17 febbraio 2013 - Prima Domenica di Quaresima: nel deserto inizia il cammino della conversione pasquale

News del 12/02/2013 Torna all'elenco delle news

Iniziamo la Quaresima, il tempo più intenso e impegnativo dell'anno liturgico, con la lettura delle tentazioni di Gesù secondo il Vangelo di Luca (Lc.4,1-13).. Il "diavolo" tenta Gesù e Gesù, con grande lucidità, comprende che ciò a cui mira il diavolo è di coinvolgere lui nel suo sforzo di "tentare Dio": tentare Dio significa non avere fiducia in Lui, metterlo alla prova, pretendere di giudicare Dio, cercare di mettersi al di sopra di Dio, significa cercare di sconvolgere le relazioni con Lui. In questa esperienza delle tentazioni, l'identità profonda di Gesù si realizza come scelta radicale di libertà che si manifesta nella dinamica di tutta la sua vita: nella prova la persona deve scegliere, decidere, perché diventi visibile ciò che essa porta nella intimità più profonda di sé. Nelle tentazioni si manifesta la verità più profonda dell'essere di Gesù, il suo cuore, il suo modo di interpretare e di conseguenza di realizzare il suo essere figlio di Dio.
Il racconto delle tentazioni sia in Matteo che in Luca è preceduto dal battesimo. Si tratta di due testi inseparabili: nel battesimo lo Spirito Santo scende dal Padre su Gesù in forma di colomba e una voce viene dal cielo: "Tu sei il mio Figlio amato,". Proprio perché Gesù ha accettato fino in fondo la propria umanità, il Padre lo ha amato, gli ha dato il suo Spirito e lo ha proclamato suo Figlio.
Nelle tentazioni è ancora lo Spirito santo che sospinge il Figlio di Dio e lo sostiene nella solidarietà con gli uomini peccatori. Lo Spirito santo agisce sempre come dinamismo di condivisione: nelle tentazioni lo Spirito conduce Gesù nel deserto perché possa incontrare Dio pur senza separarsi dagli uomini. Gesù è "pieno di Spirito santo", è "condotto dallo Spirito": è totalmente abitato, spinto dallo Spirito che gli viene dato come puro dono dal Padre. Gesù non reclama mai la sua parte di Spirito santo come fa il figlio più giovane della parabola e a differenza del figlio maggiore, non rimane presso il Padre senza amore e senza gioia: rimane presso il Padre con la felicità che gli deriva dalla certezza che "tutto quello che è del Padre è pure del Figlio" (Lc.15).
A Gesù nel deserto si accosta il "diavolo" per tentarlo: il "diavolo" è "colui che separa"; il "deserto" è luogo carico di significati opposti nella Bibbia, luogo di infedeltà e di fiducia; la tentazione è una prova per la fede, una prova della fiducia in Dio. La Parola del Padre si è manifestata: "Tu sei il mio Figlio amato: in te la mia compiacenza". Dio è l'amore fedele: Gesù ormai è solo trasparenza di Dio. E' Figlio, non ha più niente da temere, da conquistare, perché ormai gli è donato tutto: non c'è più nessun motivo di ansia in lui, non ha nessun bisogno di convincersi, di amarezza o di avidità verso ciò che non ha, come avviene in noi e che può renderci prigionieri delle cose o degli altri. Il Padre gli ha dichiarato tutta la sua compiacenza: Gesù, avvolto dallo Spirito santo, è il Figlio nella pienezza della libertà.
Per quaranta giorni Gesù è nel deserto: anche questo numero ha un significato particolare nella Bibbia, indica in realtà la durata della storia, il mistero dell'attraversamento di Gesù nella storia (e in lui, del popolo di Dio, della Chiesa). Gesù "nato di Spirito santo", "pieno di Spirito santo" è "nato da donna", è e rimane in profonda "comunione con i peccatori" (non per niente Luca fa precedere il racconto delle tentazioni con la genealogia di Gesù, fino ad Adamo): è il Figlio amato perché realizza il progetto del Padre di lasciarsi generare da Lui pur condividendo la fragilità degli uomini.
Tutto il Vangelo di Luca ci mostrerà questa dinamica realizzata da Gesù: essere il Figlio del Padre proprio perché in piena libertà ama l'umanità, condivide la carne umana e la riempie della gloria del Padre. La comunione con il Padre e con gli uomini è operata in Gesù dallo Spirito santo: "il diavolo" con le sue tentazioni si manifesta proprio nel cercare di strappare la comunione e l'unità: "Se tu sei il Figlio di Dio...", se tu sei il figlio di Dio non puoi essere fragile come gli uomini; o se tu non sei il figlio di Dio, la Parola che hai ascoltato ti ha ingannato; se lo sei, mostralo, fa una scelta a tuo vantaggio, salvati, sazia la tua fame e la fame di tutti gli uomini, fa una cosa buona, "dì a questa pietra che diventi pane", tutti ti seguiranno, a che serve essere Figlio di Dio se non lo mostri, se non fai una cosa che tutti desiderano? Ma Gesù risponde: "Sta scritto...": la scelta di Gesù è l'ascolto del Padre, rimanere nella sua volontà, essere il Figlio che vive la gloria del Padre condividendo e amando la fragilità e la debolezza degli uomini. "Non di solo pane vivrà l'uomo": il pane che fa vivere gli uomini è quello che il Padre dona, non quello che il Figlio dimostra di poter dare agli uomini. La scelta di Gesù è di rimanere come Figlio nel Padre, di fare solo quello che piace al Padre e di agire nel modo che a lui piace.
"Ti darò tutto questo potere. Se ti prostrerai in adorazione davanti a me, tutto sarà tuo". E' la seconda tentazione: il diavolo "portò Gesù in alto" e gli mostrò tutti i regni della terra. Lo Spirito santo lo aveva condotto nel deserto, il diavolo lo tira fuori dal deserto, lo "pone in alto" e gli mostra una realtà deformata, non come la vede il Padre come il luogo dell'amore, realtà fragile ma condivisa dal Figlio. E' il potere, il dominio, la forza, che può trasformare la terra o l'amore? Dio è presente nel mondo con il Figlio che condivide la fragilità oppure con i potenti che ne manifestano la forza? La scelta di Gesù è ancora l'adesione totale alla Parola di Dio, la libertà di accogliere la novità di una forza che è dono gratuito del Padre, l'amore che trasforma il mondo facendone il regno di Dio, il coraggio di non cadere nell'illusione di una potenza "diabolica" che divide l'umanità in dominatori e deboli, di non entrare nel gioco di alleanze di falsi poteri per i quali non c'è nessun amore, ma c'è solo il tessersi di trame in cui niente è dato per niente, pieno di dubbi, sospetti e timori.
La terza tentazione avviene in Gerusalemme, sul punto più alto del tempio: è la più subdola perché nasce dall'interno dell' "esperienza religiosa": "Se tu sei il figlio di Dio..." e il diavolo cita la Parola di Dio. La risposta di Gesù esprime tutta la radicalità della sua scelta, la pienezza e il coraggio della sua libertà di Figlio: "Non tenterai il Signore tuo Dio". Gesù è tutto e solo affidato al Padre: vive pienamente la sua umanità, senza scorciatoie, senza cercare gratificazioni, anche nell'oscurità della più totale spogliazione: per questo il Padre lo ama e per questo gli uomini possono credere in lui. 

Omelia di mons. Gianfranco Poma (Non tenterai il Signore tuo Dio)

 
Nesso logico tra le letture

Non è difficile scoprire, nelle tre letture di oggi, una confessione di fede o piccolo "credo". Il credo del popolo israelita, professato nel tempio, durante la festa delle Primizie: "Mio padre era un arameo errante... Il Signore ci diede questa terra che emana latte e miele. Per questo, traggo le primizie di questa terra che il Signore mi ha dato" (prima lettura). Le tre risposte che Gesù dà a satana nel testo evangelico costituiscono una confessione di fede esistenziale da parte di Gesù: "Non di solo pane vive l'uomo", "Adorerai il Signore tuo Dio", e "Non tentare il Signore tuo Dio". Infine, nella seconda lettura si trova una formula molto concisa ed antica di professione cristiana: "Gesù è il Signore", che Dio ha risuscitato dai morti.

La confessione di fede di Gesù. In un momento tanto esistenziale, come è la tentazione, e in certe circostanze tanto favorevoli per cadervi, Gesù esce vincitore mediante il ricorso alla Parola del Dio vivo. Di fronte alla prima tentazione, di carattere materiale ed economico (fa' che queste pietre si trasformino in pane), Gesù confessa che ci sono beni superiori all'alimento, e che non si può ridurre l'essere umano a un oggetto di consumo, ad un homo oeconomicus, senza trascendenza. Agli attacchi diabolici nel campo politico, che lo invitano ad usare mezzi illeciti e ingiusti per ottenere potere e influenza (tutti i regni della terra io ti darò...), e a lasciare al margine la volontà di Dio, Gesù confessa con vigore che non è disposto a lasciarsi ingannare dall'ambizione di potere, e che Dio è per lui un assoluto e basta ("Adorerai il Signore tuo Dio"). Quando, nella terza tentazione, satana lo attacca dal lato della religione, citando la Sacra Scrittura, ed inducendolo a chiedere a Dio un miracolo, Gesù dichiara apertamente che
l'uomo non deve mai mettere alla prova Dio (Non mettere alla prova il Signore tuo Dio). Le tentazioni di Gesù (economica, politica, religiosa), sono le tentazioni del popolo di Israele nel deserto. E sono le tentazioni di ogni uomo. Il popolo di Israele è soggiaciuto ad esse, Gesù le ha vinte, all'uomo è stata data da Cristo la capacità di vincerle, se accetta il mistero della Redenzione.

La fede cristiana non è "idee", ma "storia". Il "credo" che ci presenta la liturgia odierna non è formato da alcune idee elevate su Dio, la sua essenza e i suoi attributi, o sulla ragione di essere dell'uomo e del mondo nella mente divina. Il "credo" del popolo di Israele, di Gesù e della comunità cristiana è un credo marcato dalle vicissitudini storiche di un popolo, di un uomo-Dio, di una comunità credente. Il credo di Israele inizia con la storia di Giacobbe, un arameo errante, e della sua discendenza, condotti da Dio, nel corso di due secoli, fino a portarli alla terra promessa. Gesù, nella sua confessione davanti alle tentazioni, che cosa fa', se non situarle nelle relazioni della storia stessa di Dio con il suo popolo? Il credo del popolo cristiano si fonda sulla storia di Gesù di Nazaret, costituito Signore da suo Padre, con il resuscitarlo dai morti. Le idee non sono per essere credute, ma per essere pensate; la storia, quando Dio entra in essa, non deve essere tanto oggetto di riflessione, quanto di professione di fede.

Due fedeltà che Dio vuole unite. I testi liturgici manifestano la stupenda fedeltà di Dio all'uomo. In mezzo alle oscurità e agli "assurdi" della storia, Dio camminò fedelmente accanto al suo popolo in Egitto, nel lungo errare per il deserto, fino ad introdurlo alla terra promessa ad Abramo (prima lettura). Dio fu allo stesso modo fedele nei confronti di suo Figlio, Gesù Cristo, davanti ai duri attacchi del demonio, e davanti alla tremenda sconfitta della morte (vangelo, seconda lettura). Dio vuole che a questa fedeltà sua si unisca la fedeltà dell'uomo. Gesù unì la sua fedeltà a quella del Padre in un modo straordinario. Gli israeliti del deserto non risponderanno con la stessa fedeltà. All'uomo, al cristiano di oggi, viene offerta l'alternativa: sceglierà di unire la sua fedeltà a quella di Dio, come Gesù Cristo?


Confessare la fede in un mondo tentatore. La tentazione è una compagna inseparabile della vita umana. Il tentatore è uno solo, e tanto orgoglioso che non ha remore nel tentare lo stesso Figlio di Dio. Le forme che adotta e i mezzi che utilizza per tentare gli uomini vanno cambiando con i tempi, i costumi, le culture, anche se le tentazioni fondamentali sono sempre le stesse: Avere, potere, sapere, piacere. In qualsiasi tentazione immaginabile si include qualcuno di questi ingredienti. La società attuale offre al tentatore un ventaglio di possibilità numerosissime. Diciamo che le forme e i modi che il demonio possiede di tentare l'uomo di oggi sono cresciute in una maniera geometrica, e l'uomo è stato in certo modo sorpreso da questa valanga di tentazioni, e con non poca frequenza vive abbastanza sprovvisto e poco protetto di fronte ad esse. Come credenti in Cristo, è un onore per noi e una grande audacia confessare la nostra fede in mezzo a questo mondo tentatore, che si è riproposto di dimenticarla, di affogarla e di emarginarla tra le cose inutili che non si osa abbandonare del tutto. Le tentazioni provenienti dal mando saranno per noi una occasione importante per confessare Gesù Cristo, nostro Dio e Signore, e, mediante la nostra confessione di fede, per vincere la tentazione con la forza di Dio. Non dobbiamo aver paura di questo mondo tentatore. "Questa è la vittoria che vince il mondo: la vostra fede".

Non lasciarci cadere in tentazione. Il cristiano, come qualsiasi altro essere umano, è debole, ed ha altresì la coscienza di esserlo. Ma lo accompagna anche la coscienza di possedere una forza superiore, che gli viene da Dio. Poiché è debole, è convito che le aggressioni del tentatore possano distruggerlo. Poiché conta sulla forza di Dio, è sicuro che non c'è tentazione, per potente che sia, che non possa vincere. Per questo il cristiano, chiede varie volte al giorno nel padrenostro: "Non lasciarci cadere in tentazione". Ovviamente, si riferisce a qualsiasi tentazione, ma in modo speciale a quella grande tentazione che è l'idolatria e l'apostasia. Il culto di altri "dei" o idoli sta in agguato fortemente all'uomo attuale, perché nel supermercato della religione e del sacro, insieme a "prodotti" genuini, ce ne sono molti che sono succedanei e non autentici. Anche l'apostasia è molto tentatrice nel nostro tempo. Apostata è chi rinnega la religione cristiana. Al giorno d'oggi, forme light di apostasia potrebbero considerarsi il sincretismo religioso promosso in parte dall'ignoranza e in parte dall'accentuazione del sentimento, l'ateismo pratico di chi si chiama cristiano, ma vive come pagano, l'atteggiamento agnostico di non pochi santoni liberali e laici, che officiano nel panteon della dea scienza e del Dio progresso e gli rendono culto. Come individui, e come membri della Chiesa, preghiamo tutti i giorni con fervore il padrenostro, e chiediamo umilmente al Signore che "non ci lasci cadere in tentazione".
 

Liturgia  e  Liturgia della Parola di domenica 17 febbraio 2013, I domenica di Quaresima (Anno C)


"La tentazione di Cristo" (1308-1311), opera di Duccio di Buoninsegna, fa parte della tavola della "Maestà", una delle opere più significative dell'arte italiana, una grande tavola di 125 x 232 cm realizzata come pala per l'altare maggiore del Duomo di Siena ed attualmente esposta nel Museo dell'Opera metropolitana del Duomo. Sul lato posteriore, destinato alla visione del clero erano dipinte alcune scene della Passione e Resurrezione di Cristo, divise in formelle, di cui non tutte si sono conservate, ed alcune sono disperse in altre collezioni come quella del Museo Frick di New York.