5 agosto 2012 - XVIII Domenica del Tempo Ordinario: il pane del cielo donato dal Padre

News del 04/08/2012 Torna all'elenco delle news

Nel Vangelo di dome­nica scorsa Gesù di­stribuiva il pane, og­gi si distribuisce come pane, come un pane che si distrug­ge per dare vita: chi mangia di me non avrà fame, chi cre­de in me non avrà sete, mai!
L'uomo nasce affamato, ed è la sua fortuna. Il bambino ha fame di sua madre che lo nu­tre di latte, di carezze e di so­gni. Il giovane ha fame di a­mare e di essere amato. Gli sposi hanno fame l'uno del­l'altra e poi di un frutto in cui si incarni il loro amore. E quando hai raggiunto tutto questo e dovresti sentirti appagato, a quel punto: ci hai fatti per te e inquieto è il no­stro cuore finché non riposa in te (sant'Agostino).
C'è una fame più grande, fa­me di cielo, fame di Dio. Fa­me di amare e di essere ama­ti, fame di felicità e di pace per noi e per gli altri. Fame di vi­ta più grande, più intensa. E­terna.
Ma tu, Gesù di Nazaret, che co­sa porti? Grande domanda, la cui risposta è semplice e fol­gorante: come allora ha dato la manna, oggi ancora Dio dà.
Due parole semplicissime ep­pure chiave di volta del Van­gelo: Dio dà. Dio non chiede, Dio dà. Dio non pretende, Dio offre. Dio non esige nulla, do­na tutto. Un verbo così sem­plice: dare, che racchiude il cuore di Dio. Dare, senza con­dizioni, senza un perché che non sia l'intimo bisogno di fe­condare, far fiorire, fruttifica­re la vita. Poi la risposta si completa: ciò che il Padre dà è un pane che dà la vita al mondo.
Uno dei vertici del Vangelo: ciò che dà pienezza alla vita del mondo è un pane dal cie­lo.
La pienezza è un pezzo di Dio in noi. L'uomo è l'unica creatura che ha Dio nel san­gue ( Vannucci), e nel respiro. Uno dei nomi più belli di Dio: Dio è nella vita datore di vita. Dalle sue mani la vita fluisce illimitata e inarrestabile. E la folla capisce e insieme a noi dice: Dacci sempre di questo pane. La domanda diventa supplica, comando: Dacci!
Sempre!
Gesù risponde con le parole decisive: sono io il pane della vita. Annuncia la sua pretesa assoluta: io posso colmare tutta la vostra vita. Io sono il divino che fa fiorire l'umano! Io sono un pane che contie­ne tutto ciò che serve a man­tenere la vita: amore, senso, libertà, coraggio, pace, bel­lezza.
Chi crede in me... Credere è come mangiare un pane, lo assaporo in bocca, lo faccio scendere nell'intimo, lo assi­milo e si dirama per tutto l'es­sere, Gesù in me si trasforma in cuore, calore, energia, pen­sieri, sentimenti, canto.
Il cristianesimo non è un cor­po dottrinale, cui aggiungere sempre qualche nuova defi­nizione dogmatica o etica, ma una vita divina da assimilare, una calda corrente d'amore da far entrare. Perché giunga a maturazione l'uomo celeste che è in noi, affinché sbocci­no amore e libertà, nel tempo e nell'eterno. 

Omelia di padre Ermes Ronchi 


Giorno dopo giorno sino al giorno senza tramonto

Dopo aver sfamato la folla moltiplicando i pani e i pesci, Gesù si sposta in città, a Cafarnao; molti lo seguono, ed egli sa bene il perché: sperano che egli continui a sfamarli. Glielo dice chiaro, con un invito: "Datevi da fare non per il cibo materiale, ma per quello che porta alla vita eterna. Credete in me!" Si può riassumere così la prima parte del vangelo di oggi (Giovanni 6,24-35), che prosegue con la pretesa della folla, per credere in lui, di vedere altri miracoli, magari qualcosa di simile a quanto è avvenuto (lo narra la prima lettura: Esodo 16) agli ebrei liberati dall'Egitto, sostentati per quarant'anni nel deserto dalla manna, ritenuta "pane dal cielo". Gesù proclama allora di essere lui il vero pane dal cielo: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!"
Evidentemente Gesù ha davanti uditori ancora legati al pane materiale, cioè a una visione tutta terrena e umana dell'esistenza, e cerca di elevarli ad un livello superiore, inculcando la necessità di soddisfare un'altra fame, quella dello spirito, della quale non paiono preoccuparsi. Questo difficile dialogo ha duemila anni, ma potrebbe essere di ieri: quanti uomini e donne, e non soltanto nella fase della spensieratezza giovanile, hanno come solo orizzonte quello che vedono dalle finestre di casa o possono raggiungere con qualche ora di viaggio! Quanti soffocano la loro vita interiore nella banalità quotidiana! "Ricevono regali e rose rosse per il loro compleanno", cantava Mina, "dicon sempre di sì, non hanno mai problemi e son convinte che la vita è tutta lì". E' vero, per tanti, per troppi. Peccato che la canzone proponesse come alternativa alla banalità l'avere a che fare con un uomo "capriccioso, egoista e prepotente": sarebbe questa la vita vera?
In realtà tutte le civiltà, nell'arco della loro storia, presentano una sia pur esegua minoranza di uomini che non hanno rinunciato a pensare, a interrogarsi sul senso della vita, proponendo le più disparate risposte. I cristiani si distinguono perché le considerano tutte più o meno manchevoli, e perciò si affidano alla guida non di un uomo, per quanto rispettabile, ma a Dio, che si è degnato di parlare agli uomini proprio per rivelare loro come condurre l'unica vita che hanno. Ha parlato: come? quando? La Lettera agli Ebrei comincia così: "Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio". Ecco: Gesù è la Parola di Dio, e in tal senso è il pane della vita, in grado di soddisfare davvero e per sempre la mente e il cuore.
E' una Parola che non si finisce mai di ascoltare, sia perché è di una ricchezza inesauribile, sia perché è l'unica che garantisce di condurre, giorno dopo giorno, al giorno senza tramonto. Eppure i destinatari, cioè gli uomini, sono sempre tentati di trascurarla, per seguire quello che sembra più attraente. Lo sapeva bene anche l'apostolo Paolo, che scrivendo ai primi cristiani (seconda lettura di oggi, Efesini 4,17-24) li esortava così: "Fratelli, vi dico e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani con i loro vani pensieri. Voi non così avete imparato a conoscere il Cristo, se davvero gli avete dato ascolto e se in lui siete stati istruiti". Dunque, per conoscere la Parola, occorre evitare un doppio 'sé, che si ripropone anche oggi. Nelle statistiche, in base alle risposte personali, per la stragrande maggioranza gli interpellati si dicono cristiani; ma sulle componenti della fede rivelano lacune abissali. Una delle ragioni: tutti sono andati al catechismo, abbandonandolo però con l'adolescienza e restando così con l'idea che la pratica della fede sia cosa da bambini. In realtà solo un adulto può capire davvero la divina Parola: 'sé però non trascura di ascoltarla! 

Omelia di mons. Roberto Brunelli
 

Liturgia della XVIII Domenica del Tempo Ordinario: 5 agosto 2012

Liturgia della Parola della XVIII Domenica del Tempo Ordinario: 5 agosto 2012