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la concelebrazione eucaristica

Don Giuseppe Praticò, Mons. Vittorio Mondello e mons. Salvatore Santoro durante la concelebrazione eucaristica

i seminaristi del coro che ha animato la liturgia

partenza dellaa processione eucaristica

L'arcivescovo emerito Vittorio Mondello

la processione eucaristica

la processione eucaristica

la processione eucaristica

la processione eucaristica

rientro in chiesa dopo la processione eucaristica

8 giugno 2018 - L'arcivescovo emerito Mondello al Santuario del S. Cuore di Ortì: non si può essere cristiani per conto proprio

News del 11/06/2018 Torna all'elenco delle news

“Non basta dirsi cristiani ed essere cristiani per conto proprio. Andare a messa la domenica e poi usciti da lì continuare la propria vita come se niente fosse. Quelli che agiscono e pensano così, si illudono di essere cristiani ma non lo sono”. Le parole dell’arcivescovo emerito mons. Vittorio Luigi Mondello risuonavano forti e chiare durante l’omelia della Solennità del S. Cuore di Gesù, celebrata, come da tradizione, nel Santuario del Monastero della Visitazione ai Campi di S. Nicola di Ortì. Davanti ai fedeli, che come ogni anno sono giunti numerosi dalle varie parrocchie cittadine per partecipare alla Concelebrazione Eucaristica, che ha visto sull’altare anche il cancelliere della diocesi don Giuseppe Praticò e il rettore del Seminario, mons. Salvatore Santoro insieme ai suoi seminaristi, mons. Mondello ha pronunciato parole tuonanti contro i cristiani della domenica, quelli che credono che “il cristianesimo consiste nell’adempiere ad alcune mansioni, ma non agiscono per amore di Cristo”. “Evidentemente la festa di oggi può avere il suo significato – ha detto – solo se pensiamo alla Chiesa come quella comunità che ha il compito di accogliere l’amore misericordioso e salvifico di Cristo e testimoniarlo, una comunità viva, in cui a tutti, non solo ai religiosi, spetta il compito di portare nel mondo questo amore, che è stato dato alla Chiesa non come un privilegio ma come un servizio”.  “Il cristiano  - ha precisato - deve aprirsi a tutti, rendendo la Chiesa segno e strumento dell’intima unione dell’uomo con Dio e degli uomini tra di loro. Amando soprattutto gli ultimi, i poveri, coloro che soffrono, i carcerati, coloro che oggi sono chiamati lo scarto dell’umanità”. E’ questo il significato ultimo della Festa del S. Cuore, che si celebra nell’ottava del Corpus Domini ed è ad essa intimamente legata, perché entrambe hanno come oggetto l’incarnazione: nella prima l’amore di Dio si manifesta come cibo sotto le specie eucaristiche, nella seconda attraverso il cuore, per sottolineare quanto Dio ha amato l’uomo. Ma le due feste hanno in comune anche un altro aspetto: entrambe sono state istituite nel secondo millennio per l’intervento di due donne, e questo - ha sottolineato mons. Mondello – “ci fa comprendere come la donna nella chiesa non sia emarginata ma sia un elemento importante di stimolo nella comunità”. La Beata Giuliana di Retìne, priora nel Monastero di Monte Cornelio presso Liegi, ispirò il papa Urbano IV ad istituire nel 1264 la festa del Corpus Domini, insieme alla processione con il Santissimo Sacramento che fu portato per la prima volta fuori dalle chiese, mentre la visitandina S. Margherita Alacoque è stata invece la promotrice della festa del S. Cuore di Gesù, nel  1685. 

Al termine della Celebrazione Eucaristica, ha avuto luogo la consueta processione con il Santissimo Sacramento nel piazzale antistante il santuario. Nei petali di rose sparsi dal vento il profumo della preghiera delle visitandine che quotidianamente dal convento si spande sulla città.

Di Antonia Cogliandro

pubblicato su L'Avvenire di Calabria del 17 giugno 2018