Antonio Rungi

 

LITURGIA E LITURGIA DELLA PAROLA DELLA II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C) 9 DICEMBRE 2018

tratto da www.lachiesa.it