Canonizzazione di Mons. Enrico Montalbetti

arcivescovo di Reggio Calabria dal 10 giugno 1938 al 31 gennaio 1943

    

La carità

Noi abbiamo creduto alla carità (Giov.1,6) 
E’ il soave mistero di Dio.


Dio è amore, sostanziale infinito ed eterno. L’Amore è Qualcuno; non è un sentimento fuggevole: è una Persona la più vicina, la più intima, alla povera smarrita anima mia. Iddio ci ha amato di un amore eterno, personale: in caritate perpetua dilexi te (Ger. 31, 3); mi sento lambire l’animo da un’onda di questo oceano; sento la luce del suo raggio che mi giunge dai secoli eterni. E tutte le cose mi dicono che Egli mi ha amato, se ne colgo il mistico linguaggio: tutto ha fastto per gli eletti il Signore. Non sono meno amato perché molti sono amati con me: gli uomini sono amati e creati singolarmente.
   Mi fa impressione questo trovarmi come solo di fronte all’infinito Amore; quasi mi turba questo dialogo fra me e l’Eterno; mi fa stupire il pensiero che la mia miseria possa interessare l’Essere Infinito. Prior Deus dilexit nos, tantus tantum et gratis, tantillos et tales. Iddio così grande ha tanto amato gratuitamente noi che siamo così piccoli e così miserabili! (S. Bern.); incomincio a capire quando all’invito divino sento rispondere in me una voce che grida: Padre. E’ voce mia, perché sale dal più profondo dell’animo dove non arriva influsso estraneo; ma è insieme voce di un Altro che è in me e mi dà la potenza della sua voce, la luce della sua Bellezza e mi solleva fino a rendermi degno dell’abbraccio divino. Allora possiamo dire con S. Giovanni: Noi abbiamo creduto alla carità che Dio ha posto in noi (I Giov. 4, 16). Allora comprendo le rivelazioni di Gesù a S. Margherita: Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini. Comprendo la bellezza dell’invito di S. Giovanni: Amiamo dunque Iddio, perché prima Dio ci ha amato (1 Giov. 4, 19).
   Dio è carità. E’ questa la rivelazione del Cristianesimo. Ad essa non erano potute arrivare le sublimi intuizioni di Aristotile e di Platone. Per comprenderlo ci vuole l’aiuto della fede e della grazia. Fin quando no abbiamo capito questo, non siamo veri cristiani. Dio ha amato il mondo –annuncia Gesù a Nicodemo – e lo ha amato tanto da dare a lui il suo Figlio unigenito.
 Solo nella luce dell’Amore Divino si comprende l’armonia dei misteri, di Betlem, di Nazaret, del Cenacolo, del Golgota e degli altari; si comprende la morale cristiana e la stessa santità.

   L’amore nostro per Dio.
   All’amore di Dio per noi deve corrispondere l’amore nostro per Lui. Ma è una regola strana dell’amore che facilmente discende, difficilmente sale. Eppure nulla dovrebbe essere più naturale che amare Dio, sommo Bene. Ma l’egoismo è ancora più istintivo in noi, perciò Dio deve comandarci di amarlo.
   Quando il Signore dice ad Israele: amerai il Signore tuo, con tutto il cuore, soggiunge: scolpirai queste parole nel tuo cuore, le ripeterai ai tuoi figli, le mediterai sedendo in casa o camminando in viaggio, di notte e di giorno, le legherai come un ricordo ai polsi, staranno sempre davanti ai tuoi occhi, le scriverai sulla soglia e sulla porta della tua casa (Deut. 6).
   Tutte le cose fanno eco al comando divino: il cielo e la terra e tutte le cose d’ogni parte mi dicono che io t’ami, o Signore, e lo ridicono a tutti, perchè siano senza scusa.(S. Agostino).
    Quando Dio ha creato le stelle, esse luxerunt ei cum jucunditate qui fecit illas (Baruch 3, 35); quanto più dovremmo noi rispondere con la festosa luce d’un intelligente amore! Ama con tutta la tua forza Colui che ti ha creato (Eccl. 7, 32).
   Lo comprese S. Francesco d’Assisi e vi rispose col suo mirabile cantico di Frate Sole. Perché tutti sanno ammirare quel canto e pochi lo sanno vivere?
   […] Soprattutto non pensano al grande mistero della pietà (I Tim., 3, 16) che si manifestò nell’Incarnazione Passione e Morte di Gesù Cristo, col quale il Padre per la immensa carità con cui ci ha amato, ci ha data la stessa vita del Figlio Suo (Efes. 2, 2).
    Molti credono che l’amor di Dio sia una finezza ascetica o mistica,consigliabile alle suore ma non a chi vive nel mondo, fra cure, affari, distrazioni, travagli.
    Ma non è così: l’amor di Dio dovrebbe essere l’anima d’ogni vita. Esso non è privilegio di poche anime; è la vocazione di tutti: a tutti quelli che lo ricevono ha dato il potere di diventare figli di Dio (S.Giov.1). ma non tutti accolgono il dono di Dio.
    Perciò San Paolo prostrato davanti al Padre celeste, lo supplica perché mandi lo Spirito Santo a rinvigorire nei fedeli l’uomo interiore e così Gesù abiti nei loro cuori per mezzo della fede, perché, fondati e radicati nell’amore, possano comprendere la larghezza, la lunghezza, l’altezza, la profondità del mistero di Dio, e quella carità di Cristo che supera ogni scienza. Qui il mistero del divino Amore appare più vasto dell’oceano, più alto del firmamento, tanto che ne resta schiacciato chi non riceve una speciale virtù per fissarvi lo sguardo.

        + Enrico Montalbetti 
       (Dalla  3° Lettera Pastorale La carità per la Quaresima del 1941, in “Bollettino Ecclesiastico di Reggio Calabria e Bova, n.2, febb.1941, pp.27-30)


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