25 dicembre 2013 - Solennità del Natale del Signore: E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi!

News del 23/12/2013 Torna all'elenco delle news

La lunga attesa di un salvatore, l'attesa che ha attraversato nel Popolo eletto tutta la storia dell'umanità e che abbiamo celebrato nel tempo liturgico dell'Avvento, è ormai compiuta; le antiche profezie si son realizzate; le parole del Profeta che annunciavano: "La vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele.." (Is.7,14) son diventate realtà visibile nella grotta di Betlemme.
L'Emmanuele, Dio-con-noi, è apparso nel mondo; l'uomo non è più solo, il corso della Storia è ormai cambiato e va verso la salvezza; agli uomini è offerta la vita eterna, che è partecipazione della stessa vita divina; infatti, Dio, in Gesù di Nazareth, il Cristo, si è fatto uomo, e parla a noi da uomo.
"Il Verbo si è fatto carne" proclama oggi la Chiesa, riproponendo alla nostra contemplazione quello stupendo inno Cristologico che è il Prologo del Vangelo di Giovanni. "Il Verbo si è fatto carne", e in Lui Dio ha assunto, mediante un corpo nato da donna, tutta la realtà fragile dell'uomo, quella realtà limitata e vulnerabile, bella, gioiosa e tragica, insieme, che sperimentiamo nella nostra persona e conosciamo attraverso la storia degli uomini di ogni tempo e di ogni latitudine.
Quel Verbo, che è, fin da principio, eterno, luminoso e beato, si immerge nella miseria umana e con essa vive, per riportarla al suo splendore originario.
Il Bambino che oggi contempliamo con tenerezza, Il Maestro che aveva detto di sé: "Io sono la via, la verità e la vita", il Servo sofferente di Jahwèh, sfigurato dal dolore, che consuma la sua vita su una croce, sul Golgota, è Colui che era fin da principio, coeterno col Padre e della sua stessa sostanza; egli è la Sapienza stessa di Dio, è la Luce che illumina e viene nel mondo per vincere ogni tenebra, e, prima fra tutte, la tenebra del peccato che reca morte.
Il Verbo di Dio, il Figlio unigenito, è venuto nel mondo, quel mondo che esiste per mezzo di Lui; continua ancora Giovanni: "eppure il mondo non lo ha riconosciuto." "Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto".
E' la storia dell'umanità che, nella pienezza dei tempi si è trovata, come già alle origini, a scegliere se fidarsi di Dio, della sua parola e del suo dono, oppure rifiutarlo; è la Storia simboleggiata nel Popolo eletto, che non riconosce il Messia inviato, e lo rifiuta, condannando a morte Gesù di Nazareth, il Cristo; ed è la storia che ancora continua, tra l'accoglienza del Figlio di Dio il Redentore, o il rifiuto di credere in Lui, per seguire altre vie, altre promesse e altri " messia". E' la drammatica storia della libertà dell'uomo di fronte a Dio, il Dio che salva in Cristo, ma che ci lascia liberi di accoglierlo e seguirlo, o rifiutarlo.
Tuttavia, continua il Prologo di Giovanni: "a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome..."; e, San Gregorio Nazianzeno, così commenta questo evento unico e grande: "L'uomo assume ora la sua vera dimensione, perché egli non è veramente uomo se non in Dio. E c'è forse una presenza in Dio più forte della filiazione divina? Proprio ora, il Re in esilio rimette piede sulla terra, preparata per lui e, nello stesso tempo, l'uomo ritrova il suo "posto", la sua vera casa, la sua vera terra: Dio."
Dalla grotta di Betlemme nasce così un annuncio, che ripetiamo con le parole stesse di Giovanni: "Vi annunciamo ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto, ciò che noi abbiamo contemplato, ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il verbo della Vita. Poiché la Vita si è fatta visibile... vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile...".
Questo è un annuncio che deve accompagnare tutti i giorni della nostra vita di credenti, uomini e donne che, col Battesimo, appartengono a Cristo, il Verbo di Dio fatto uomo, che oggi contempliamo nella tenera fragilità del bambino di Betlemme.
 

Natale: dalla storia alla vita

"Fratelli carissimi - sono parole di s. Agostino - il Signore nostro Gesù Cristo, di tutte le cose eterno creatore, oggi nascendo da una madre si è fatto nostro salvatore. È nato per noi oggi nel tempo liberamente, per introdurci eternamente alla vita del Padre. Dio si è fatto uomo, perché l'uomo diventasse Dio. Perché l'uomo mangiasse il pane degli angeli, il Signore degli angeli si è fatto uomo".
Ma come avviene questo misterioso e meraviglioso scambio? Attraverso questi passaggi: dalla storia di Gesù alla parola, dalla parola al sacramento, dal sacramento alla nostra storia.
1. In principio, l'evento. Il Natale non è una favola; è una storia, anche se i vangeli non ci riportano la data precisa della nascita di Gesù. Il cristianesimo poggia sulla roccia solida della storia. Essere cristiani non è aderire a un'idea, ma a una persona. Con l'incarnazione Dio stesso, nella persona di suo Figlio, ci si è messo nelle mani. Se perdiamo i contatti con questa storia, non riusciamo più a capire perché la linea del tempo sia stata spezzata in due (prima di Cristo - dopo Cristo) e perché in tutto il mondo anche i non cristiani continuino a contare gli anni proprio a partire da quel primo Natale.
2. Dall'evento alla parola. "Ciò che era fin dal principio" - l'evento - si fa parola per noi: "Ci è nato un bambino", abbiamo letto stanotte e abbiamo fatto eco all'annuncio dell'angelo, cantando: "Oggi è nato per noi il Salvatore". Come la fede ha bisogno della storia per assicurare l'oggettività della salvezza e non volatilizzarsi nell'ideologia, così è la fede stessa a collegare la storia di Gesù con la sua opera salvifica: "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo". In altre parole: il farsi carne del Verbo divino è finalizzato a fare degli uomini dei veri figli di Dio.
Tutto questo è detto dalla liturgia attraverso l'espressione del "mirabile-incredibile scambio (admirabile commercium)". Si tratta in primo luogo dello scambio misterioso e sconvolgente fra la ricchezza del Signore Gesù e la nostra povertà: "(Gesù Cristo) da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" (2Cor 8,9). È inoltre uno scambio tra la sua libertà e la nostra schiavitù: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli" (Gal 4,4). S. Ambrogio si esprimeva icasticamente così: "Egli venne qui in terra, perché tu raggiungessi le stelle", che nello splendore dell'originale latino suona martellante: "ille in terris, ut tu in stellis".
L'evento del Natale ci riguarda e si fa parola per noi: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito". A questa parola di un amore inaudito, al limite dello scandalo, si può rispondere solo con la fede. "La fede - scriveva Lutero, commentando il vangelo della Messa di Natale - non è soltanto che tu creda che questa storia è vera, come è raccontata. Questo non serve a nulla... Ma ecco la vera fede: credi fermamente che Cristo è nato per te, che la sua nascita è tua, è avvenuta per il tuo bene... L'angelo non dice soltanto: ?Cristo è nato'; ma ?per voi, per voi, egli è nato'. Bada dunque di appropriarti della sua nascita, bada di fare lo scambio con lui, in modo da liberarti della tua nascita e ricevere la sua".
3. Siamo così passati dall'evento fuori di noi alla parola che esso contiene per noi. Ma come questa parola si fa a sua volta evento in noi, nella nostra vita? Attraverso il sacramento. Il testi liturgici lasciano trasparire con sufficiente chiarezza che il mistero celebrato a Natale non è una pura commemorazione e neanche la sacra rappresentazione di un fatto accaduto in un passato ormai remoto. È un "memoriale", ossia la ri-presentazione di un evento che mantiene intatta la sua attualità salvifica e dispiega tutta la sua pienezza di grazia. Il canto all'Alleluia: "Un giorno santo è spuntato per noi" rivela che la celebrazione cristiana è il "qui-ora", in cui la salvezza ci raggiunge nell'oggi della nostra storia. La liturgia attualizza l'evento e fa sì che la nascita di Gesù, nel suo significato di inserimento del Figlio di Dio nella storia umana, avvenga nell'oggi dell'assemblea celebrante, in quanto "siamo rigenerati come figli di Dio", "condividiamo la vita divina del Figlio", "siamo trasformati nel Cristo Figlio di Dio".
Attraverso il sacramento, l'evento-parola si rende presente in noi. "La nascita di Gesù a Betlemme non è un fatto che si possa relegare nel passato. Dinanzi a lui infatti si pone l'intera storia umana: il nostro oggi e il futuro del mondo sono illuminati dalla sua presenza" (Giovanni Paolo II, TMA 6).
Purtroppo si ha un'idea devozionale della liturgia natalizia e non come azione personale di Cristo, e quindi come un reale incontro con lui. 
4. Resta da compiere l'ultimo passaggio, quello dal rito alla vita, dal sacramento al comportamento, dall'in noi della liturgia agli atteggiamenti della vita, alle scelte che dipendono da noi. Si tratta di avere gli "stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù". A questo punto, più che tante parole, può forse servirci una delicata storia di Natale. Tra i pastori che accorsero nella notte santa ad adorare il Bambino ce n'era uno tanto povero che non aveva proprio nulla da offrire e si vergognava molto. Giunti alla grotta, tutti facevano a gara a offrire i loro doni; Maria non sapeva come fare per riceverli tutti, dovendo reggere il Bambino. Allora, vedendo il pastorello con le mani libere, prende e affida a lui Gesù. Avere le mani vuote fu la sua fortuna.
Potrebbe essere anche la nostra: farci trovare con il cuore povero e semplice di un bambino, proprio come dirà un giorno lo stesso Dio che si è fatto bambino: "Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli" (Mt 18,3).
Che sia davvero così il nostro Natale!

Omelia di mons. Francesco Lambiasi
 

Natale: onnipotenza e amore

Ci domandiamo: è possibile che Dio possa farsi uomo? Se lo sono chiesti in tanti, e parecchi lo hanno smentito considerando che un Dio Assoluto, quello che Pascal definiva "il Dio dei filosofi, non può smentire se stesso ma deve restare Dio in quanto tale; altri hanno affermato che un Dio che si fa uomo è irrazionale e per ciò stesso scandaloso, altri ancora hanno concepito un Dio che subisce trasformazioni come una sorta di mito immaginario e fantasioso.
In realtà, l'alternativa non si pone considerando l'argomento Dio, come egli sia e come possa essere, quanto piuttosto considerando NOI e la nostra capacità di accogliere la Rivelazione e di conseguenza l'Incarnazione: nell'ottica della fede, noi siamo infatti consapevoli di un Dio talmente onnipotente che, proprio perché sommamente perfetto e incorruttibile, ha delle prerogative che non sono proprie dell'uomo e pertanto è in grado di rivelarsi e di concedersi all'umanità con tutti i mezzi, anche attraverso il fenomeno che bene esprime il Vangelo di Giovanni: "E il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, cioè ha assunto la nostra vita entrando nella nostra storia.
Tutto questo però a condizione che da parte nostra vi sia, per l'appunto, l'accoglienza irrinunciabile della fede, virtù teologale che interpella il cuore nell'accettazione dell'evento di Betlemme come dono spontaneo e gratuito, da accogliersi con fare dimesso di riconoscenza senza obiezioni, indugi o reticenze di sorta: la fede è infatti la disposizione a credere e a lasciarci coinvolgere da un evento unico e irripetibile che è Gesù Cristo, un concedersi libero e disinvolto e un andare incontro a Dio che tende a raggiungerci fino nell'intimità per trasformarci radicalmente, un ammirare affascinati la bellezza e lo straordinario di un Dio al quale tutto è veramente possibile, in quanto è Amore infinito per questa umanità malata e contusa. Nella fede riscontriamo quindi che davvero Dio può questo e altro, anche diventare Fanciullo.
Ma perché Dio si è fatto uomo? La risposta è ravvisabile nelle pagine della Scrittura, soprattutto quelle che ci stanno accompagnando nella riflessione liturgica di questo Tempo appena iniziato: è il peccato la causa fondamentale per cui egli decide di condividere ogni cosa con l'umanità. La persistenza dell'uomo nel suo essere succube del male e la sua ostinazione ad illudere se stesso nella lontananza da Dio per l'offesa ai suoi simili, ha fatto sì che Dio ponesse rimedio non solamente intervenendo dall'esterno, ma facendosi uomo egli stesso per condividere in tutto le vicende storiche dell'umanità nella concretezza di una famiglia di umili condizioni, di una particolare dimensione storica e di una comunità popolare di paese, come pure nella condizione di estrema miseria e indigenza volontariamente abbracciate, ai fini di poterci ragguagliare che neppure nelle condizioni più deplorevoli il peccato è legittimato. Il Cristo Incarnato infatti farà anche la fila con i peccatori alle rive del Giordano per confondersi con coloro che hanno bisogno di redenzione e di riscatto; il suo peregrinare nel deserto, dove avrà ragione delle astuzie e delle finezze del maligno, sarà la risposta che darà all'uomo sulla possibilità di poter resistere ad ogni tipo di tentazione al male, la solidarietà con i pubblicani e con le prostitute mostrerà la sua superiorità sulla realtà del peccato, che egli saprà comprendere e compatire senza esserne direttamente interessato; la guarigione del paralitico dimostrerà con i fatti che davvero il Figlio dell'Uomo è in grado di risollevare l'uomo peccatore e finalmente il sangue sparso sulla croce - che fonda il senso pieno dell'Incarnazione - sarà il prezzo del riscatto dei nostri peccati.
Per dirla con Giovanni, "In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione dei nostri peccati (1Gv 4, 10) e il Natale è appunto la realizzazione di questo prezioso progetto di invio, soprattutto perché il peccato è la pecca che più di tutte le altre rovina l'uomo alienandolo da se stesso e rendendolo disprezzabile anche presso i suoi contemporanei.
Il peccato va certamente evitato con tutti i mezzi in ragione della grazia che il Signore ci ha concesso e non si deve mai cedere di fronte alle proposte accattivanti e seducenti del male; tuttavia sempre Giovanni ci ravvisa che "se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto" che ha espiato i nostri peccati e quelli di tutto il mondo (1Gv 2, 1-2) ed è per questo che in occasione del Natale non possiamo non sentirci rincuorati, incoraggiati e spronati alla perfezione e alla santità, che è comune vocazione dei credenti: siamo consapevoli di un Dio Salvatore che non ci abbandona alle nostre debolezze e la cui misericordia va ben oltre i nostri limiti personali e ciò ci è di monito alla costanza nel bene, nella promozione della giustizia, della pace e dell'amore vicendevole attaccandoci al bene e fuggendo il male con orrore (Rm 12, 9) innanzitutto nelle relazioni comuni fra di noi, quindi nelle interazioni a vasto raggio con il mondo circostante. Di fronte alla possibilità di peccare occorre essere vigilanti, ma non per questo timorosi, visto che Dio si è mostrato dalla nostra parte; basta la convinzione che la via di Dio è la sola che porta alla salvezza e alla gioia, che chi pratica la giustizia si consola con essa stessa e che la persistenza nel male è foriera di perdizione e di autodistruzione.
Ma il Natale attesta che Dio ci è amico in tutte le situazioni di convivenza umana, che egli si rende partecipe della nostra storia volendo prendere parte in prima persona delle nostre vicende e delle nostre ansie personali e questo è un ulteriore motivo per considerare nel Natale un monito alla gioia e un invito ad abbandonare le apprensioni e i turbamenti per trovare pace in noi stessi e con gli altri.
La gioia del Natale sia la nostra forza. Il mio augurio è che a questa festa non vengano date motivazioni né fondamenti differenti da quelli che ci offre la Rivelazone del Dio Amore che spoglia se stesso per arricchirci della sua povertà e che lo stesso Signore sia sempre il vincolo di coesione della nostra comunione, che in lui trova fondamento e consolidazione.
Il Dio Bambino soddisfi tutti i nostri desideri, colmi le nostre lacune e riempia di gioia i nostri giorni.

Omelia di padre Gian Franco Scarpitta
 

Liturgia e Liturgia della Parola della Messa della Notte

Liturgia e Liturgia della Parola della Messa dell'Aurora

Liturgia e Liturgia della Parola della Messa del Giorno

tratti da www.lachiesa.it