Quaresima e Conversione: catechesi del Papa all'udienza del Mercoledì delle Ceneri

News del 11/02/2013 Torna all'elenco delle news

Il Papa ha dedicato l’udienza generale del Mercoledì delle Ceneri, alla Quaresima: sono “quaranta giorni che ci preparano alla celebrazione della Santa Pasqua – ha detto - è un tempo di particolare impegno nel nostro cammino spirituale. Il numero quaranta ricorre varie volte nella Sacra Scrittura. In particolare, esso richiama i quarant’anni in cui il popolo di Israele peregrinò nel deserto: un lungo periodo di formazione per diventare il popolo di Dio, ma anche un lungo periodo in cui la tentazione di essere infedeli all’alleanza con il Signore era sempre presente. Quaranta furono anche i giorni di cammino del profeta Elia per raggiungere il Monte di Dio, l’Horeb; come pure il periodo che Gesù passò nel deserto prima di iniziare la sua vita pubblica e dove fu tentato dal diavolo. In questa Catechesi vorrei soffermarmi proprio su questo momento della vita terrena del Figlio di Dio, che leggeremo nel Vangelo di domenica prossima”.
“Anzitutto il deserto, dove Gesù si ritira – ha affermato - è il luogo del silenzio, della povertà, dove l’uomo è privato degli appoggi materiali e si trova di fronte alle domande fondamentali dell’esistenza, è spinto ad andare all’essenziale e proprio per questo gli è più facile incontrare Dio. Ma il deserto è anche il luogo della morte, perché dove non c’è acqua non c’è neppure vita, ed è il luogo della solitudine, in cui l’uomo sente più intensa la tentazione. Gesù va nel deserto, e là subisce la tentazione di lasciare la via indicata da Dio Padre per seguire altre strade più facili e mondane (cfr Lc 4,1-13). Così Egli si carica delle nostre tentazioni, porta la nostra miseria, per vincere il maligno e aprirci il cammino verso Dio, il cammino della conversione”.
Il Papa ha detto che “riflettere sulle tentazioni a cui è sottoposto Gesù nel deserto è un invito per ciascuno di noi a rispondere ad una domanda fondamentale: che cosa conta davvero nella nostra vita? Nella prima tentazione il diavolo propone a Gesù di cambiare una pietra in pane per spegnere la fame. Gesù ribatte che l’uomo vive anche di pane, ma non di solo pane: senza una risposta alla fame di verità, alla fame di Dio, l’uomo non si può salvare (cfr vv. 3-4). Nella seconda, il diavolo propone a Gesù la via del potere: lo conduce in alto e gli offre il dominio del mondo; ma non è questa la strada di Dio: Gesù ha ben chiaro che non è il potere mondano che salva il mondo, ma il potere della croce, dell’umiltà, dell’amore (cfr vv. 5-8). Nella terza, il diavolo propone a Gesù di gettarsi dal pinnacolo del Tempio di Gerusalemme e farsi salvare da Dio mediante i suoi angeli, di compiere cioè qualcosa di sensazionale per mettere alla prova Dio stesso; ma la risposta è che Dio non è un oggetto a cui imporre le nostre condizioni: è il Signore di tutto (cfr vv. 9-12). Qual è il nocciolo delle tre tentazioni che subisce Gesù? E’ la proposta di strumentalizzare Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e il proprio successo. E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare superfluo. Ognuno dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita? E’ Lui il Signore o sono io?”.
Il Papa ha proseguito: “Superare la tentazione di sottomettere Dio a sé e ai propri interessi o di metterlo in un angolo e convertirsi al giusto ordine di priorità, dare a Dio il primo posto, è un cammino che ogni cristiano deve percorrere. “Convertirsi”, un invito che ascolteremo molte volte in Quaresima, significa seguire Gesù in modo che il suo Vangelo sia guida concreta della vita; significa lasciare che Dio ci trasformi, smettere di pensare che siamo noi gli unici costruttori della nostra esistenza; significa riconoscere che siamo creature, che dipendiamo da Dio, dal suo amore, e soltanto «perdendo» la nostra vita in Lui possiamo guadagnarla. Questo esige di operare le nostre scelte alla luce della Parola di Dio. Oggi non si può più essere cristiani come semplice conseguenza del fatto di vivere in una società che ha radici cristiane: anche chi nasce da una famiglia cristiana ed è educato religiosamente deve, ogni giorno, rinnovare la scelta di essere cristiano, dare a Dio il primo posto, di fronte alle tentazioni che una cultura secolarizzata gli propone di continuo, di fronte al giudizio critico di molti contemporanei”.
“Le prove a cui la società attuale sottopone il cristiano, infatti – ha sottolineato - sono tante, e toccano la vita personale e sociale. Non è facile essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana, lasciare spazio alla preghiera e al silenzio interiore; non è facile opporsi pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie, quali l’aborto in caso di gravidanza indesiderata, l’eutanasia in caso di malattie gravi, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie. La tentazione di metter da parte la propria fede è sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita. Ci sono di esempio e di stimolo le grandi conversioni come quella di san Paolo sulla via di Damasco, o di sant’Agostino, ma anche nella nostra epoca di eclissi del senso del sacro, la grazia di Dio è al lavoro e opera meraviglie nella vita di tante persone. Il Signore non si stanca di bussare alla porta dell’uomo in contesti sociali e culturali che sembrano inghiottiti dalla secolarizzazione, come è avvenuto per il russo ortodosso Pavel Florenskij. Dopo un’educazione completamente agnostica, tanto da provare vera e propria ostilità verso gli insegnamenti religiosi impartiti a scuola, lo scienziato Florenskij si trova ad esclamare: “No, non si può vivere senza Dio!”, e a cambiare completamente la sua vita, tanto da farsi monaco”.
Benedetto XVI si è riferito “anche alla figura di Etty Hillesum, una giovane olandese di origine ebraica che morirà ad Auschwitz. Inizialmente lontana da Dio, lo scopre guardando in profondità dentro se stessa e scrive: “Un pozzo molto profondo è dentro di me. E Dio c’è in quel pozzo. Talvolta mi riesce di raggiungerlo, più spesso pietra e sabbia lo coprono: allora Dio è sepolto. Bisogna di nuovo che lo dissotterri” (Diario, 97). Nella sua vita dispersa e inquieta, ritrova Dio proprio in mezzo alla grande tragedia del Novecento, la Shoah. Questa giovane fragile e insoddisfatta, trasfigurata dalla fede, si trasforma in una donna piena di amore e di pace interiore, capace di affermare: “Vivo costantemente in intimità con Dio”. La capacità di contrapporsi alle lusinghe ideologiche del suo tempo per scegliere la ricerca della verità e aprirsi alla scoperta della fede è testimoniata da un’altra donna del nostro tempo, la statunitense Dorothy Day. Nella sua autobiografia, confessa apertamente di essere caduta nella tentazione di risolvere tutto con la politica, aderendo alla proposta marxista: “Volevo andare con i manifestanti, andare in prigione, scrivere, influenzare gli altri e lasciare il mio sogno al mondo. Quanta ambizione e quanta ricerca di me stessa c’era in tutto questo!”. Il cammino verso la fede in un ambiente così secolarizzato era particolarmente difficile, ma la Grazia agisce lo stesso, come lei stessa sottolinea: “È certo che io sentii più spesso il bisogno di andare in chiesa, a inginocchiarmi, a piegare la testa in preghiera. Un istinto cieco, si potrebbe dire, perché non ero cosciente di pregare. Ma andavo, mi inserivo nell’atmosfera di preghiera…”. Dio l’ha condotta ad una consapevole adesione alla Chiesa, in una vita dedicata ai diseredati”.
“Nella nostra epoca – ha aggiunto - non sono poche le conversioni intese come il ritorno di chi, dopo un’educazione cristiana magari superficiale, si è allontanato per anni dalla fede e poi riscopre Cristo e il suo Vangelo. Nel Libro dell’Apocalisse si legge: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3, 20). Il nostro uomo interiore deve prepararsi per essere visitato da Dio, e proprio per questo non deve lasciarsi invadere dalle illusioni, dalle apparenze, dalle cose materiali”.
In questo Tempo di Quaresima, nell’Anno della fede – ha concluso - rinnoviamo il nostro impegno nel cammino di conversione, per superare la tendenza di chiuderci in noi stessi e per fare, invece, spazio a Dio, guardando con i suoi occhi la realtà quotidiana. L’alternativa tra la chiusura nel nostro egoismo e l’apertura all’amore di Dio e degli altri, potremmo dire che corrisponde all’alternativa delle tentazioni di Gesù: alternativa, cioè, tra potere umano e amore della Croce, tra una redenzione vista nel solo benessere materiale e una redenzione come opera di Dio, cui diamo il primato nell’esistenza. Convertirsi significa non chiudersi nella ricerca del proprio successo, del proprio prestigio, della propria posizione, ma far sì che ogni giorngiorno, nelle piccole cose, la verità, la fede in Dio e l’amore diventino la cosa più importante”. giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede in Dio e l’amore diventino la cosa più importante”.

 

La Chiesa vive oggi l’inizio della Quaresima e la Messa delle Ceneri che presiederà nel pomeriggio sarà per Benedetto XVI l’ultima grande celebrazione nella Basilica di San Pietro. Per questo motivo, prevedendo un massiccio afflusso di fedeli, i riti sono stati spostati dalle Basiliche romane di Sant’Anselmo e Santa Sabina in quella vaticana, dove il Papa giungerà alle 17. Stamani nell'Aula Paolo VI in Vaticano la penultima udienza generale di questo Pontificato. In questi anni, Benedetto XVI ha molto approfondito il valore della conversione, tipico di questo periodo liturgico. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune riflessioni:
La Quaresima è la porta che immette in una dimensione che fa brillare tutto ciò che è tipicamente cristiano – conversione personale, carità verso il prossimo, sobrietà di vita – in modo serrato e con più intensità, come diamanti nella vetrina di un gioielliere. Ma a nulla varrebbero – una confessione in più, un’elemosina, un digiuno – se anche nel cuore, oltre che sulla testa, non si depositasse un pugno di cenere, se cioè ognuno di quei gesti non fosse frutto di un consapevole atto di umiltà di fronte a Dio e non, come per il fariseo del Vangelo, una sofferenza esibita per un pugno di applausi. Questo ha insegnato Benedetto XVI, il Papa umile, perché da sempre orientato a cercare l’amore di Dio:
Conversione consiste nell’accettare liberamente e con amore di dipendere in tutto da Dio, il vero nostro Creatore, di dipendere dall’amore. Questa non è dipendenza ma libertà. Convertirsi significa allora non inseguire il proprio successo personale - che è una cosa che passa - ma, abbandonando ogni umana sicurezza, porsi con semplicità e fiducia alla sequela del Signore perché per ciascuno Gesù diventi, come amava ripetere la beata Teresa di Calcutta, il mio tutto in tutto".
La destinazione dell’uomo “è più alta”, ha ripetuto il Papa, ricordando che “non siamo noi che abbiamo fatto noi stessi” e che “l’essere umano non è l’architetto del proprio destino eterno”. In altre parole, la conversione…
“…non è una semplice decisione morale, che rettifica la nostra condotta di vita, ma è una scelta di fede, che ci coinvolge interamente nella comunione intima con la persona viva e concreta di Gesù. Convertirsi e credere al Vangelo non sono due cose diverse o in qualche modo soltanto accostate tra loro, ma esprimono la medesima realtà”.
Ma certo, l’umiltà è virtù “difficile”. Un capo che si china per molti è il segno della sconfitta, l’atto sociale di un “perdente”. Questo perché, ha affermato in diverse circostanze Benedetto XVI, si dimentica che la vita cristiana non è tanto una legge da ossequiare, ma l’incontro con una Persona, Gesù. E c’è solo un modo per imparare a entrarvi in contatto, la preghiera. Ce lo ha insegnato il Papa, che anche in questo è un maestro:
“La Chiesa sa che, per la nostra debolezza, è faticoso fare silenzio per mettersi davanti a Dio, e prendere consapevolezza della nostra condizione di creature che dipendono da Lui e di peccatori bisognosi del suo amore; per questo, in Quaresima, invita ad una preghiera più fedele ed intensa e ad una prolungata meditazione sulla Parola di Dio”.
 

tratti da www.news.va - radio vaticana: 13 febbraio 2013

Grande accoglienza e affetto per Benedetto XVI durante la sua penultima udienza generale del Pontificato, nell'Aula Paolo VI in Vaticano. Queste le parole rivolte all'inizio dell'udienza ai fedeli presenti: 
"Cari fratelli e sorelle come sapete ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede. Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura. Ringrazio tutti per l’amore e la preghiera con cui mi avete accompagnato… Ho sentito quasi fisicamente, in questi giorni per me non facili, la forza della preghiera, che l’amore della Chiesa, la vostra preghiera, mi porta. Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa. Il Signore ci guiderà. 
 

tratti da www.news.va - radio vaticana: 13 febbraio 2013