20 gennaio 2013 - II domenica del Tempo Ordinario: Dio viene come festa e come gioia

News del 09/01/2013 Torna all'elenco delle news

Dopo le feste del Natale inizia il tempo ordinario della liturgia con un cammino spirituale che si svolgerà in ascolto della parola di Dio che ci accompagnerà in queste domeniche senza particolari celebrazioni e ricorrenze. Nella seconda domenica del tempo ordinario il vangelo ci porta con Gesù e la Madonna ad un pranzo di nozze, a Cana di Galilea, dove Gesù partecipa con sua madre. Una bellissima esperienza che Gesù vuole consacrare e santificare con la sua presenza a protezione di quella famiglia nascente che nell'ordine della creazione e redenzione fonda il suo essere sul sacramento del matrimonio.
Sappiamo dal testo del Vangelo di Giovanni che oggi ascoltiamo cosa successe in quella circostanza. La festa andava avanti benissimo, ma verso la fine venne a mancare il vino. Sarebbe stato una piaga, un neo alla bellissima festa matrimoniale che sicuramente avrebbe inciso sul futuro di quella coppia. Si sarebbero cercate le colpe, accusato questo o quell'altro, determinando un atteggiamento di contrasto sulla famiglia appena costruita. L'intuizione della Madonna, che nota ed osserva ogni cosa, le donne sono sempre molto attente e vigilanti, soprattutto se hanno esperienza e sono madri, permette di togliere dall'imbarazzo quella coppia. Cosa fa? Non può lei direttamente intervenire, ma si fa mediatrice presso Gesù, perché quella coppia non abbia a soffrire fin dall'inizio del loro cammino coniugale. Gesù non vuole inizialmente esaudire la richiesta della Madre che chiede di operare il miracolo, ma poi data la sua insistenza (ad una mamma non si può dire mai no) compie il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino, tanto che esce fuori una qualità speciale, unica, del vino, tale da sorprendere tutti gli invitati.
E' importante evidenziare la scelta di questo primo miracolo di Gesù nella sua attività pubblica, ove un ruolo essenziale assume la vergine santa. Gesù rivela anche qui la sua potenza divina e come tutti i miracoli anche questo esprime la sua divinità, il suo essere il Salvatore, Colui che è vicino alle sofferenze e alle pene delle persone. Egli non abbandona mai nessuno nella prova, senza dare conforto e sollievo, anche se a volte questo sollievo non l'avvertiamo per niente. Qui Gesù è vicino alle sorti della famiglia. E come è importante capire che egli è vicino a tutte le famiglie del mondo, alle coppie in difficoltà, soprattutto in questo momento di grandi tristezze ed angosce con tutte le situazioni di miseria, povertà, dolore, morte che riguardano le famiglie del mondo. Gesù è vicino e la Vergine Santa non fa mancare il suo appello e il suo sostegno perché le cose, nonostante le infinite tragedie a cui assistiamo, possano trovare conforto ed aiuto nella protezione della Madre di Dio e Madre nostra.
Dalla prima lettura di oggi, tratta dal profeta Isaia, comprendiamo anche il senso di una chiamata alla vita coniugale e, più in generale, di ogni vocazione che rimane una chiamata all'amore ed al servizio disinteressato. Il profeta diventa coraggioso testimone della parola di Dio in un popolo che ha bisogno di guide e di persone capaci di annunciare con coraggio la verità: la verità su Dio e sull'uomo. Una verità spesso scomoda, ma che si deve necessariamente comunicare per non mistificare la realtà e falsificare i rapporti tra le persone. Israele necessita di uno scossone, di una rimotivazione, di un rilancio complessivo della sua vita e della sua identità. Vedo, in questo grido disperato del profeta, il grido dell'umanità sofferente, quello delle famiglie in cui la speranza è venuta meno e la gioia difficilmente la si esperimenta. D'altra parte la Chiesa è la famiglia di Dio, in essa con carismi diversi siamo chiamati a realizzare la nostra personale santificazione, senza abdicare ai nostri doveri, senza venir meno a quanto ci spetta da fare e soprattutto di essere.
E sul tema dei carismi, doni dello Spirito Santo, è incentrata la seconda lettura di oggi, tratta dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi. Un testo fondamentale per capire in quale realtà misteriosa siamo inseriti, in base al battesimo, perché nella chiesa c'è posto per tutti e tutti possono esercitare benissimo, senza contrapposizione alcuna, senza gelosia ed invidia, i carismi ricevuti che sono per il bene e l'utilità comune. Nessuno si deve sentire superiore all'altro, ma tutti devono avvertire la necessità di collaborare e contribuire al bene dell'unica famiglia di Dio, che è la Chiesa nostra Madre e Maestra.
Come non ritrovarsi nelle espressioni dell'Apostolo? Come non sentire l'urgenza di un impegno comunitario, fraterno. Come non fare ogni sforzo per eliminare dalla nostra vita gelosie, invidie, cattiverie, lotte per la sopravvivenza, per affermare noi rispetto ad altri. Tutto ciò, se è triste che avvenga nella società civile, specialmente quella attuale, è inammissibile che avvenga nella comunità dei credenti, nella Chiesa. Anche qui spesso bisogna lottare per trovare il proprio posto e spazio per vivere e testimoniare la fede. A volte la concentrazione eccessiva nelle mani di qualcuno dei servizi e ministeri non permette la comunione, né sviluppare la collaborazione e la condivisione. Dovremmo rivedere il nostro sistema di pensiero e di azione, soprattutto nell'ambito della comunità dei credenti ove tutti siamo utili e nessuno è indispensabile. La storia di 2010 anni di cristianesimo dovrebbe insegnarci tanto. Passano i re, i papi, i potenti, passa la gente comune, passano tutti, solo Dio resta, come ci ricorda una grande santa, Teresa d'Avila, che ha coscienza della sua "pochezza" pur essendo una grande in ogni senso. Spesso quei miseri nostri carismi diventano beni assoluti ed indispensabili e nella nostra umana illusione affermiamo con l'arroganza dei superbi che dopo di noi il buio ed il vuoto. Non è affatto così. Pur essendo importanti agli occhi di Dio e spesso anche utili al bene comune, dobbiamo avere la consapevolezza che tutto non è merito nostro, ma solo di Dio. Quel Dio che dobbiamo ringraziare per i doni ricevuti e che vanno messi a frutto non per l'affermazione egoistica di noi stessi, ma come impegno a far avanzare il Regno di Dio tra gli uomini.
Sia questa la nostra umile preghiera della domenica, giorno del Signore che vogliamo vivere facendo tesoro della parola del Dio: "Dio onnipotente ed eterno, che governi il cielo e la terra, ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo e dona ai nostri giorni la tua pace". Amen. 

Omelia di padre Antonio Rungi (Il miracolo del sostegno alla famiglia)

Dio viene come festa e come gioia

Con tutte le situazioni tragiche, le morti e le croci d'Israele, Gesù dà inizio alla sua missione quasi giocando con dell'ac­qua e con del vino. Schiavi e lebbrosi gridavano la loro disperazione e Gesù co­mincia non da loro ma da una festa di nozze. Deve es­serci sotto qualcosa di mol­to importante: è il volto nuovo di Dio, un Dio che viene come festa.
A lungo abbiamo pensato che Dio non amasse troppo le feste degli uomini. Il cristianesimo ha subìto come un battesimo di tristezza. Dice un filosofo: «I cristiani hanno dato il nome di Dio a cose che li costringo­no a soffrire!». Nel dolore Dio ci accompagna, ma non porta dolore. Lui be­nedice la vita, gode della gioia degli uomini, la ap­prova, la apprezza, se ne prende cura. Scrive Bonhoeffer: dobbiamo a­mare e trovare Dio precisa­mente nella nostra vita e nel bene che ci dà. Trovarlo e ringraziarlo nella nostra fe­licità terrena. Una festa di nozze: le nozze sono il luogo dove l'a­more celebra la sua festa. Ed è lì che Gesù pone il primo dei segni: il primo se­gnale da seguire nelle stra­de della vita è l'amore, for­za capace di riempire di mi­racoli la terra. «E viene a mancare il vi­no». Il vino, in tutta la Bib­bia, è simbolo di gioia e di amore, ma minacciati; la vita si trascina stanca­mente, occorre qualcosa di nuovo: Gesù stesso, volto d'amore di Dio.
Il vino che viene a manca­re è esperienza quotidiana: viene a mancare quel non­so-che che dà qualità alla vita, un non-so-che di e­nergia, di passione, di entusiasmo, di salute che dia sapore e calore alle cose.
Come uscirne? A due con­dizioni.
«Qualunque cosa vi dica, fatela». Fate il suo Vangelo; rendetelo gesto e corpo; tutto il Vangelo, il consiglio amabile, il comando esi­gente, la consolazione, il rischio. E si riempiranno le anfore vuote della vita.
«Riempite d'acqua le anfo­re». Solo acqua posso por­tare davanti al Signore, nient'altro che acqua. Ep­pure la vuole tutta, fino al­l'orlo. E quando le sei anfo­re della mia umanità, dura come la pietra e povera co­me l'acqua, saranno offer­te a Lui, colme di ciò che è umano e mio, sarà Lui a tra­sformare questa povera ac­qua nel migliore dei vini, immeritato e senza misura. A Cana, gli sposi non han­no meriti o diritti da van­tare. La loro povertà non è un ostacolo, ma una op­portunità per il Signore, un titolo per il suo intervento. Dio viene anche per me che non ho meriti; viene come festa e come gioia, come vino buono, e conta non i miei meriti ma il mio bisogno. 

Omelia di padre Ermes Ronchi
 

La Creazione

La trasformazione dell'acqua in vino alle nozze di Cana "fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù". Abbiamo già trovato nel Vangelo di san Giovanni la segnalazione di un inizio e precisamente nelle prime parole del Prologo: "In principio era il Verbo". A Cana di Galilea non siamo più all'inizio assoluto di tutte le cose, bensì ci troviamo al principio dell'attività pubblica del Signore.
"Tre giorni dopo, dice l'evangelista vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea". Ora questa indicazione va legata alle volte precedenti in cui si dice "il giorno dopo", e sono tre.
"Il giorno dopo" del Battesimo Giovanni Battista indica in Gesù "l'Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!" "Il giorno dopo" che il Battista aveva parlato, Giovanni e Andrea incontrano il Signore e lo seguono. "Il giorno dopo" ancora Gesù chiama Filippo.
A seconda di come si conta, ossia se si calcola o no il giorno del Battesimo, i fatti Cana sarebbero avvenuti o al sesto o al settimo giorno della prima settimana o settimana inaugurale.
Sappiamo che al sesto giorno della Creazione secondo il racconto della Genesi Dio plasmò Adamo dalla terra e dalla sua costola formò la prima donna Eva e gliela presentò. Perciò non è senza significato che il primo miracolo di Gesù si compia ad una festa di nozze. Gesù riprende l'opera del Padre da dove era stata interrotta in seguito alla prima colpa dei progenitori.
"Io credo in Dio Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra" dice il primo articolo del Credo. Per noi credenti il mondo non si è formato a caso, tantomeno è sempre esistito, ma ha avuto un inizio, ed anche una mente ordinatrice.
L'autore del libro della Sapienza così si esprime: "Dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore", cioè Dio stesso. E san Paolo nella lettera ai Romani conferma: "Attraverso le opere da Lui compiute vengono contemplate e comprese le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità."
La fede nella creazione è di capitale importanza. Essa infatti risponde agli interrogativi fondamentali che gli uomini di ogni tempo si sono posti: "Da dove veniamo?" "Dove andiamo?" "Qual è la nostra origine?" "Quale il nostro fine?" "Da dove viene e dove va tutto ciò che esiste?".
Dopo il peccato originale e la cacciata dal giardino di Eden, alla confusione esistenziale tenne dietro un turbamento intellettuale e morale.
Come dice sempre san Paolo nella lettera ai Romani gli antichi fino ai suoi contemporanei "pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un'immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili."
È la triste condizione del paganesimo dentro la quale, in assenza di una rivelazione diretta da parte di Dio, si brancola nell'incertezza del dubbio o nelle tenebre dell'errore.
Reagendo all'idolatria dilagante certi filosofi affermavano che tutto il mondo, preso nel suo complesso, è Dio; altri dicevano che il mondo è una parte di Dio, una sua emanazione sostanziale con Lui; altri ancora sostennero l'esistenza di due princìpi eterni, il Bene e il Male, in perpetuo conflitto tra loro.
La babele delle opinioni continua tra i moderni alcuni dei quali pensatori ammettono che il mondo sia stato fatto da Dio, ma alla maniera di un orologiaio che gli avrebbe dato solo la spinta iniziale; altri nel cosmo non vedono che il puro gioco della materia.
Invece l'autore della lettera agli Ebrei afferma: "Per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall'invisibile ha preso origine il mondo visibile."
Secondo la Bibbia la Creazione è l'inizio dell'alleanza, ossia Dio dopo aver fatto del mondo una degna dimora per Adamo avrebbe voluto elevarlo presto alla sua amicizia.
Chi non riesce a vedere questo perde non solo la poesia della creazione che brilla nello splendore della natura, ma anche la dimensione storica propriamente detta dell'umana avventura.
Se si pensa di venire dal caso si è soggetti al caso e non si trova un argine abbastanza forte da opporre al caos dentro cui mondo e storia minacciano di sprofondare.
Tutti abbiamo presenti i poco rassicuranti mostri orientali con il ghigno sprezzante dei loro musi, simbolo di una natura matrigna e crudele; ma anche dove nell'arte indiana sono rappresentate scene di danza cosmica di fatto si vuol mostrare l'inconsistenza del mondo soggetto a una specie di ingannevole balletto.
Attraverso il ciclo delle rinascite, per composizioni e scomposizioni successive, viene comunque impedito all'uomo di essere padrone di se stesso e del proprio destino.
Per noi cristiani non è così. Ce lo prova Gesù. Lui si è coinvolto nella storia umana, quella maggiore e quelle minori, come può essere le nozze dei due sposi del Vangelo che senza di Lui si sarebbero trovati a mal partito e che invece con la sua presenza riescono partire col piede giusto.
Il vino buono necessario, cioè la riserva di senso e di valori, nonostante le lodi del direttore del banchetto allo sposo rimane fuori della disponibilità umana, e ne può attingere solo chi lo riceve dalla presenza di Gesù Figlio di Dio, venuto a recuperare e a perfezionare l'opera del Creatore. 

Omelia di don Daniele Muraro
 

Ruminare i Salmi - Salmo 96,2 (II Domenica del tempo ordinario, anno C)

Salmo 96 (Vulgata/liturgia 95), 2
CEI Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza
TILC Ogni giorno annunziate: è lui che ci salva!
NV annuntiate de die in diem salutare eius.

Giovanni 2,5, Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

Cirillo Alessandrino: è Cristo che salva.

Siamo chiamati a testimoniare con la vita - facendo quello che lui ci dice - che la salvezza - nella varietà delle situazioni - sta nella comunione con Gesù.

Proclamate ogni giorno: "Gesù salva!"

http://www.youtube.com/watch?v=60rTnm9XM7M
http://youtu.be/60rTnm9XM7M
 

di don Marco Pratesi 

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) 20 gennaio 2013: Liturgia e Liturgia della Parola