11 gennaio 2015 - Festa del Battesimo del Signore: sulle rive del Giordano un'altra epifania

News del 09/01/2015 Torna all'elenco delle news

L'epifania, celebrata il 6 gennaio, a differenza di quanto comunemente si pensa non è la festa dei Re Magi. Epifania significa manifestazione; la festa - dopo il Natale che celebra il fatto della nascita di Gesù - vuole ricordare il perché egli è nato: non per restare nascosto, o per rivelarsi a qualche privilegiato, ma per farsi conoscere da tutti, perché tutti possano beneficiare di quello che il Figlio di Dio è venuto a compiere. Vuole manifestarsi: l'ha fatto con i Magi, ma prima di loro con i pastori, e dopo di loro con i dottori nel tempio, e con le folle...

Anche la festa di oggi è una epifania, anzi una delle principali. Si celebra il Battesimo del Signore, cioè l'episodio con cui Gesù diede inizio alla sua vita pubblica. Lasciata Nazaret, dov'era vissuto, per così dire, in incognito sino all'età di circa trent'anni (così si esprimono i vangeli; in realtà doveva averne 33 o 34), egli scese sulle rive del Giordano dove Giovanni Battista preparava le folle all'imminente arrivo del Messia, e quando lo vide arrivare lo indicò ai presenti con parole che esprimevano la sua missione: "Ecco l'Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!" Giovanni ne aveva preparato la venuta, invitando tutti a pentirsi delle proprie colpe e manifestarlo pubblicamente col ricevere da lui il battesimo, ma avvertendo (Marco 1,7-11): "Viene dopo di me colui che è più forte di me" (vale a dire più grande, più importante); "io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo". Gesù poteva "togliere il peccato" perché lui non aveva peccati; non aveva dunque bisogno del battesimo che impartiva Giovanni; nondimeno, vincendo le resistenze di quest'ultimo, volle anche lui sottoporsi al rito. Alla luce di quanto è successo poi, si comprende il perché: mettendosi tra i peccatori, Gesù voleva significare che assumeva su di sé le loro colpe, per espiarle col sacrificio della croce.

L'episodio però dice anche altro. "Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: ?Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento'". Dietro queste parole si intuisce la difficoltà di tradurre nel linguaggio umano un'esperienza ineffabile; si comprende tuttavia che vogliono esprimere una epifania. E' la manifestazione delle due basilari verità cristiane. La voce è quella del Padre, che si rivolge al Figlio, presente lo Spirito Santo: ecco la Trinità, l'unico Dio è tre Persone. Quell'uomo che esce dall'acqua è riconosciuto dal Padre come il suo amato Figlio: Gesù è uomo e Dio.

L'adesione alla fede avviene con il battesimo: non quello dato da Giovanni Battista là sulle rive del Giordano, ma quello da lui stesso preannunciato, il battesimo "in Spirito Santo", che poi effettivamente Gesù ha istituito ("Andate, fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo"). I due riti hanno lo stesso nome, ma tra essi corre un radicale differenza. Il primo era esclusivamente opera umana: chi si avvicinava al Battista per farsi versare da lui acqua sul capo, semplicemente dichiarava di riconoscersi peccatore e di voler cambiare vita; poteva solo sperare che Dio accogliesse benevolmente i suoi propositi. Nel battesimo voluto da Gesù prevale invece l'opera di Dio, che per i meriti del suo Figlio cancella le colpe di chi glielo chiede. Di più: liberato dal male, il battezzato viene ricolmato della grazia di Dio, cioè della sua stessa vita: Dio può così compiacersi di lui, amarlo e adottarlo come figlio. Il cristiano può davvero vantarsi di essere figlio di Dio: figlio adottivo, ma pur sempre figlio, e come tale amato e invitato a condividere un giorno la vita stessa del Padre.

Figli di Dio! Se i cristiani ricordassero la dignità ricevuta con il battesimo, forse avrebbero non poco da cambiare nella propria vita.

Omelia di mons. Roberto Brunelli

 

Sulle rive del Giordano una nuova epifania di Dio

Eccoci ad una nuova epifania di Dio: al battesimo di Gesù nelle acque del Giordano, intervengono due ospiti d'eccezione, niente meno che il Padreterno e lo Spirito Santo. Il giorno del Battesimo è un giorno importante per la vita di un uomo, è il giorno più importante; è cosa buona e giusta, che in un giorno così siano presenti le persone più care, quelle più importanti per la vita del neofita...

Il Padre di Gesù non poteva mancare, con il suo Amore straordinario, talmente straordinario da assumete i connotati di una Persona... appunto, lo Spirito Santo.

La versione riportata dall'evangelista Marco è concorde a quella di Luca, ma diversa rispetto a quelle di Matteo e Giovanni: mentre, nelle prime due, la voce dal Cielo parla direttamente e soltanto a Gesù, Matteo e Giovanni raccontano che il Padre parla a coloro che assistono al fatto; la teofania è dunque perfetta in Matteo e Giovanni, mentre Marco e Luca preferiscono sottolineare l'unione delle tre Persone che dialogano, per così dire, nel cerchio della Trinità, nell'intimità e nel segreto della loro relazione d'amore. Sappiamo tuttavia che questa relazione intima e segreta è una relazione feconda, la quale produce niente meno che la vita del mondo e di tutto ciò che esiste, così come canta Giovanni nel prologo del suo Vangelo.

Ma torniamo sulle rive del Giordano: Gesù partecipa fisicamente all'evento, ma la sua presenza è del tutto silenziosa, passiva: Gesù lascia fare; il Padre parla, lo Spirito Santo spingerà subito dopo il Figlio di Dio nel deserto, ove dovrà misurarsi con il grande seduttore, il mentitore per eccellenza, satana. Tuttavia anche Gesù ci dà una lezione fondamentale, nonostante l'inerzia apparente: il Signore ci insegna a lasciar fare. Proprio Lui che è figlio di Dio, Dio in persona, dice al Battista e anche a noi: "Lascia fare, per ora! deve compiersi ogni giustizia." (cfr. Mt 3,15).

Il senso e il fine del battesimo è quello di ricevere ufficialmente il mandato (di Dio) ad annunciare il Vangelo, con le parole, ma soprattutto con la testimonianza di fede vissuta fino in fondo, anche a costo della vita. A questo limite estremo del sangue si fa allusione, neanche troppo implicita, proprio nel racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto: Marco riduce la vicenda all'osso: "Subito dopo lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano.". Matteo, invece, si dilunga, riportando un articolato dialogo tra il Figlio di Dio e il tentatore, e Luca conclude dicendo che allora il diavolo si allontanò per ritornare al tempo fissato. Sappiamo che il tempo fissato è l'ora della Passione.

Senza voler demonizzare le realtà terrene, è piuttosto la constatazione realistica della fatica di perseverare nella fede, a motivo di tutto ciò che rema contro la fede: fatti, parole, persone,...

Io non sono tra quelli che vedono il diavolo dappertutto... personalmente del diavolo non parlo mai, non perché non ci creda, ma perché la vita è talmente breve e il tempo corre talmente veloce, che ritengo sia più intelligente spenderlo parlando di Dio e di Gesù Cristo. E poi, parlando del diavolo, gli facciamo reclame... e ogni reclame, positiva o negativa, alimenta la curiosità, suscita interesse, attira l'attenzione... Un po' come la cronaca nera che appare sui quotidiani: un giornale che non riporti almeno una brutta notizia in prima pagina, con tanto di foto raccapriccianti, non vende...

La cronaca bianca, invece, lo sappiamo tutti, non fa scena e se non fa scena, non interessa, non è eccitante, è addirittura noiosa! E così, basta che meno del 2% dei preti si macchi di crimini infami, e tutti i predi diventano persone delle quali è meglio non fidarsi troppo... Dell'altro 98% si tace.

Lo stesso accade quando si parla e si scrive sulla famiglia, sull'onestà professionale degli impiegati statali, sulla serietà e competenza dei medici, sul valore educativo della scuola italiana, sulla forza edificante della nonviolenza...

Non ho ancora detto che con la solennità del battesimo del Signore, termina il tempo di Natale. 

Da domani riprende il Tempo Ordinario. Analogamente accade a Gesù, tornato al suo paese, dopo il battesimo e la prova delle tentazioni: comincia, o meglio, riprende la vita quotidiana: l'Uomo delle Beatitudini comincia a parlare, insegna nelle piazze, ai crocicchi delle strade, predica nelle sinagoghe, opera guarigioni, familiarizza con pubblicani e prostitute... Finché qualcuno si accorge di lui. O forse è il contrario: è lui che si accorge di qualcuno e lo chiama a seguirlo... L'ideale della vita comune covava nel cuore di Gesù fin dall'inizio della sua vita pubblica: il disegno concepito all'interno della Trinità di chiamare l'uomo, tutti gli uomini a partecipare, a condividere lo stesso rapporto di amore fecondo che lega tra loro le tre Persone divine.

Questo progetto diventa la Chiesa e la Chiesa si diffonde...una vera maledizione, una vera pandemia, per qualcuno - dai Romani in giù -... Per noi che, invece, dopo venti secoli, crediamo ancora nel Vangelo, la Chiesa rappresenta e manifesta la Gloria di Dio incarnata nell'uomo vivente! 

Questa è la dignità della Chiesa, questa è anche la dignità di ogni cristiano (che appartiene alla Chiesa). Consapevoli dunque di questa dignità, e chiamati a manifestare anche noi la presenza di Dio nel mondo, ritorniamo dunque alla vita consueta!

Forse avrei dovuto dirlo prima di Natale, ma anche ora non è troppo tardi: le solennità che abbiamo celebrato rappresentano una full immersion, un tempo forte, come lo chiama la liturgia, per abbeverarci, per saziarci dei misteri di Cristo, esattamente come il tempo di Pasqua; ora non ci resta che portare al mondo la grazia che abbiamo attinto in questi misteri.

Citando Raoul Follerau, "Cristo non ha mani, Cristo non ha piedi, Cristo non ha voce... ha soltanto le nostre mani, i nostri piedi, le nostre voci...".

Omelia di fr. Massimo Rossi

 

Immersi in Dio, amati per sempre

Il racconto del Giordano ci riporta alla genesi, quando la Bibbia prende avvio con una immagine d'acqua: in principio... lo spi­rito di Dio aleggiava sulle ac­que (Gen 1,2) come un gran­de uccello in cova su di un mare gonfio di vita inespres­sa. L'origine del creato è scrit­ta sull'acqua. Allo stesso mo­do anche la vita di ognuno di noi ha inizio nelle acque di un grembo materno.

Essere immersi di nuovo nel­l'acqua è come esserlo nel­l'origine, il battesimo parla di nascita, come fa la voce dal cielo che scende su Ge­sù: tu sei mio Figlio. Voce che è anche per me; voce in cui brucia il cuore ardente del cristianesimo: io sono figlio; il mio nome è: amato per sempre. Io ho una sorgente nel cielo, che si prende cura di me come nessun altro al mondo. E nasco della specie di Dio, perché Dio genera fi­gli secondo la propria spe­cie.

In te ho posto il mio compia­cimento.

Una parola inusua­le, la cui radice porta una di­chiarazione d'amore gioioso verso ciascuno: «mio com­piacimento» significa: tu mi piaci! Una definizione della grazia di Dio: prima che tu faccia qualsiasi cosa, come sei, per quello sei, tu mi dai gioia. Prima che io risponda, prima che io sia buono o no, senz'altro motivo che la gratuità di Dio, perché la grazia è grazia e non calcolo o me­rito o guadagno, la Voce ripete ad ognuno: io ti amo.

Gesù vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere come u­na colomba. Noto la bellez­za del particolare: il cielo si squarciò, si lacerò, si strappò. Come un segno di speranza si stende sull'uma­nità questo cielo aperto, a­perto per sempre, e non chiuso come una cappa mi­nacciosa e pesante. Aperto come si aprono le braccia al­l'amico, all'amato, al povero: c'è comunicazione tra terra e cielo.

Da questo cielo aperto e non più muto viene come colom­ba lo Spirito, cioè la vita stes­sa di Dio. Si posa su di te, ti avvolge, entra dentro, a po­co a poco ti modella, ti tra­sforma pensieri, affetti, spe­ranze secondo la legge dolce, esigente, rasserenante del vero amore.

Battesimo significa etimolo­gicamente: immersione. Il battezzato è uno immerso in Dio. Adesso, in questo mo­mento immerso; in ogni mo­mento, in ogni giorno immerso in Dio, come nel mio ambiente vitale, dentro una sorgente che non viene me­no, dentro un grembo che nutre, fa crescere, riscalda e protegge. E fa nascere.

Io nella sua vita e Lui nella mia vita. Come donna gravi­da di una vita nuova, io vivo due vite, la mia e quella di Dio. Sono uno e due al tem­po stesso. Ormai indissolubile da me è Dio, io non più separato da Lui.

Nel Battesimo è il movimen­to del Natale che si ripete: Dio scende ancora, entra in me, nasce in me perché io nasca in Dio; perché nasca nuovo e diverso, con in me il respiro del cielo.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Liturgia e Liturgia della Parola della Festa del Battesimo del Signore (Anno B) domenica 11 gennaio 2015