Epifania, Festa della Fede

News del 04/01/2014 Torna all'elenco delle news

Festa della Fede, quella di oggi, e dunque festa nostra se la luce che è Gesù nato a Betlemme ci ha raggiunto e la sua Manifestazione come Signore, Dio, uomo ci ha raggiunto e messi in cammino.

Perché ogni uomo è chiamato a comprendere la propria realizzazione umana guardando Gesù, a superare legami religiosi magici, superstiziosi per gustare la gioia di un Dio in braccio a sua madre e tutti i popoli devono sapere che il loro destino è nelle mani di Uno più potente della morte, della divisione, dell'odio e dedicarsi a costruire la pace.

Il Vangelo evidenzia la dinamica della fede fatta di cammino, di ricerca, di domande che cercano risposta: la risposta al cuore umano che nella scrittura ha scritte le coordinate del piano di Dio: “E tu Betlemme [...] non sei la più piccola, [...] da te uscirà un capo che sarà il pastore”... Fede che non un “quaesivi et non inveni” ma ha la gioia grandissima di un incontro.

Vedere, che è la ragione ultima della fede, il bambino con Maria sua Madre, con tutto ciò che comporta di riconoscimento: È lui che cercavo; di adorazione: ora so donde vengo; di offerta: ora la mia vita ha il suo punto di valore e di raccolta. Offerta della dignità, preziosità della vita: l'oro; offerta di quella preghiera, profumo della vita che sale a Dio: l'incenso e offerta dell'umanità nella sua precarietà: la mirra... a Colui che è la nostra salvezza, il nostro Signore, la manifestazione dell'Amore crocifisso. Fede che sempre cambia la vita.

È ritorno alla propria continuità ma “per altra strada, quella che il Signore traccia per noi. 
Questa fede è la realizzazione del sogno di Isaia. Nella vita di Gesù si manifesta quanto Israele attendeva: un popolo risorto: alzati! Un popolo illuminato, in cammino, un popolo raggiante e che dunque dice con la sua fede in chi credere e sperare; un popolo la cui fede diventa cammino per tutti i popoli di cui i magi sono primizia verso una nuova Gerusalemme punto di partenza per una nuova convivenza tra i Popoli perché Dio stesso traccia le coordinate della Pace.

Oggi dunque è festa della fede cristiana perché, ci ripete S. Paolo, siamo noi il nuovo popolo di Dio che in Gesù ha sperimentato la fedeltà di Dio e porta nel cuore la certezza che il Vangelo è la chiamata di tutte le genti a condividere in Gesù Cristo la stessa eredità, a formare lo stesso corpo, ad essere partecipi della stessa promessa.

Certo la luce della Epifania mette in luce i nostro ritardi, la nostra distanza, il cercare poco e poco sperare dal Vangelo, da Cristo la luce per avere futuro, ma se per un istante il nostro credere è pervaso dalla gioia di aver incontrato Cristo avremo compreso la nostra vocazione e ragion d'essere: portatori della gioia

Omelia di don Ezio Stermieri 
 

Anche noi andremo a Betlemme

La celebrazione dell'Epifania nei primi tempi non era dissociata da quella del 25 Dicembre poiché la commemorazione della nascita veniva associata immediatamente a quella della visita dei Magi alla casa in cui Gesù Bambino veniva accudito da Maria e Giuseppe. Nei secoli successivi invece si operò la distinzione fra il giorno della celebrazione del Natale e quello della visita dei Magi, definito poi Epifania, ferma restando tuttavia la concezione del Natale non come un giorno ma come Tempo liturgico intercorrente dal 25 Dicembre al 6 Gennaio.
Il termione "epifania" (epi - faino) è di origne greca e designa sempre la manifestazione (o presenza) di una divinità; nel paganesimo intendeva la manifestaizione miracolosa di un Dio identificato con un qualsiasi fenomeno atmosferico o con un evento naturale ed è proprio da questo concetto che il cristianesimo derivò l'applicazione a Cristo a del medesimo concetto: per "Epifania" si intendeva la manifestazione di un miracolo o di un evento prodigioso realizzato dallo stesso Cristo Figlio di Dio. Anche il miracolo delle nozze di Cana era definito "epifania" perché è di fatto la manifestaizone di Cristo Messia e Salvatore.
Con questo termine oggi invece si intende la manifestazione immediata al mondo di Gesù appena concepito nella carne dalla Vergine Maria: il Signore appena incarnatosi ora appare e si manifesta, mostrando tutta la pienezza della sua gloria, comunicando ai pastori la sua salvezza come messaggio di gioia e di letizia e attirando a sè tanta gente di provenienza miscredente, come i Magi che giungono da lontano.
Si tratta di uomini dall'identà ancora del tutto incerta ma presumibilmente identificabili ai sapienti dell'antichità orientale tutti dediti allo studio dei fenomeni astrali, interpretando ogni evento della vita come un segno della volontà delle stelle. Si tratta di uomini da sempre invischiati dalla sapienza umana e dall'erudizione, difficilmente sensibili all'apertura di cuore e per niente avvezzi ai riferimenti della trascendenza e ai contenuti del sacro e della religione; per loro quello che conta è la scienza astronomica e strologica o al massimo la filosofia intenta ad interpretare il mondo sempre secondo gli schemi dei fenomeni cosmici. Eppure proprio loro adesso vengono attratti dalla presenza di Gesù Bambino Verbo di Dio non già mentre questi predica o agisce, ma piuttosto mentre coltivando il silenzio si trastulla fra le braccia della mamma.

E' la semplice presenza del Fanciullo quindi quella che opera nella loro sensibilità e della quale si accorgono... attraverso una Cometa.
Probabilmente questa sarà stata anche un fenomeno astronomico reale oggi scientificamente fondato, tuttavia noi ci ostiniamo ad affermare che non è affatto casuale: nella Cometa risiede infatti la Luce, cioè sempre la presenza del divino che intende orientare l'uomo, come già si afferma del resto alla Prima Lettura tratta dal Profeta Isaia, che dal canto suo definisce Dio stesso "Luce che viene" a rinnovare la vita di Gerusalemme; ebbene, alla vista di questa luce-presenza perfino degli scienziati enormemente avvinti dalle certezze del loro sapere vengono condotti al Fanciullo.
Essi provano gioia nel notare la Stella ma soprattutto esultano nell'adorare il Figlio di Dio mentre depongono (proprio loro!) tre doni emblematici: 1)oro, il simbolo della regalità che afferma appunto il carattere regale di questo Bambino; 2) incenso, che simboleggia la divinità e riconosce quindi nel Fanciullo il Re dell'universo; 3) mirra, il materiale con il quale si imbalsamavano i cadaveri e che richiama l'attenzione sulla futura morte dello stesso Re per la Resurrezione.
Uomini illustri per dottrina e intelligenza razionale compiono un atto di fede che esemplare anche per i nostri giorni, in cui imperversa il fenomeno definito "indifferentismo religioso" o "secolarizzazione", nel quale in nome dell'autonomia umana si tende addirittuta a combattere ogni riferimento alla fede e alla religione; eppure l'uomo per sua natua è condotto a cercare la verità anche con i propri mezzi e ricorrendo a tutte le sue forze e non di rado impone a se stesso delle normative di vita chei siano di orientamento solido e costante. Comprendiamo così che la manifestazione del Verbo Incarnato nella nosttra vita ci è necessaria e che l'epifania è una inconsapevole richiesta che comunemente ci interessa tutti. Perché tutti necessitiamo che Dio ci venga incontro e che ci vsiti e anche nel nostro caso, che Egli ci attiri a sè proprio come avveniva nei Magi.
Ebbene, il Verbo di Dio non manca mai di offrirci la sua presenza illuminante e orientativa, ma chiede che noi si prescinda dalle nostre certezze e dalle nostre sicumere assurde e fallaci per aprire il cuore alla speranza e allafiducia in Qualcosa che in realtà non va cercato perché ci viene donato.
In questa Solennità noi riscopriamo la necessità di rinnovare la nostra convinzione quotidiana che Dio è presente nella nostra vita, e che la Sua Compagnia già in se stessa è prerogativa atta a colmare i nostri vuoti e le nostre lacune infondendo certezza e speranza nel presente e nel futuro... Quindi a valutare maggiormente l'efficacia della Parola; rimane tuttavia il fatto che questo costituisce pur sempre una questione di cuore, vale a dire: finché ci si preclude e ci si nasconde dietro alle nostre certezze l'Epifania non apporterà mai nulla di nuovo in noi. Quindi, sulla scia dei Magi occorre rompere i legami eccessivi della razionalità e degli ambiti umani e lasciare spazio alle esigenze del cuore, eseguendo un atto di affidamento libero e spontaneo al Mistero una volta che Questo ci si è reso presente nell'ottica della fede e della speranza... E anche noi andremo a Betlemme. 

Omelia di padre Gian Franco Scarpitta  
 

Per tutti c'è una stella in Cielo che ci attende

Dopo la sua nascita, Dio non perde tempo a manifestare a tutti che, se Lui è venuto tra noi, è per farci dono della Salvezza. E davvero suscita grande stupore questo desiderio di chiamare tutti, senza distinzioni e subito – sempre che ciascuno senta la necessità della Sua Presenza e del Suo Amore. L'uomo – se conserva ancora la 'memoria' di essere 'creatura' di Dio – si sente profondamente chiamato a far parte del Suo Amore, ma non deve lasciarsi distrarre dal mondo, che non ha la minima luce di amore o di vero interesse per noi.
Scriveva Paolo VI: `Se il mondo si sente estraneo al cristianesimo, il cristianesimo non si sente estraneo al mondo, qualunque sia l'aspetto che egli presenta. Sappia il mondo di essere stimato ed amato da chi rappresenta e promuove la religione cristiana, con un affetto inesauribile. Noi sappiamo che l'uomo soffre di dubbi atroci. Noi abbiamo una parola da dire che crediamo risolutiva. È quella di un UOMO all'uomo. Il Cristo che noi portiamo all'umanità è Figlio dell'uomo', così Lui chiamava se stesso. È il Primogenito, il Fratello, l'Amico per eccellenza. È il Mandato da Dio, ma non per condannare il mondo, ma per salvarlo". (6 gennaio 1960)

Nel racconto dell'evangelista Matteo (Mt. 2, 1-12), che conserva la bellezza della semplicità evangelica, che non ha bisogno di fronzoli o parolone per descrivere i grandi eventi tra Dio e l'uomo, c'è la ragione per cui noi siamo cristiani, ossia gente che, come i Magi, sono stati invitati a quella grotta e così sono ammessi non solo alla conoscenza del Dio tra noi, ma addirittura a partecipare della Salve772 eterna.
Ora sappiamo che Gesù è con noi e siamo destinati a seguirLo fino a che, con il Suo aiuto e in Sua compagnia, arriveremo alla Sua Casa e Gloria, che è il Paradiso.
Davvero infinito quanto ci ami!
Da esuli, dopo il peccato originale, ora siamo chiamati a tornare a Casa.
Tanto grande questa Festa della manifestazione di Dio, che in Oriente viene celebrata come Natività di Dio tra noi.

Ma oggi, è ancora per noi motivo di profonda gioia, come lo fu per i Magi?
Forse c'è una grande differenza. I Magi sentirono in loro l'invito a cercare un Dio che li chiamava tramite una stella e li guidava, interiormente ed esteriormente.
Noi forse abbiamo perso la 'stella', che pure è sempre su di noi a indicare la strada per trovare Gesù e camminare con Lui.
Vorremmo avere tutti quel richiamo, che sentirono i Magi, di Qualcuno che ci attende sempre, ma poi ci perdiamo `in Gerusalemme', a discutere e, Dio non voglia, a seguire i tanti Erodi, di cui è affollato il mondo, e ci 'perdiamo', fino a respingere anche l'idea che ci sia Qualcuno, che davvero è l'Emmanuele, Dio Presente, che ci ama ed offre gioia.
Fa tanto male, anche solo pensare, che ci siano tanti di noi che non hanno più il passo della speranza, che avevano i Magi nel dirigersi a cercare, per trovare Dio.
Cosa possono trovare alla fine del loro camminare confuso e senza mèta, che possa sostituire la vera felicità, che è il nostro 'essere' di figli di Dio? Il nulla o, in quel fatuo 'regalo della befana', un giocattolo da bambini, destinato a essere buttato subito in disparte.
Ma valiamo cosi poco ai nostri stessi occhi? Possiamo accettare di vivere passivamente, senza la passione di ricerca del Padre, come era nei Magi?
O vogliamo vivere sempre solo storditi dal mondo, su cui non splende nessuna 'stella divina'? Vorremmo che tutti ritrovassero la stella che è su di noi e in noila fede salda e sicura che ci conduce alla gioia che Dio dà a chi è ' di buona volontà'.

Dio ci chiama, Dio ci ama, Dio ci attende, come 'impaziente', di comunicarci la stessa gioia che fu nei Magi. Ma dobbiamo uscire dal buio della vita e farci guidare dalla nostra stella.
Se ci interroghiamo con serietà, nel silenzio del cuore, certamente anche in noisorgerà la stella giusta, che dovremo solo seguire, perché la nostra vita diventi una continua Epifania, ossia Dio che si mostra a noi, si rivela, sotto tanti aspetti, spesso quotidiani, piccoli, come il Bambino che trovarono i Magi. Ma è proprio da questa semplicità divina, che si misura l'Amore e sgorga la Gioia. Auguri. Facciamoci il regalo dei Magi: vivere con fede ed amore... ad ogni costo!

Omelia di mons. Antonio Riboldi