10 febbraio 2013 - V Domenica del Tempo Ordinario: Pescare in un mondo che ha bisogno di Dio

News del 04/02/2013 Torna all'elenco delle news

La quinta domenica del tempo ordinario ci presenta la pesca miracolosa nel lago di Gennesaret. Gesù interviene a favore del gruppo dei discepoli che, delusi di come erano andate le cose, alquanto scoraggiati e sicuramente esperti in questo campo, poco credevano inizialmente all'invito di Gesù di ritornare in mare, di prendere il largo, in quanto a riva si pesca poco, e di calare le reti nuovamente. Quello che successo è raccontato dal testo del Vangelo di Luca che leggiamo oggi nella liturgia della parola di Dio. Fu tanta e tale la quantità di pesci pescati di ottima qualità che le reti si rompevano. Al di là del fatto prettamente di cronaca resta il suo significato simbolico, con evidenti richiami alla missione della chiesa chiamata ad evangelizzare, oggi e sempre, in un mondo che ha bisogno di Dio, soprattutto nei momenti più difficili della sua storia. E mai come oggi questo impegno missionario si fa urgente nel nostro tempo.
Il testo del vangelo di Luca, infatti, mette come preambolo alla pesca miracolosa il fatto che intorno a Gesù si faceva ressa, c'era tanta gente, perché bisognosa di ascoltare la sua parola. Quanto sia importante mettersi in questo atteggiamento di ascolto per capire davvero la volontà di Dio nella nostra vita, soprattutto quando albeggia nella nostra esistenza umana qualche croce e sofferenza. Ci prende l'ansia di non farcela, subentra lo stato di abbattimento e di abbandono, di scoraggiamento, come capitò agli apostoli dopo una nottata di lavoro in mare senza prendere nulla. Penso alle tante delusioni degli operai che lavorano tanto e non prendono quasi nulla o agli immigrati che lavorano tutto il giorno e vengono retribuiti con paghe da fame e sfruttamento. Ma penso anche alle tante nostre speranze che vengono deluse se muovendoci nella nostra vita lo facciamo senza l'aiuto di Dio e confidando sulle nostre esclusive forze. Basta una "pesca" deludente e ci accorgiamo di quanto abbiamo bisogno di confidare nell'aiuto del Signore e contare sulla sua parola, accettare il suo invito per ricominciare un'avventura, una nuova esperienza con la sua presenza costante, che è soprattutto comunione eucaristica, ma anche comunione con i fratelli nella fede.
Il testo del Vangelo ci aiuta a comprendere i vari aspetti di questo itinerario spirituale che siamo chiamati a compiere strettamente congiunti al Signore. Davanti alla proposta di Cristo di cambiare radicalmente la nostra vita non possiamo rimanere indifferenti. I discepoli, dopo quel segno evidente di presenza e vicinanza di Dio nella loro vita, non hanno alcun dubbio, lasciano tutto e seguono Gesù. Ma per una sequela più fondata e certa è necessario convertirsi ed aprirsi al dialogo con Gesù, bisogna riconoscerci per quel che siamo: peccatori. Mentre Dio si rivela a noi come il Santo e la Luce.
E sul tema della conversione è incentrata la prima lettura della parola di Dio di oggi tratta dal libro del profeta Isaìa. Il profeta si riconosce indegno della sua missione, ben sapendo che andrà a parlare nel nome del Signore ad un popolo in situazione di peccato e di allontanamento da lui. Ma poi, con l'assistenza di Dio, il profeta accetta di assolvere alla sua missione e si rende disponibile al servizio della parola. Elia il profeta inviato da Dio compirà appieno la sua missione e la sua predicazione sarà incisiva e lascerà il segno nel popolo dell'Antica Alleanza. Esempio di vita per quanti sono chiamati oggi nella Chiesa a parlare di Dio con la loro bocca, con il loro cuore e soprattutto con la loro vita.
E sul tema dell'impegno missionario si incentra il brano della seconda lettura di oggi, tratto dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. L'urgenza della nuova evangelizzazione è ben richiamata dai documenti del magistero della Chiesa dal Concilio Vaticano II in poi, nei quali è ribadita la necessità di parlare di Dio e di Cristo in un mondo secolarizzato, ateo, che fonda le sue speranze sulle cose del mondo e sulla tecnica, sul progresso. San Paolo apostolo, nel contesto del suo tempo e cosciente della sua alta missione, parla apertamente di questo aspetto della vita dei credenti. La fedeltà alla parola di Dio, la completa adesione ai contenuti della fede, l'assoluta coerenza tra predicare e fare sono espressamente messe in risalto in questo brano dell'Apostolo delle Genti, che ci incoraggia. Gesù è morto per i nostri peccati ed è risorto dai morti per aprire a noi la strada della salvezza e della felicità eterna. La Chiesa come sposa di Cristo è chiamata a continuare nell'opera di evangelizzazione, nel segno della speranza cristiana e dell'eternità. La dura battaglia della vita va combattuta con le armi della fede e della totale fiducia in Dio. Quanto siamo in debito in questo noi uomini paurosi ed angosciati del tempo presente!
Sia questa la nostra semplice e sentita preghiera di oggi: Dio di infinita grandezza, che affidi alle nostre labbra impure e alle nostre fragili mani il compito di portare agli uomini l'annunzio del Vangelo, sostienici con il tuo Spirito, perché la tua parola, accolta da cuori aperti e generosi, fruttifichi in ogni parte della terra. Amen.       Omelia di padre Antonio Rungi 
 

Prendi il largo 
La liturgia oggi ci invita a leggere la pagina del Vangelo di Luca (Lc.5,1-10) che ha ispirato il Papa Giovanni Paolo II nella composizione della Lettera apostolica "Novo millennio ineunte", lo scritto pastorale forse più ricco del suo lungo pontificato. "All'inizio del nuovo millennio riecheggiano nel nostro cuore le parole con cui un giorno Gesù, dopo aver parlato alle folle dalla barca di Simone, invitò l'apostolo a "prendere il largo" per la pesca. Pietro e i primi compagni si fidarono della parola di Gesù e gettarono le reti. E avendolo fatto, presero una grande quantità di pesci. Prendi il largo. Questa parola risuona oggi per noi e ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro".
Oggi la Liturgia ci invita a rivivere l'esperienza che ha trasformato Simone in Pietro, che ha dato inizio al cammino della Chiesa, abbandonata totalmente alla forza della Parola di Cristo e per questo piena di speranza e di coraggio verso il futuro.
Con raffinata intelligenza spirituale, la Liturgia odierna accosta l'esperienza del profeta Isaia (Is.6,1-8) a quella di Pietro, facendoci leggere i racconti delle loro vocazioni. Le circostanze in cui esse avvengono sono diverse: ma anche questo fatto è significativo. Per Isaia l'evento accade con una visione grandiosa, nel Tempio di Gerusalemme avvolto dai fumi dell'incenso. Simone è invece sul lago di Gennesaret, dove si svolge la sua vita e il suo lavoro quotidiano.
Entrambi sono imprevedibilmente di fronte alla presenza di Dio: Isaia con una visione, nel contesto di una solenne liturgia, Simone nel contesto per lui molto familiare di un mattino amaro per l'esito fallimentare di una pesca, quando una parola assurda per lui, pescatore esperto, irrompe imprevedibilmente e irresistibile per lui: "Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca". La risposta di Simone non è quella di un uomo ingenuo, dettata da un entusiasmo sentimentale, ma è piuttosto la reazione di un uomo esperto, stanco e deluso per una fatica risultata inutile. "Maestro, Simone si rivolge così a Gesù, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla", con l' amarezza di un uomo che conosce bene il mestiere e nello stesso tempo esprimendo tutta la sua fiducia in un Maestro la cui Parola è tanto autorevole. Così, Simone manifesta l'umiltà di saper mettere il disparte la sua competenza di pescatore provetto: egli sa benissimo che se non ha pescato niente tutta la notte, in acque a lui note, avrebbe avuto ancora minori probabilità di successo durante il giorno, in acque non adatte. Alla fiducia in se stesso, preferisce un atto di totale abbandono nella Parola di questo singolare Maestro che gli chiede di avventurarsi in acque sconosciute, di allargare gli orizzonti, di sperimentare tempi e metodi per lui completamente nuovi, e di coinvolgere nella sua esperienza i compagni che finora si sono fidati della sua abile e concreta competenza. "Ma sulla tua Parola getterò le reti": così, Simone introduce una radicale novità nella sua vita, alla fiducia in se stesso preferisce l'ascolto di una Parola che gli chiede l'adesione ad una logica totalmente nuova, la cui efficacia gli è ancora completamente sconosciuta.
Come Isaia, Simone sperimenta di essere imprevedibilmente messo di fronte alla presenza di Dio. Se per Isaia avviene con una visione, per Simone avviene con l'ascolto di una Parola, che gli chiede il coraggio dell'adesione totale e gli cambia radicalmente la vita: "fecero così e presero una grande quantità di pesci". E' interessante notare la precisione con cui Luca, sottolineando il coinvolgimento dei compagni, dice che la decisione radicale, l'ascolto della Parola è un atto personale di Simone: c'è una scelta che è libera, non emotiva, non facilitata da una condivisione comunitaria, e che solo la persona nella sua libera solitudine può fare.
Isaia e Simone hanno la stessa reazione di fronte all'irruzione di Dio nella loro vita: hanno la stessa coscienza della santità di Dio e dell'abisso che li separa da Lui. Isaia esce in un grido: "Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti". Luca introduce a questo punto del suo racconto una singolare novità: appare il nome di Simon Pietro, presente solo in Matt.16,16 e presente per 17 volte nel Vangelo di Giovanni. Proprio nel momento nel quale l'esperienza di Dio produce l'esperienza della fragilità dell'uomo se da una parte diventa evidente la insuperabile distanza dell'uomo da Dio, dall'altra Dio stesso coinvolge l'uomo nel suo progetto di salvezza del mondo: la fragilità di Simone, pur rimanendo intatta, diventa la pietra di cui Dio si serve. "Simone Pietro, al vedere tutto questo, si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: Signore, allontanati da me perché sono un peccatore".
L'indegnità umana non ferma l'amore di Dio: Dio chiede soltanto che l'uomo stia di fronte a lui, nella verità, perché solo così, egli può colmare la sua fragilità. Isaia e Simone sono presi da una specie di terrore di fronte a Dio: Isaia nella sua visione, vede compiersi un gesto che lo purifica e lo rassicura, e Simone ascolta la Parola di Gesù: "Non temere" e entrambi ricevono la chiamata a mettersi al servizio di Dio, Isaia come profeta e Simone come "pescatore di uomini" cioè come salvatore di uomini dal male.
"E, tirate le barche a riva, lasciando tutto, lo seguirono": e comincia così l'avventura affascinante e pure sempre drammatica, di coloro che hanno il coraggio di abbandonare tutto e di seguire Gesù. "Seguire" Gesù, significa non solo mettersi all'ascolto della sua Parola di Maestro, ma lasciarsi afferrare da Lui, il Signore, lasciarsi coinvolgere dal suo progetto.
"Seguire" Gesù significa essere afferrati dal mistero della collaborazione con Dio e sperimentare continuamente che la grazia di Dio opera nella debolezza dell'uomo: "abbandonare tutto", la propria sicurezza, i propri progetti, la propria logica, è la condizione che accompagna ogni attimo della vita di chi è afferrato da Dio.             Omelia di mons. Gianfranco Poma


Amore di Dio, convinzione e vocazione
Una differenza sostanziale intercorre fra la pagina di Isaia e quella del Vangelo di Luca, entrambi allusivi alla chiamata vocazionale. Nel caso del profeta figlio di Amoz, in seguito alla visione della magnificenza divina e dei cherubini, avviene che lo stesso Isaia si offre spontaneamente alla missione divina: "Chi manderò, chi andrà per noi?" "Eccomi, manda me" e questo è forse l'unico caso nella Scrittura nel quale l'eletto propone se stesso per un mandato di annuncio da parte di Dio. Nel brano evangelico, Luca narra di una pesca miracolosa al termine della quale il Signore chiama Pietro ad essere "pescatore di uomini". Il fenomeno che qui si descrive è differente da quello della pesca prodigale raccontata da Giovanni: in questa avviene che il Signore, ormai risorto, si mostra in incognito ai suoi discepoli e solo dopo il fatto della raccolta miracolosa il discepolo amato proclama "E' il Signore" (Gv 1, 1 - 8). Isaia si offre spontaneamente, in Luca è il Signore che chiama Simon Pietro per l'opera missionaria, ma nell'uno e nell'altro caso Dio è sempre il protagonista iniziale del dialogo confidente con l'uomo, che scaturisce nella chiamata vocazionale specifica.
Il procedimento percorre alcune tappe imprescindibili: la rivelazione di Dio al soggetto, l'accoglienza di questa rivelazione nella fiducia e nella spontaneità, il dialogo e la comunione fra Dio e l'uomo, la chiamata alla missione specifica. Come potrebbe instaurarsi infatti un rapporto di fiducia per un incarico importante senza opportune premesse di familiarità e di dialogo? E' proprio di Dio chiamare, qualche volta anche improvvisamente e ex abrupto, tuttavia non senza instaurare innanzitutto una relazione di dialogo con i suoi interlocutori, fondata sull'amore e sulla confidenza. Nella Scrittura si legge di smarrimenti iniziali da parte dei profeti, di scoraggiamenti, impressioni di incapacità ad eseguire il mandato loro affidato... Tutto però si risolve nell'intervento di Dio, che infonde sollievo e rinfranca. Dio non manca di incoraggiare, esortare, risollevare e ridare tempra e fiducia e questo sempre a vantaggio dei suoi emissari, i quali intraprendono la missione forti dello sprone e del sostegno ricevuto....Il tutto però scaturisce da un rapporto di confidenza imprescindibile fra Dio e l'uomo, che del resto caratterizza anche la Rivelazione: essa non è astratto indottrinamento di norme passive e sterili, non è un nozionismo esasperato di lezioni o moniti da apprendere e mettere puntualmente in atto, ma è la costruttiva ed esaltante autocomunicazione che Dio fa di se stesso all'uomo, l'intrattenimento che Dio instaura personalmente con tutti e con ciascuno.
Se non si concepisce la realtà dell'ì ncontro dell'uomo con Dio, neppure sarà possibile comprendere la propria vocazione: come mettere in atto il progetto divino su di noi se non si è entrati nell'ordine del dialogo e della relazione d'amore con Lui? Peggio ancora: come poter corrispondere alla nostra vocazione se non la si concepisce realmente come vocazione, cioè come chiamata trascendente che non dipende dalle nostre potenzialità e dalla nostre personali capacità?.. Omelia di padre Gian Franco Scarpitta (leggi ilTesto integrale)


Ripartire dal poco per donare tutto

Tirate le barche a terra lasciarono tutto e lo seguirono. Senza neppure sapere dove sarebbero andati, dove li avrebbe condotti! Lasciano il lago e trovano il mondo. Tutto è cominciato con una notte buttata, le reti vuote, la fatica inutile. Un gruppetto di pescatori delusi, indifferenti alla folla eccitata e al Maestro. E Gesù entra con delicatezza nelle loro vite, prega Simone di staccarsi un po' dalla riva. Lo prega: notiamo la finezza del verbo scelto da Luca: «Simone, per favore, ti prego!». Gesù maestro di umanità ci insegna quali sono le parole che, nel momento difficile, trasmettono speranza ed energia: non l'imposizione o la critica, non il giudizio o l'ironia, neanche la compassione. Ma una preghiera che fa appello a quello che hai: per quanto poco; a quello che sai fare: per quanto poco! Pietro, hai una barca, hai delle reti: ripartiamo da questo. Prendi il largo e getta le reti per la pesca. E si riempiono. Dio riempie la vita, dà una profondità unica a tutto ciò che penso e faccio; riempie le reti di ciò che amo e la vita di futuro. Simone si spaventa: «Allontanati da me perché sono solo un peccatore!». Gesù sulle acque del lago ha una reazione bellissima. Non risponde: «Non è vero, non sei peccatore, non più degli altri», non giudica, non minimizza, neppure assolve. Pronuncia due parole: «Non temere. Tu sarai». Ed è il futuro che si apre, il futuro che conta più del presente e di tutto il passato. Non vale la pena parlare del peccato: il bene possibile domani vale più del male di ieri, e le reti piene oggi più di tutti i fallimenti di ieri. Non temere, anche la tua barca va bene! La tua zattera, il tuo guscio di noce, la tua vita va bene per fare qualcosa per gli uomini. Il peccato rimane, ma non può essere un alibi per chiudersi a Dio e al futuro. Gesù dà fiducia, conforta la vita ma poi la incalza, riempie le reti ma poi te le fa lasciare lì. Ti impedisce di accontentarti. Sarai pescatore di uomini. Vuol dire: cercherai uomini, li raccoglierai da quel fondo dove credono di vivere e non vivono; mostrerai loro che sono fatti per un altro respiro, un altro cielo, un'altra vita! E il miracolo del lago non consiste nelle barche riempite di pesci, non nelle barche abbandonate, il miracolo grande è Gesù che non si lascia impressionare dai miei difetti, non è deluso di me, ma mi affida il suo vangelo: seguimi, anche tu puoi fare qualcosa per gli uomini e per Dio.      Omelia di padre Ermes Ronchi 

Liturgia della Parola della V Domenica del Tempo Ordinario (Anno C): 10 febbraio 2013