9 marzo 2014 - I Domenica di Quaresima: le tentazioni di Cristo sono anche le nostre

News del 07/03/2014 Torna all'elenco delle news

Il racconto delle tentazioni ci chiama al lavoro mai finito di mettere ordine nelle nostre scelte, a sce­gliere come vivere. Le tentazioni di Gesù sono an­che le nostre: investono l'intero mondo delle rela­zioni quotidiane. La prima tentazione concerne il rapporto con noi stessi e con le cose (l'illusione che i beni riempiano la vita). La seconda è una sfida a­perta alla nostra relazione con Dio (un Dio magico a nostro servizio). La terza infine riguarda la relazione con gli altri (la fame di potere, l'amore per la forza).

Dì che queste pietre diventino pane! Il pane è un be­ne, un valore indubitabile, ma Gesù risponde gio­cando al rialzo, offrendo più vita: «Non di solo pa­ne vivrà l'uomo». Il pane è buono ma più buona è la parola di Dio, il pane dà vita ma più vita viene dalla bocca di Dio. Accende in noi una fame di cie­lo:

L'uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Parola di Dio è il Vangelo, ma anche l'intero creato. Se l'uomo vive di ciò che viene da Dio, io vi­vo della luce, del cosmo, ma anche di te: fratello, a­mico, amore, che sei parola pronunciata dalla boc­ca di Dio per me.

La seconda tentazione è una sfida aperta a Dio. «But­tati e credi in un miracolo». Quello che sembrerebbe il più alto atto di fede - gettati con fiducia! - ne è, in­vece, la caricatura, pura ricerca del proprio vantag­gio. Gesù ci mette in guardia dal volere un Dio ma­gico a nostra disposizione, dal cercare non Dio ma i suoi benefici, non il Donatore ma i suoi doni.

«Non tentare il Signore»: io so che sarà con me, ma come lui vorrà, non come io vorrei. Forse non mi darà tutto ciò che chiedo, eppure avrò tutto ciò che mi serve, tutto ciò di cui ho bisogno.

Nella terza tentazione il diavolo alza ancora la posta: adorami e ti darò tutto il potere del mondo. Il diavo­lo fa un mercato, esattamente il contrario di Dio, che non fa mai mercato dei suoi doni.

È come se dicesse: Gesù, vuoi cambiare il corso del­la storia con la croce? non funzionerà. Il mondo è già tutto una selva di croci. Cosa se ne fa di un crocifis­so in più? Il mondo ha dei problemi, tu devi risol­verli. Prendi il potere, occupa i posti chiave, cambia le leggi. Così risolverai i problemi: con rapporti di for­za e d'inganno, non con l'amore.

«Ed ecco angeli si avvicinarono e lo servivano». Avvi­cinarsi e servire, verbi da angeli. Se in questa Quare­sima ognuno di noi volesse avvicinarsi e prendersi cu­ra di una persona che ha bisogno, perché malata o sola o povera, regalando un po' di tempo e un po' di cuore, allora per lei sarebbe come se si avvicinasse un angelo, come se fiorissero angeli nel nostro de­serto.

Omelia di padre Ermes Ronchi

 

Ricordando un uomo modello di umiltà

Prima domenica di quaresima, il tempo previsto perché i cristiani si preparino alla festa più importante dell'anno, la festa del innovamento, della rigenerazione. Per rinnovarsi, occorre anzitutto avere coscienza di che cosa ci sia da cambiare: di qui la prima lettura (Genesi 2,7-9; 3,1-7), che ricorda il peccato originale; tutti siamo nati con l'inclinazione a fare ciò che piace a noi, anche quando contrasta con ciò che è giusto e buono agli occhi di Dio. L'andare contro la sua volontà ci terrebbe separati da lui, se egli non avesse spalancato le porte della sua misericordia, per i meriti del suo Figlio. Lo ricorda la seconda lettura (Romani 5,12-19), con un parallelo tra Adamo e Cristo: "Come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti".

Quel Figlio obbediente al Padre e solidale con noi, se lo vogliamo ci toglie dalla palude delle nostre miserie, dalle quali da soli non sappiamo uscire; è lui, soltanto lui che può rigenerarci; se lo vogliamo, egli ci consente di cominciare una vita nuova. Tornerà, e magari spesso, l'impulso a riprendere le vecchie abitudini, cioè rimarranno le tentazioni; ma esse sono superabili, come ha dimostrato lo stesso Gesù. Lo espone il vangelo (Matteo 4,1-11): anche Gesù è stato tentato, e ha resistito. Nelle sue tentazioni si concentrano tutte quelle cui l'uomo va soggetto: la soddisfazione dei piaceri corporali disordinati; la voglia di fare quel che ci pare, con la pretesa che Dio intervenga a nostro sostegno; la brama di potere e successo.

Quest'ultima ricorda per contrasto quanto è avvenuto nella Chiesa un anno fa', con la rinuncia del papa Benedetto XVI. In un mondo in cui molti farebbero carte false pur di diventare "qualcuno", lui che "qualcuno" di certo era, vi ha liberamente rinunciato; con un gesto di straordinaria umiltà, ha riconosciuto di non essere più in grado di svolgere il compito che gli era stato affidato. Come riconoscimento del suo esempio, come omaggio rivolto a un vero uomo di Dio, riporto qui di seguito alcune sue parole, scelte tra quelle adatte a questa domenica perché pronunciate all'inizio della quaresima (nell'anno 2010). Il mercoledì delle ceneri, il sacerdote accompagna l'imposizione delle ceneri sul capo dei fedeli con l'espressione "Convertitevi e credete al vangelo". Il papa quel giorno le ha spiegate così.

"Il primo richiamo è alla conversione, parola da prendersi nella sua straordinaria serietà, cogliendo la sorprendente novità che essa sprigiona. L'appello alla conversione, infatti, mette a nudo e denuncia la facile superficialità che caratterizza molto spesso il nostro vivere. Convertirsi significa cambiare direzione nel cammino della vita: non, però, con un piccolo aggiustamento, ma con una vera e propria inversione di marcia. Conversione è andare controcorrente, dove la corrente è lo stile di vita superficiale, incoerente e illusorio, che spesso ci trascina, ci domina e ci rende schiavi del male o comunque prigionieri della mediocrità morale. Convertirsi e credere al vangelo non sono due cose diverse o soltanto accostate tra loro, ma esprimono la medesima realtà. La conversione è il "sì" totale di chi consegna la propria esistenza al vangelo, rispondendo liberamente a Cristo che per primo si offre all'uomo come via, verità e vita, come colui che solo lo libera e lo salva. (...) Il "convertitevi e credete al vangelo" non sta solo all'inizio della vita cristiana, ma ne accompagna tutti i passi, permane rinnovandosi e si diffonde ramificandosi in tutte le sue espressioni. Ogni giorno è momento favorevole e di grazia, perché ogni giorno ci sollecita a consegnarci a Gesù, ad avere fiducia in Lui, a rimanere in Lui, a condividerne lo stile di vita, a imparare da Lui l'amore vero, a seguirlo nel compimento quotidiano della volontà del Padre, l'unica grande legge di vita".

Omelia di mons. Roberto Brunelli

 

Davanti al Signore, il tuo Dio, ti prostrerai, Lui solo adorerai

Ci mettiamo dunque in cammino per vivere, nella Chiesa, nella comunione con i nostri fratelli, la quaresima, e la viviamo "oggi", percependo la difficoltà ma anche la bellezza della riscoperta dell'esperienza di Dio, l'impegno esigente ma liberante del ripudio degli idoli, il coraggio di vincere le proprie paure per gustare la gioia profonda della misericordia del Signore.

La Liturgia, nella prima domenica di quaresima ci presenta il racconto delle tentazioni di Gesù: si tratta di una pagina intensa, ricca, che gli esegeti commentano cercando sempre una nuova chiave di interpretazione. La tradizione di Matteo che quest'anno leggiamo, Matt.4,1-11, va collocata nella prospettiva propria di Matteo, il "compimento" della storia del popolo di Dio e la "apertura universale" della salvezza operata in Gesù, per tutta l'umanità: Gesù, nelle tentazioni, rivela la sua identità di Figlio di Dio, ascoltando la Parola del Padre, ed invitando i suoi discepoli a seguirlo per portare a "compimento" la strada verso la pienezza della libertà. Ma quando Matteo scrive il suo Vangelo, Gesù ha già percorso la sua strada: il Figlio di Dio ha ascoltato la Parola del Padre, si è affidato completamente al suo amore ed è arrivato alla Croce. Sullo sfondo del racconto delle tentazioni, impersonato dal diavolo, stanno tutte le componenti della razionalità che alla dignità del Figlio di Dio vorrebbe che corrispondessero manifestazioni di potere, di efficienza. E' perfettamente "logico" pensare che il Figlio di Dio, l' "amato da Dio", colui nel quale Dio "ha posto il suo compiacimento", goda della potenza infinita di Dio, possa chiedergli ed ottenere da Lui tutto ciò che vuole. Quando Matteo scrive il suo Vangelo, Gesù è già salito sul Golgota, sulla terra è già sceso il buio, Gesù ha gridato: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", il centurione ha detto: "Davvero costui era Figlio di Dio", gli undici si sono recati in Galilea, lo hanno visto e si sono prostrati davanti a Lui, Ma, sottolinea Matteo: "Essi però dubitarono". Questo dubbio è sempre vivo, profondo, attraversa i secoli e mette continuamente in crisi la razionalità umana: "Se tu sei il Figlio di Dio..." perché il silenzio del Padre? Perché il grido che lacera il Tempio: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" Perché la Croce del Figlio di Dio che rimane piantata nella storia che continua a ripetersi nel tempo?

"Se tu sei il Figlio di Dio...": è la grande domanda che ha interpellato Gesù nella radicalità più profonda della sua identità. Nel momento nel quale Gesù ha accettato di discendere, di essere soltanto il Figlio che "riceve" la vita, il Padre lo ha riconosciuto "Figlio" e gli ha donato il suo Spirito. Ma adesso che è riconosciuto Figlio di Dio, può servirsi della propria divinità per dimostrare la onnipotenza divina? Oppure deve solo "discendere", lasciare operare il Padre per essere il Figlio che riceve tutto dal Padre? Il diavolo e Dio sono così sottilmente vicini: il diavolo è un filo sottile che separa il Figlio dal Padre. Dio è Padre che dona tutto al Figlio perché il Figlio cominci a servirsi della potenza di Dio per compiere "opere sue" oppure Dio è il Padre che ama il Figlio perché il Figlio convinca il mondo che tutto è solo Amore? E la Chiesa è lì, attraversata dal dubbio dei primi discepoli: "Se tu sei il Figlio di Dio...": con la forza del Figlio di Dio, la Chiesa, forte, può aspirare a compiere opere più grandi di quelle del Padre, oppure la Chiesa è il Corpo di Cristo abbandonato nelle braccia del Padre per amore del mondo?

Per Matteo non c'è dubbio: Gesù (e la Chiesa) è il Figlio che vive solo e sempre per la vita che riceve dal Padre. Proprio per la rinuncia totale all' affermazione di qualsiasi diritto divino, ha una regalità che passa attraverso l'obbedienza filiale a Dio, l'agonia e la morte in Croce, ed è preoccupata soltanto che giunga agli uomini l'amore del Padre.

Il racconto delle tentazioni è per Matteo il momento nel quale Gesù ascolta fino in fondo la Parola del Padre e decide che la sua esistenza è solo e totalmente vita accolta dal Padre e affidata a Lui.

"Se tu sei il Figlio di Dio...": per due volte il diavolo si rivolge con questa espressione a Gesù "portato dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo". Il deserto è qui il luogo simbolico della fragilità dell'esistenza umana nella quale il Figlio di Dio ha accettato di vivere, di cui la prova a cui il diavolo lo sottopone fa parte essenziale. Per due volte: infatti, la seconda e la terza tentazione sono collegate tra loro e sono la doppia faccia di uno stesso problema. Gesù è il Messia, il Figlio di Dio: ma di quale messianismo si tratta? Il popolo aspettava un Messia: un Messia che restaurasse il regno terreno di Davide? Gesù sceglie di essere solo il Figlio di Dio: nell'annientamento della Croce si realizza la sapienza e la potenza di Dio..

"Dì che queste pietre diventino pane": chi non vorrebbe un re che potesse dare ogni bene al suo popolo? Se Gesù è il Figlio di Dio, perché non usare della forza di Dio per realizzare un regno in cui tutto il bene materiale è a disposizione? La scelta di Gesù è di non ridurre il suo messianismo ad una sola dimensione: la vita dell'uomo si realizza nella relazione personale con Dio. Gesù realizza il suo messianismo vivendo totalmente la sua relazione di Figlio che ascolta la Parola del Padre.

"Se tu sei il Figlio di Dio..." E il diavolo trasporta Gesù sul punto più alto del Tempio: se Gesù ha Dio con sé, perché non realizzare finalmente sulla terra il "Regno di Dio", non cancellare la debolezza umana dal momento che ha gli angeli a sua disposizione? Gesù realizza il suo messianismo non per instaurare sulla terra un regno che per essere divino è disumano, ma perché Dio possa condividere con il suo amore la debolezza umana.

E il diavolo trasporta Gesù ancora più in alto, su un monte altissimo, (ritorna il simbolismo del monte) dal quale si vedono "tutti i regni del mondo e la loro gloria". Come nella seconda tentazione, il problema è: perché non realizzare un messianismo che instauri il regno di Dio sulla terra: Dio non può non avere il potere assoluto. Quanto "potere" esiste sulla terra, economico, politico, psicologico...che domina su tutto ciò che è umano: perché "se Gesù è il Figlio di Dio" non esercita un "potere" che elimini ogni potere? "Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti ai miei piedi, mi adorerai". E' drammatica la dimensione sublime di questa tentazione: adorare il potere per avere un potere da esercitare senza limite, in modo divino. Ma Gesù è il Messia che sceglie di essere ubbidiente al Padre, per essere autenticamente libero: non è il potere la manifestazione di Dio nella storia, non il trono ma la Croce. Solo l' Amore che il Padre dona al Figlio completamente abbandonato in Lui, libera il mondo dal peso di ogni potere. 

Omelia di mons. Gianfranco Poma

 

Liturgia e Liturgia della Parola della I Domenica di Quaresima (Anno A) 9 marzo 2014