30 novembre 2014 - I Domenica di Avvento (Anno B), tempo di attesa e di attenzione: Dio si fa più vicino

News del 29/11/2014 Torna all'elenco delle news

Se tu squarciassi i cieli e discendessi! (Is 63,19). Il profeta apre l'Avvento come un maestro del desiderio e dell'attesa; Gesù riempie l'attesa di attenzione.

Attesa e attenzione, i due nomi dell'Avvento, hanno al medesima radice: tendere a, rivolgere mente e cuore verso qualcosa, che manca e che si fa vicino e cresce. Sono le madri quelle che conoscono a fondo l'attesa, che la imparano nei nove mesi che il loro ventre lievita di vita nuova. Attendere è l'infinito del verbo amare.

Avvento è un tempo di incamminati: tutto si fa più vicino, Dio a noi, noi agli altri, io a me stesso. In cui si abbreviano distanze: tra cielo e terra, tra uomo e uomo, e si avviano percorsi.

Nel Vangelo di oggi il padrone se ne va e lascia tutto in mano ai suoi servi, a ciascuno il suo compito (Marco 13,34). Una costante di molte parabole, dove Gesù racconta il volto di un Dio che mette il mondo nelle nostre mani, che affida le sue creature all'intelligenza fedele e alla tenerezza combattiva dell'uomo.

Ma un doppio rischio preme su di noi. Il primo, dice Isaia, è quello del cuore duro: perché lasci indurire il nostro cuore lontano da te? (Is 63,17). La durezza del cuore è la malattia che Gesù teme di più, la "sclerocardìa" che combatte nei farisei, che intende con tutto se stesso curare e guarire.

Che san Massimo il Confessore converte così «chi ha il cuore dolce sarà perdonato».

Il secondo rischio è vivere una vita addormentata: che non giunga l'atteso all'improvviso trovandovi addormentati (Marco 13,36). Il Vangelo ci consegna una vocazione al risveglio, perché «senza risveglio, non si può sognare» (R. Benigni).

Rischio quotidiano è una vita dormiente, incapace di cogliere arrivi ed inizi, albe e sorgenti; di vedere l'esistenza come una madre in attesa, gravida di luce; una vita distratta e senza attenzione.

Vivere attenti. Ma a che cosa? Attenti alle persone, alle loro parole, ai loro silenzi, alle domande mute, ad ogni offerta di tenerezza, alla bellezza del loro essere vite incinte di Dio.

Attenti al mondo, nostro pianeta barbaro e magnifico, alle sue creature più piccole e indispensabili: l'acqua, l'aria, le piante.

Attenti a ciò che accade nel cuore e nel piccolo spazio di realtà in cui mi muovo.

Noi siamo argilla nelle tue mani. Tu sei colui che ci dà forma (Isaia 64,7). Il profeta invita a percepire il calore, il vigore, la carezza delle mani di Dio che ogni giorno, in una creazione instancabile, ci plasma e ci dà forma; che non ci butta mai via, se il nostro vaso riesce male, ma ci rimette di nuovo sul tornio del vasaio. Con una fiducia che io tante volte ho tradito, che Lui ogni volta ha rilanciato in avanti.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Fate attenzione, vegliate

Con il tempo di "Avvento" iniziamo il nuovo anno liturgico. Il Vangelo di Marco che la Liturgia ci fa leggere in quest'anno è focalizzato sul punto essenziale: la persona di Gesù che noi siamo invitati a seguire. È ben singolare questo Vangelo di Marco che per centinaia di anni fu quasi ignorato nel culto pubblico della Chiesa, non è stato oggetto di grandi commentari di studiosi e di santi, per la sua brevità è stato ritenuto meno utile di Matteo e di Luca, più teologicamente sviluppati, e il cui stile e vocabolario sono stati ritenuti scontati.... È ben singolare questo Vangelo di Marco, oggi riscoperto, studiato, con la sua forza che inquieta, che provoca alla decisione della fede: non è forse la fede una scelta che cambia radicalmente il corso della vita e la visione del mondo? Molti continuano a ritenere che Marco sia il più antico dei Vangeli: alcuni (e diventano sempre più numerosi) pensano che si tratti invece di una ripresa di Matteo e di Luca per riportare Gesù e la sua Parola alla radicalità della sua novità. Stile e vocabolario, tutta la sua narrazione è solo apparentemente di facile lettura: chi è Marco? Quando e perché ha scritto il suo Vangelo? Durante quest'anno chi vorrà accogliere il messaggio di Marco in modo non superficiale, dovrà, anche personalmete approfondirne la conoscenza. La lettura liturgica continua a pagare il tributo alla sua brevità: nei mesi estivi ci sarà la lettura del lungo capitolo sesto del Vangelo di Giovanni. Nel tempo di "Avvento" la lettura di Luca supplirà la mancanza del Vangelo dell'infanzia in Marco: questo è motivo per chiederci qual è il rapporto tra Marco e Giovanni e perché Marco non narri la nascita di Gesù.

Certo, quanto più leggiamo il Vangelo di Marco e tanto più ci accorgiamo della sua provocante modernità. Nella prima domenica di "Avvento" la Liturgia ci fa leggere Mc.13,33-37, la conclusione del "discorso escatologico": sarebbe stato più logico, forse, leggere l'inizio del Vangelo (Mc.1,1-8), che invece leggeremo domenica prossima. Dall'inizio alla fine Marco ha una sua meravigliosa coerenza: tutto è concentrato su Gesù, sul mistero inafferrabile della sua persona. Marco introduce il suo lettore in un mondo di conflitti e di sorprese, di enigmi e di segreti, di capovolgimenti delle evidenze e di ironia. Gesù, il suo attore principale, è estremamente sconcertante per le autorità religiose che gli si oppongono, ma anche per i suoi discepoli che non lo comprendono, per la folla che da una parte lo segue, ma finirà per chiederne la morte. Vita e morte, bene e male, sono presenti in ogni pagina, ma non come opposizione etica di virtù e di peccato: il racconto invita il lettore a guardare il mondo nella sua complessità paradossale, ad entrarvi per trasformarlo. Il racconto di Marco, essenziale, preciso come la sceneggiatura di un film, è un invito sottile a non fermarsi mai a reazioni e a giudizi immediati e superficiali, ma, seguendo Gesù, ad entrare in un mondo nuovo, chiamato il "Regno di Dio" che viene, sempre nuovo, nel quale, gli ultimi sono i primi e chi vuol salvare la propria vita la perde.

Marco è il creatore di un genere letterario nuovo, il "Vangelo", nel quale il racconto della vita sorprendente e sempre spiazzante di Gesù diventa l'annuncio di fede della comunità cristiana: il Crocifisso è il Risorto, Gesù di Nazareth è il Cristo vivente, l'uomo che ha accettato di discendere è il Figlio di Dio.

È un racconto paradossale ed enigmatico: Gesù appare sulla scena senza che nulla venga detto della sua nascita e della sua provenienza; è detto Messia, Figlio di Dio, investito dello Spirito all'inizio e alla fine, quando "discende" nel Giordano e nella Passione; si oppone ad ogni forma di alienazione e di potere, fino a restarne lui stesso vittima. Il suo essere "Figlio di Dio" è percepibile solo all'interno della sua profonda, fragile, sofferente umanità. Se si separa la ricchezza messianica e la signoria di Gesù dalla sua crocifissione, tutto diventa equivoco: solo comprendendo l' "inafferrabilità" di Cristo da parte di qualsiasi volontà di strumentalizzazione, si sperimenta la sua potenza.

Ed è questo il senso del piccolo brano che oggi leggiamo: quando Marco scrive Gesù è già morto gridando a grande voce: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", ed è già risorto. L'annuncio di Cristo risorto risuona nel mondo nel quale continuano le contraddizioni, i drammi della storia: la comunità attende che Lui ritorni. Il "Vangelo" di Marco è un intenso richiamo alla comunità perché prenda coscienza della forza spiazzante della fede. Non si tratta di attendere il ritorno di Cristo perché faccia un mondo nuovo: nella sua morte, nel suo fallimento Egli è risorto, nella sua solitudine ha riempito il mondo di Amore. Non è la logica umana, la perfezione nell'osservanza di leggi e di precetti, ma l'abbandono radicale all'imprevedibile forza dello Spirito che già cambia il mondo, lo fa nuovo, pieno di vita. "Quando sono debole, è allora che sono forte...", testimonia S. Paolo (2Cor.12,10) "Fate attenzione, vigilate... voi non conoscete quando sarà il momento": il nostro modo di ragionare, di valutare, è tutto secondo la nostra razionalità, la nostra logica. Noi aspettiamo i "nostri" momenti. La logica di Cristo è tutta un'altra: Marco scrive partendo dal suo rapporto personale, irresistibile con Lui, perché diventi pure il nostro. "Fate attenzione...": è anzitutto un invito a rimanere dentro la concretezza della nostra vita, a saperla guardare, "vigilando", "restando svegli", aprendo il nostro cuore all'Amore di Colui che viene con noi, sorprendendoci. È il "discernimento", il saper "veder Dio in tutte le cose". E alla sua comunità (a noi, oggi) Marco rivolge l'invito a farci carico di portare a tutti l' "annuncio": anche nei momenti più oscuri, Lui è già con noi, con la luce del suo Amore. "Quello che dico a voi, ditelo a tutti..."

Omelia di mons. Gianfranco Poma

 

Avvento, attesa della grande Gioia

Come non vedere nell'Avvento il tempo dell'attesa del più grande evento nella nostra storia di uomini, ossia Dio che torna tra noi.

I nostri progenitori, tentati da satana, avevano preferito il proprio orgoglio all'amore immenso del Padre, che ci aveva creati e fatto dono della vita, per la sola ragione di essere partecipi della sua felicità eterna. Gli abbiamo detto NO. E ci siamo trovati ?nudi'. Risuonano sempre alle orecchie le amare parole del Padre tradito, che ci cerca: ?Uomo dove sei?'. ?Mi sono nascosto perché sono nudo'.

E da allora è iniziata la profonda e dolorosa nudità, che tante volte ci accompagna e sentiamo interiormente. In fondo, la terribile realtà storica dell'umanità è questa nudità, ossia l'assenza dell'amore di Dio, che è la sola ragione della nostra esistenza, anzi, la sola vita possibile.

Ma Dio, che è Amore, che è per noi il Padre di cui non possiamo fare a meno, dopo una lunga attesa, che ha accompagnato il popolo eletto, nel Vecchio Testamento, come ?a preparare la Sua Via', torna tra noi, uomo tra uomini, per riportarci a casa.

L'Avvento dovrebbe contenere questa attesa, vissuta nella preghiera, nella conversione, per prepararci alla festa di sentirci di nuovo amati e di amare, come è nella nostra natura.

La Chiesa, oggi, dedica questo tempo, l'Avvento, perché tutti possiamo preparare la nostra grotta, per ricevere Dio che viene a noi nell'umiltà del presepio, che è l'espressione della Sua grande discrezione e delicatezza, come è la natura dell'Amore.

Avvento: un tempo ?per preparare la via al Signore', come disse Giovanni Battista.

Ma noi vogliamo essere pronti a vivere degnamente questo tempo particolare di ?attesa di Dio'?

Non c'è bisogno di ricordarci quanto abbiamo bisogno che Lui torni tra noi!

Abbiamo bisogno che Lui ci aiuti a fugare le tante nubi, che cercano di nasconderci la verità.

Per questo l'Avvento è davvero il tempo di metterci alla prova, per vedere se davvero in noi c'è il sincero desiderio che Dio si faccia strada, che venga e, quindi, ci apra alla gioia del Natale, che è Lui con noi, pronto a condividere gioie e speranze, sofferenze e ansietà.

Gesù, oggi, ci indica come vivere questo prezioso tempo di Avvento:

"Gesù disse ai suoi discepoli: ?Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo avere lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito e ha ordinato al portiere di vegliare.

Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se la sera o a mezzanotte o al canto del gallo o di mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate". (Mc. 13, 33-37)

E un modo di ?vegliare', cioè attendere la venuta di Gesù a Natale, è quello di affidarsi alla preghiera, alla lettura della Parola, alla carità verso chi non ha.

In questi ultimi tempi, la Chiesa suggerisce di entrare nel mistero di Dio che, amandoci, vuole essere nostra luce, tornando alla lettura e alla meditazione della Parola di Dio, nella Sacra Scrittura.

È difficile? Direi proprio di no, ma è fondamentale come ha affermato spesso anche Papa Francesco:

«Leggere durante la giornata un passo del Vangelo. Perché, per imparare? No! Per trovare Gesù, perché Gesù è proprio nella Sua Parola, nel Suo Vangelo. Ogni volta che io leggo il Vangelo, trovo Gesù. Ma come ricevo questa Parola? Eh, si deve ricevere come si riceve Gesù, cioè con il cuore aperto, con il cuore umile, con lo spirito delle Beatitudini. Perché Gesù è venuto così, in umiltà. È venuto in povertà. È venuto con l'unzione dello Spirito Santo».

Basterebbe ?sacrificare' qualche momento della televisione, che ci annebbia l'anima, e fare spazio a Dio che, nella Sacra Scrittura, ci parla. Capiremmo il Natale.

Non solo, ma, mentre il consumismo fa del Natale l'idolatria dei doni, proviamo a programmare doni a chi non conosce neppure il necessario.

Quel dono, a Natale, sarà il modo più bello di annunziare che Dio è vicino a tutti, nasce per tutti.

Impossibile? Forse per chi ripete la storia di quanti, quando nacque Gesù, non offrirono ospitalità a Maria, una donna incinta, e a Giuseppe: ?Per loro non c'era posto!', ma non per chi ascolta la Parola.

Sono sempre parole di Papa Francesco: E' importante capire che l'ascolto della parola del Signore, la contemplazione, e il servizio concreto al prossimo non sono due atteggiamenti contrapposti... una preghiera che non porta all'azione concreta verso il fratello povero, malato, bisognoso di aiuto, è una preghiera sterile e incompleta. Ma, allo stesso modo, quando nel servizio ecclesiale si è attenti solo al fare, si dà più peso alle cose, alle funzioni, alle strutture, e ci si dimentica della centralità di Cristo, non si riserva tempo per il dialogo con Lui nella preghiera, si rischia di servire se stessi e non Dio presente nel fratello bisognoso... E' dalla contemplazione, da un forte rapporto di amicizia con il Signore che nasce in noi la capacità di vivere e di portare l'amore di Dio, la sua misericordia, la sua tenerezza verso gli altri. Non è il regalo che ci fa buoni, ma è farsi dono che ci fa conoscere l'Amore e suscita la gioia.

Vorrei pregare in questo tempo Maria, la Mamma di Gesù e nostra, con le parole del caro don Tonino Bello: "Santa Maria donna del silenzio, riportaci alle sorgenti della pace.

Liberaci dall'assedio delle parole: dalle nostre, prima di tutto, ma anche da quelle degli altri.

Persuadici che solo nel silenzio maturano le grandi cose della vita: la conversione, l'amore, il sacrificio, la morte. Liberaci, ti preghiamo dagli appagamenti facili, dai rapporti comodi.

Apri il nostro cuore alle sofferenze dei fratelli.

E perché possiamo essere pronti ad intuirne la necessità donaci occhi gonfi di tenerezza e di speranza."

Omelia di mons. Antonio Riboldi

 

Liturgia e Liturgia della Parola della I Domenica di Avvento (Anno B che inizia) 30 novembre 2014

tratto da www.lachiesa.it